Monti: medietà e mediocritas

  Aurelio Di Matteo

Con una buona dose di presuntuoso autoritarismo e, nel caso di Brunetta, di rozza volgarità e di sopraggiunta non sobrietà, il mai votato Monti ha chiesto ai due maggiori partiti di mettere a tacere le posizioni estreme e alternative. In nome di questa medietà si appresta a raccogliere una manciata di voti per un gruppo di vecchie cariatidi della politica, appoggiate da una schiera di banchieri, industrialotti e dirigenti cattolici. Dimenticando l’insegnamento evangelico della separazione rigorosa tra Religione e Stato e le elargizioni del precedente Governo, come in passato nei confronti di Craxi, questi ultimi hanno deciso, guardando all’IMU, di sposare la causa anche di due antichi personaggi politici separati e conviventi e di qualche gay. Di conseguenza viene richiamato il vecchio detto che da sempre ha tarpato le ali a ogni pensiero coraggioso e innovativo, che ha fatto da struttura educativa rivolta alla conservazione e alla difesa di uno status quo fondato su privilegi e posizioni acquisite. È il ritornello acritico della “virtù che sta nel mezzo”. E con esso si tenta di riportare in auge la medietà come elemento e strumento politico d’inibizione di cambiamenti secondo finalità e principi nuovi. I latini avrebbero detto con Orazio “auream quisquis mediocritatem diligit” e con Cicerone “mediocritas optima est”. Bisogna chiedersi: è proprio vero o è un modo di falsificare la realtà e addormentare coscienze e pensiero? Le svolte che hanno segnato la storia e consentito il cammino verso l’affermazione dei diritti fondamentali dell’uomo e l’emancipazione del cittadino verso traguardi di libertà e di democrazia sono stati sempre il frutto di lotte, di atteggiamenti e di scelte dirimenti e mai “mediane”. Mi si perdoni se ricorro a citazioni e riferimenti desunti dalla Filosofia. È vero che secondo un’antica e diffusa opinione la filosofia non serve. Anche Carlo Marx, operando una grossa falsificazione, accreditò sul piano teoretico questa vulgata, quando in sol colpo affermò due cose errate. “I filosofi si sono limitati a interpretare la realtà; ora bisogna cambiarla”. In verità i filosofi più che interpretare danno le linee guida e gli obiettivi per operare nella realtà e la realtà non si cambia se non si hanno linee guida, finalità e principi. Ecco perché ci sono tante filosofie delle quali, di volta in volta, una è vincente e “trasforma” o “conserva” la vita sociale, economica e politica. La mediocritas di Monti va vista e valutata alla luce di questi scarni riferimenti filosofici appresi sui banchi del Liceo. Il criterio del “giusto mezzo” fu teorizzato per la prima volta nell’Ethica nicomachea da Aristotele, quale principio per valutare i comportamenti etici dei cittadini. Questo principio fu adottato da Orazio, Cicerone, Tommaso d’Aquino, tanto per citare solo alcuni di rilievo e del passato. Sarà una casuale coincidenza o una concordanza teoretica e politica che tutti questi autori siano stati espressione della conservazione e dell’establishment? Il principio e la ricerca del “giusto mezzo”, della mediocritas, della medietà – o come collocazione politica del “centro” – altro non sono che un modo per invogliare ad accettare la realtà esistente, a guardarla come immodificabile, a ritenere che le strutture sociali consolidate non vadano cambiate e che le riforme non debbano alterare o cambiare i rapporti tra le forze economiche stabilizzate. Era questa la sostanza del pensiero aristotelico così caro ai conservatori e a chi deteneva il potere. Quando ero giovane allievo, un docente di cui conservo un caro ricordo, m’introdusse alla lettura delle pagine politiche ed etiche di Aristotele. M’imbattei in tal modo in un democristiano dell’antichità, che della medietà e del giusto mezzo aveva fatto il criterio della conservazione consegnandolo ai posteri fino a noi. Gli allievi di Aristotele oggi hanno abbandonato la tunica e indossato il loden; ma hanno perpetuato il principio dell’accettazione dell’esistente anche se colorato di europeismo.  

2 pensieri su “Monti: medietà e mediocritas

  1. è il punto di partenza quello che conta. da parti opposte, a seguito di aggiunte reciproche, all’accettazione della visione dell’altro, si giunge ad una conclusione mediana che non sempre corrisponde al centro. questo è sforzo che bisogna fare per migliorare e migliorarsi. chi si pone al centro occupa una posizione ma non sempre è moderato anzi purtroppo per l’Italia, spesso esprime una posizione estremista e intransigente.

  2. Finchè ci saranno penne così la parola Informazione si potrà sempre e soltanto scrivere con la “I” maiuscola.
    Mi congratulo con la professionalità, la cultura, e soprattutto con la scientifica precisione dell’articolo.
    Complimenti

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