Il Papa tra gl’immigrati, visita storica

Antonio Corbisiero

Con la visita a Lampedusa per ricordare e dare onore ai migranti  inghiottiti a migliaia durante le traversate nel canale di Sicilia, Papa Francesco conferma la sua attenzione al Sud del mondo, una terra vastissima, che abbraccia più continenti dove il reddito pro-capite è quasi uguale a zero. Tutti i media hanno puntato i riflettori su questo estremo lembo d’Italia dove anche ieri c’è stato un altro sbarco. Come poteva il figlio di emigranti partiti da Porta Comaro, in provincia di Asti, dimenticare questi fratelli? E’ la prima volta che un Papa mette piede su un’isola che è diventato il simbolo del dolore, della sofferenza, della ricerca di una terra dell’accoglienza, della speranza di trovare condizioni di vita migliori. In queste ore in cui Papa Bergoglio ha compiuto questo gesto straordinario mi vengono in mente le minacce leghiste contro i migranti, a cui bisognava sparare addosso. Penso ai proclami dei politici in visita a Lampedusa, alle loro chiacchiere insignificanti, alle promesse mancate, alla propaganda. Poi, spenti i riflettori, Lampedusa è caduta nel dimenticatoio, è stata abbandonata dalla politica cialtrona, goffa,  piena di boria. La corona lanciata in mare dal Papa ieri per onorare i migranti morti in mare ha riproposto questo problema che è quanto mai attuale: accogliere i nostri fratelli deboli e disperati. Il sindaco Giusi Nicolini a nome dei suoi concittadini ieri aveva detto, «l’arrivo di papa Francesco squarcerà il silenzio che ha coperto le morti di migliaia di migranti e la grande ingiustizia che si consuma a Lampedusa». Ecco perché, ha confermato il parroco don Stefano Nastasi, «non si è fatto nulla per aiutare Lampedusa e i lampedusani ad essere riabilitati, speriamo che la visita sia un segnale nuovo e non solo per Lampedusa». In questi giorni più volte il Papa ci sferza con le sue parole che pesano come macigni a vivere una vita umile, lontana dagli averi, impostata verso i valori veri. Questa società, ha detto il Papa,  ci porta a pensare a noi stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri, ci fa vivere in bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla, sono l’illusione del futile, del provvisorio, che porta all’indifferenza verso gli altri, anzi porta alla globalizzazione dell’indifferenza». Secondo il Papa, «Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro!». «Ritorna la figura dell’Innominato di Manzoni – ha aggiunto -. La globalizzazione dell’indifferenza ci rende tutti ‘innominatì, responsabili senza nome e senza volto». Un duro monito a quei cristiani della domenica, ai tanti benpensanti che, davanti alle sofferenze umane si voltano da un’altra parte. E da Lampedusa sembrano echeggiare quelle prime parole del Papa, a cui lui quotidianamente si attiene: “Come vorrei una chiesa povera per i poveri della terra”.