Letta e i suoi rinvii

Angelo Cennamo

Inutile girarci intorno : destra e sinistra, insieme, non possono governare. E chi nega che queste due paroline conservino ancora il significato di un tempo, argomentando che in piena crisi si debba evitare di cincischiare con le ideologie e pensare esclusivamente al bene del paese, si sbaglia di grosso. Sia il Pd che il Pdl hanno a cuore le sorti della nazione, questo non è in discussione. Il problema vero è un altro, quello cioè che per uscire dal pantano della recessione, destra e sinistra intendono seguire vie alternative ed il più delle volte incompatibili tra di loro. Il partito di Epifani, ad esempio, è convinto che per rilanciare l’economia e con essa l’occupazione occorra fare ingenti investimenti pubblici, a costo di sforare i parametri della Ue e tassare ulteriormente i patrimoni. La soluzione keinesiana dei democratici mal si concilia, evidentemente, con il rigore e l’austerità della troika che impone, invece, ai singoli Stati maggiore attenzione ai conti pubblici e al pareggio di bilancio. Ma se il Pd vede nella lotta all’evasione un possibile jolly da giocarsi per ovviare alla scarsa liquidità di denaro, di tutt’altra natura è la ricetta dei liberali del Pdl, i quali puntano ( o almeno dovrebbero) ad una drastica riduzione della spesa per consentire un allegerimento del carico fiscale ( Hayek). Cosa sta facendo invece il governo Letta? Nulla di tutto questo. La strana coalizione rosso-azzurra, fino ad ora, non ha fatto altro che rinviare qualunque decisione, onde evitare di accapigliarsi sulla reperibilità dei fondi e quindi sul taglio della spesa, che per la sinistra è di vitale importanza. Letta, e chi lo sostiene ( quindi anche il Pdl, o per meglio dire : il Pdl governativo), ha pensato di risolvere la grave condizione di milioni di disoccupati con un decreto che introduce sgravi contributivi per un tempo limitato di 18 mesi, ma solo a giovani analfabeti o con persone a carico. Inutile obiettare che un’azienda, per essere stimolata ad assumere del personale, debba avere davanti a sè ben altre prospettive : maggiori ordinativi e un fisco più equo. Si è mai chiesto, Letta, come sia possibile, per chi è tassato al 68,5%, riuscire a rimanere sul mercato, pagare gli stipendi ai dipendenti e ad assumerne degli altri? Considerando che i suoi potenziali clienti si trovano nella stessa condizione? Uno dei tormentoni di questo inizio di legislatura è stata l’iva al 22% e l’imu. Il costo per contenere entrambe è all’incirca di 8 miliardi. 8 miliardi in un bilancio complessivo di oltre 800 miliardi. Sembrerebbe una goccia nel mare. Eppure, da due mesi, Saccomanni e soci non riescono ad individuare i settori dai quali attingere queste somme. E per questo si rinvia nell’attesa di capirci di più. E’ il segnale di una fragilità preoccupante che non lascia margini all’ottimismo. E chi, come lo stesso ministro dell’economia, dichiara di vedere la luce in fondo al tunnel, rischia di somigliare ad un altro salvatore della patria, a quel professor Monti che dall’orlo del burrone ci ha fatto cadere nel dirupo. Con molta sobrietà.