Bergoglio e pregiudizio

Angelo Cennamo

Non mi appassiona il dibattito, post-conciliare, sulla declinazione delle categorie di “progressista” e di “conservatore” riferite ai Papi. Jorge Mario Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires con chiare origini italiane, è stato accolto da certa stampa come un pontefice “progressista”, probabilmente per l’approccio pauperistico e remissivo, contro ogni protocollo, che egli ha voluto imporsi fin dai primi giorni del suo pontificato. La scelta del nome, Francesco ( come il poverello di Assisi), ma anche l’intenzione dichiarata di voler rinunciare ai paramenti lussuosi ed auriferi dei suoi predecessori, hanno indotto taluni opinionisti a rinchiudere il nuovo Papa nello stereotipo del prelato di sinistra, del prete di campagna che viaggia in pullman, che calza le vecchie scarpe dalla suola consumata e che scende per la strada come un comune mortale. Apparentemente così distante dal dimissionario Joseph Ratzinger emerito, profondamente ortodosso nella forma, oltre a cotare i soldi dalla mattina alla sera quello che dice è:’la sostanza’; insomma più tradizionalista e rigoroso nelle procedure. In verità si tratta di un abbaglio o forse di una maliziosa furbata che serve ai giornali per vendere più copie e ad alimentare forum. L’idea che un Papa possa essere “progressista” è un vecchio pallino della sinistra relativista e non credente, esclusasi dall’osservanza della liturgia, ma che non per questo rinuncia a discettare di misericordia o di altro nella speranza forse di autoassolvere la propria riluttanza al sacro. Carlo Maria Martini, in questa ottica, ha avuto un ruolo di grande impatto simbolico, profondamente rappresentativo di quella umanità atea ma “pensante”, che non professa ma che è incuriosita se non altro dal tema della trascendenza. Martini seppe ritagliarsi un posto di favore negli ambienti ostinatamente laici perchè ebbe l’intuito di restringere i confini del peccato plasmando la pratica religiosa alla modernità più incestuosa e secolarizzata. Lo fece perchè convinto che la chiesa dovesse adeguare la propria missione alle regole e al comune sentire della contemporaneità. Quelli che ieri osannavano Martini e lo contrapponevano al “Pastore tedesco” Benedetto XVI, oggi  esultano per la venuta di Bergoglio e sperano che il nuovo Papa riavvii quella rivoluzione mai realizzata fino in fondo con il Concilio Vaticano II. Bergoglio è una persona umile ed ha la stessa carica di umanità di Giovanni Paolo II, il Papa polacco. Non è un  fine, un dottore della chiesa come Ratzinger. Allo sfarzo del mondo cardinalizio preferisce la povertà e il minimalismo. Ma non è da questo che si giudica un progressista. Chi si aspetta da Francesco delle aperture sul matrimonio gay o, ad esempio, sull’aborto, si metta l’animo in pace, si rassegni. Dopo quelle sulla misericordia, sulla povertà e sulla custodia del creato ( che non è l’ambiente, come pensano gli ecologisti) arriveranno altre parole, e saranno parole dure, che non daranno spazio all’immaginazione o a stravaganti e comode interpretazioni : la via della salvezza è una sola, la stessa da 2.000 anni, e la misericordia, per quanto infinita, non concede deroghe.