Case, bene nazionale o diritto primario civico?
Giuseppe Lembo
L’Italia ha da tempo utilizzato i risparmi privati, investendo sul mattone. L’investimento immobiliare ha rappresentato un bene di rifugio primario per tanta parte dell’economia delle famiglie italiane che, generazione dopo generazione, hanno manifestato una forte propensione ad acquistare case di ogni tipo, a garanzia oltre che del proprio presente, anche del futuro familiare. Più del 90% degli immobili è oggi di proprietà delle famiglie italiane; con grandi sacrifici, lavorando e risparmiando, hanno potuto e saputo realizzare l’ambito sogno di possedere una casa. Case di ogni tipo, in città e/o nei luoghi di villeggiatura, sono state acquistate per un lungo periodo durato fino al 2007; tanto, per effetto di un meccanismo che ha funzionato anche grazie ai mutui bassi e senza eccessivi scossoni, soprattutto con l’entrata in vigore dell’euro. Ora l’intero settore, tranne le case di lusso che non conoscono crisi, è mortalmente privo di vitalità. Non tira più perché le famiglie italiane sono povere; sono sempre più povere. Non si vendono case, perché non ci sono più soldi da spendere. E così, l’Italia, senza alcuna prova di appello, si avvicina verso la deriva; nessuno e niente potrà salvarla. La crisi è soprattutto di prospettive e coinvolge il futuro che non promette niente di buono. L’Italia ormai ripiegata su se stessa, si fa male e fa tanto male a tutta la sua gente; ai giovani senza lavoro, alle famiglie prive di tutto ed agli anziani, sempre più poveri e privi di quella solidarietà umana che rappresenta in sé la vera civiltà dei popoli, una civiltà conosciuta dal nostro Paese fino a quando aveva alla base la vita e la civiltà dei campi, per la quale era sacrale il rispetto degli anziani della propria famiglia allargata. Oltre alla crisi ed al tradimento per il mattone, bene di rifugio italiano di lunga durata, i tradimenti eccellenti riguardano anche l’arte, la cultura, il patrimonio artistico culturale, la ricerca ed il mondo virtuoso di chi, lavorando insieme, insieme sa pensare al bene comune. Ma che Italia è mai questa in cui viviamo? C’è una caduta di valori, di impegno, di solidarietà e di saper pensare al bene comune, come patrimonio d’insieme, come grande ricchezza italiana. Viviamo, purtroppo, in un’Italia dove egoisticamente ciascuno pensa in modo assordante sempre e solo a se stesso, un se stesso preso dal delirio del proprio Io mondo, assolutamente indifferente a tutto quello che lo circonda. E così l’Italia dal futuro sempre più negato, con i poteri forti che spadroneggiano e fanno da padroni, tira esclusivamente a campare, per niente preoccupata di quello che c’è dietro l’angolo. Siamo ormai di fronte ad un’Italia fortemente stordita che non si rende conto dei guai a cui, continuando di questo passo, potrà andare incontro in modo catastrofico e senza appello. Un’Italia poco umana e sociale ed indifferente al proprio vivere sociale, al proprio essere solidale nei confronti dei giovani, ormai privi di speranza per il proprio domani e rassegnati a tutto e soprattutto a vivere da assistiti senza conoscere il mondo del lavoro e la dignità di vivere pensando al futuro che verrà, è purtroppo, sempre più protagonista nel futuro possibile; nel futuro che verrà del nostro Paese. Che fare, per cambiare? Non è facile pensare con saggezza ai cambiamenti oggi possibili. E allora? Certamente non giova a nessuno chiudersi in se stessi e vivere frastornati in un silenzio assordante che toglie, tra l’altro, a tutti anche la speranza di un futuro diverso. Non è opportuno tutto questo; non è per niente saggio, pensare al suicidio collettivo, facendo morire anche la speranza. Bisogna ritagliarsi il ruolo attivo di protagonista, prima di tutto, parlando. Il parlare, anche se trattasi di un parlare scomodo e non gradito ai più, non è assolutamente un atto di coraggio; è, piuttosto, un atto dovuto. È un dovere che spetta a tutti; è un dovere assolutamente necessario da compiere con impegno e responsabilità, pensando positivamente non tanto al proprio egoistico bene, quanto piuttosto al generoso ed insostituibile bene comune. Le attuali condizioni di grave malessere italiano, un malessere da profondo rosso, sono, tra l’altro, conseguenti al silenzio ed all’indifferenza nei confronti dell’insieme italiano e di quel bene comune che viene oggi guardato con assoluto disinteresse, perché considerato estraneo al proprio modo di vivere con gli altri, trattandosi di un modo egoisticamente fine a se stesso e per niente solidale nei confronti degli altri. Questa nostra Italia che non dà più garanzie di futuro (ultima di tempo l’IMU che ha tassato il diritto alla casa, un diritto da tanti italiani, considerato assolutamente sacro ed inviolabile), è ormai prossima a fallire. L’attuale sistema Paese, è fatto di tradimenti; è assolutamente poco credibile, perché affossa il futuro possibile degli italiani onesti e laboriosi.
Poveretti i partiti che per l’IMU perderanno le elezioni. Che idiozia intestardirsi nell’ ingiustizia, nel voler assurgere a giustizieri essi stessi definendo i confini, di chi può e chi non può, con unità di misura variabili. Peccato!, ma… hanno mai appreso, studiato, capito qualcosa sui valori equi, sulla società fondata sul lavoro, sull’impegno e sull’altruismo? ” No!” , qualcuno dice, hanno troppo da pensare e a seguire qualunque capobranco, per imparare ad essere autonomi, liberi, nel pensiero. Si commuovono delle ingiustizie del passato (tanto non torneranno) e non si accorgono di programmarle nel presente.