La salita di Monti

Angelo Cennamo

Mario Monti ha sciolto la riserva : scendera’ in campo. Anzi, salira’ in politica. La decisione, istigata da molti e deprecata da tanti altri, per le modalita’, soprattutto, con le quali il premier dimissionario vorra’ approdare al suo fine ultimo, che e’ quello di rigovernare il Paese ( stavolta in chiave politica e non piu’ tecnica), si delinea come un pasticcio istituzionale senza precedenti, un vero e proprio vulnus per la nostra democrazia parlamentare, gia’ claudicante per altre e note cause strutturali. Vediamo perche’. In quanto senatore a vita, Monti non puo’ candidarsi alle elezioni politiche (sempreche’ non decida di dimettersi da tale carica, ma lo fara’?). Per le stesse ragioni, il professore non dovrebbe neppure schierarsi per una precisa fazione politica contro le altre. Ricorderete, a tal riguardo, le polemiche che suscito’, nel biennio 2006-2008, il sostegno sistematico e decisivo che i senatori a vita diedero all’allora primo ministro Prodi, il cui governo rasentava la minoranza ad ogni votazione. Ebbene, proprio in quell’occasione, diversi costituzionalisti eccepirono l’anomalia di tale condotta, poco compatibile con l’atipicita’ del ruolo di senatore non eletto. Monti, dicevamo, non si candidera’. Lo faranno altre liste in suo nome, ma con leader diversi. I quali pero’ si terranno opportunamente alla larga da Palazzo Chigi, qualora il capo virtuale della coalizione dovesse vincere le elezioni. E se invece, le elezioni, Monti dovesse perderle? Cosa fara’, a quel punto, il professore? Scegliera’ di battagliare come un oppositore qualsiasi, lui che e’ senatore a vita? E’ un vero rompicapo. Tanto piu’ che, sondaggi alla mano, il gruppo di sostegno alla sua agenda, nella migliore delle ipotesi, non supererebbe la soglia (perdente) del 15%. E allora la domanda che sorge spontanea e’ la seguente: ma non sarebbe stato meglio se Monti fosse risalito in cattedra, anziche’ in politica? @angelo_cennamo.