Appello per salvare Angelo Rizzoli

Giuseppe Lembo

Angelo Rizzoli, 70 anni ammalato grave di sclerosi multipla, nell’enclave del carcere di Rebibbia di Roma, sta morendo nell’indifferenza di un Paese che, tra l’altro, non sa avere rispetto per la vita umana. Angelo Rizzoli, ex editore del Corriere della Sera, nel 1981 arrestato per bancarotta, poi assolto negli anni novanta, è di nuovo all’attenzione delle cronache giudiziarie. Un mostro pericoloso, da sbattere in prima pagina senza se e senza ma. Ma non è assolutamente un criminale e tanto meno un soggetto pericoloso. È piuttosto un uomo di cultura, di comunicazione e di produzione cinematografica che ha dato tanto a questo nostro malcapitato Paese. Lo scorso 14 febbraio è stato nuovamente rinchiuso in carcere per bancarotta fraudolenta (è questa l’accusa della Guardia di Finanza e di due pubblici ministeri); una condizione disumana che lo fa lentamente morire in un letto del Sandro Pertini, dove le condizioni ambientali sono assolutamente inadatte per garantirgli il diritto umano alla vita. Gli è stata negata la possibilità degli arresti domiciliari; deve rimanere in un letto di ospedale-carcere, controllato a vista; in carcere deve morire in mancanza di quegli interventi urgenti e necessari per farlo vivere e garantirgli, come merita, la dignità di uomo fino alla fine dei suoi giorni terreni. Purtroppo, peggio di un criminale qualunque, deve rimanere in carcere e subirne le gravi e disumane conseguenze fino alla morte; tanto, lontano dal mondo e nell’indifferenza di tutti, per effetto di un perbenismo diffuso che produce un senso di giustizialismo come unica soluzione dei tanti mali d’Italia.  Angelo Rizzoli non è un pericoloso criminale; non può rimanere in carcere, per poi farcelo morire, solo in base ad indagini della Guardia di Finanza e di due pubblici ministeri che lo accusano del fallimento di quattro società controllate. Per questo reato occorre un processo giusto ed una sentenza che ne stabilisca la giusta pena, come condanna del reato non solo addebitatogli, ma riconosciuto come tale, attraverso una giusta sentenza. Non si può pensare di farlo marcire in carcere e di negargli l’assistenza necessaria alla sua vita fortemente cagionevole che, per la complessità dei mali di cui soffre, necessita di cure continue, nel rispetto della dignità umana. Cara Ilaria Cucchi, sorella di Stefano Cucchi, trovato morto in carcere, senza il benché minimo segno di umanità; ben volentieri, sono al tuo fianco per lanciare insieme l’appello per Angelo Rizzoli libero; un appello ispirato alla cultura dell’umanità che, un popolo veramente civile non deve negare a nessuno. Rizzoli non è un criminale da far morire nelle carceri; non può, né deve morire nell’indifferenza per accuse che devono essere accertate, attraverso un giusto e veloce processo, verificandone fino in fondo la concreta fondatezza; non bastano le accuse per infliggere un nuovo calvario ad Angelo Rizzoli. C’è da augurarsi che non si tratti di un’altra bufala come quella del 1981, da cui l’imputato Rizzoli fu assolto. Chi potrebbe mai ripagargli le sue disumane sofferenze di settantenne cagionevole di salute ed assolutamente fuori dal mondo abbandonato a se stesso?