La caduta di Blade Runner

Amedeo Tesauro

Con la cattiveria propria dei cronisti levigati, i giornalisti l’hanno già ribattezzato “Blade Gunner”, dal termine “gun”, ovvero pistola in lingua inglese. Macabre battute a parte, nella storia di Oscar Pistorius c’è talmente tanto da raccontare che viene facile tracciarne un resoconto al limite dell’epico, delineare un percorso che comprende le difficoltà proprie di un individuo senza gambe e arriva al simbolico trionfo delle Olimpiadi di Londra 2012 quando il corridore sudafricano gareggiò tra i normodotati. Se il racconto terminasse a quell’esperienza ne ricaveremmo il messaggio di una persona capace di superare un handicap fisico toccatogli in sorte a undici mesi, una storia commovente per molti, esempio di determinazione costante che raggiunge infine il successo. Certo, dire che Pistorius abbia smosso mari e monti al fine di perseguire il successo risulterebbe errato, ma a compimento del percorso è giunta la fama, con essa i contratti milionari e il difficile ruolo di modello per chi lotta quotidianamente la propria battaglia per la normalità. Essere un modello richiede impegno, significa essere sempre sotto i riflettori con la consapevolezza di non poter sbagliare o si porge il fianco alle critiche, vuol dire avere un’idea di sé pubblica che deve coincidere col sé privato, una trasparenza non da tutti. A posteriori compaiono gli scheletri nell’armadio, chi dice che si fosse montato la testa, chi rinvanga le sue ossessioni per la sicurezza che lo portavano ad avere una pistola sotto il cuscino e un mitra alla finestra, riemergono episodi di violenza domestica tra i quali la testimonianza della sua ex che minacciava di raccontare il trattamento avuto dal campione sudafricano, ogni cosa salta ora fuori, ma non importa davvero, perché quando i mass media hanno riportato la notizia della morte di Reeva Steenkamp è caduto un simbolo, è bastato un solo istante a distruggere un’immagine sapientemente alimentata dai media che di Pistorius avevano fatto un eroe, un esempio positivo a cui guardare. Le autorità indagano, a loro toccherà stabilire le dinamiche balistiche e motivazionali di un evento che, smentita la ricostruzione di un fraintendimento fatale, si qualifica ora come omicidio premeditato. Ogni dettaglio in più è superfluo, utile soltanto per la giustizia; accade sempre così quando decade di colpo un simbolo, tutto ciò che è stato svanisce e sapere come e perché è avvenuto non interessa, importa soltanto che quella figura non ci sia più. Motivo passionale o meno, colpi partiti dal bagno o dal corridoio, Pistorius e quanto rappresentava sono scomparsi con la morte di una giovane donna che forse grazie alla notorietà personale eviterà di finire in secondo piano come solitamente capita nei delitti efferati, quelli dove la vittima è causa scatenante di cui ci si dimentica ben presto. Delle indagini, del processo, delle condizioni del corridore , sapremo tutto grazie ai continui aggiornamenti di una vicenda che ha già fatto epoca e nella sua ambivalenza alimenterà i commenti di chi invano tenterà di rievocare le imprese di Blade Runner prima del tragico episodio. Sfida ardua, la prima regola della propaganda e delle immagini costruite è che quando falliscono crollano in toto, senza giudizi intermedi, lasciando solo un enorme vuoto in chi ci credeva.Foto internazionale.it