Il valore della libertà

Giuseppe Lembo

Nel nostro Paese c’è una pericolosa assuefazione nei confronti della “libertà”, un termine ormai usato ed abusato, dandola per scontata e lasciando, come scrive Don Luigi Ciotti in “La speranza non è in vendita”, che per tutti fosse identificabile in una monotona e silenziosa abitudine. Manca ed è questo ne costituisce un grave danno, che a lungo andare compromette la libertà di cui si gode, una tensione ed una possibile prospettiva per il futuro di un progetto che ha come primo obiettivo di continuare a vivere da uomini liberi oltre il previsto e quindi di uomini liberi anche da parte di quelli che verranno, ricevendo in eredità, quell’eredità-valore di uomini liberi che, dove c’è, non manca di dare i suoi buoni ed abbondanti frutti, continuando nel tempo, come prima, importante stella della democrazia, destinata a morire proprio quando muore la libertà. Nel nostro Paese la democrazia di cui siamo indegnamente eredi, ci viene dalla Costituzione che ci affidava, così come ebbe a dichiarare Umberto Terracini, presidente dell’Assemblea Costituente, la corresponsabilità presente e futura, di custodi severi e disciplinati realizzatori. Ma fino a qual punto abbiamo onorato il nostro ruolo di “custodi severi e disciplinati realizzatori”? Vedendo le situazioni odierne, c’è da stendere sulle macerie prodotte, un velo pietoso. Già Norberto Bobbio ravvisava una profonda differenza tra la sua generazione e quella dei “padri” “loro erano democraticamente ottimisti noi siamo, dobbiamo essere democratici sempre in allarme”. Purtroppo le condizioni odierne sono andate ben oltre ogni possibile previsione. Oggi così come già negativamente pensato da Bobbio nel 1948, si pensa a rincorrere un populismo fine a se stesso che produce solo forme di governo basate sul consenso, sul plebiscito, sull’acclamazione. Siamo in pieno nella “democrazia dell’applauso” che Bobbio già pensò come possibile nel lontano 1948, poi realizzata cinquant’anni dopo, da Silvio Berlusconi. Una democrazia inizio e fine di se stessa; una democrazia ormai senza futuro, come si può certamente evincere dalle concrete condizioni in cui si trova oggi il nostro maltrattato ed abusato Paese, sempre meno forte e sicuro nelle sue certezze democratiche. Le cause di tanto disordine sociale e di profonda crisi umana sono da ricercare soprattutto nella poco vitalità della nostra Costituzione, circondata sempre più da un solo rispetto formale ed imbalsamata come un reperto da museo di cui non se ne capisce assolutamente il valore. Alla nostra Costituzione è mancato il protagonismo della gente che ne è rimasta sempre più indifferente, per cui vivendola come un idolo da ricevere non come un ideale da concretizzare. Per onorarla e viverla concretamente la Costituzione deve essere attualizzata ed usata come grimaldello delle coscienze. Diritto al lavoro, scuola aperta a tutti, tutela della salute, ripudio della guerra, sono espressioni costituzionali, il frutto di secoli di lotte, di sforzi collettivi per emanciparsi dall’ingiustizia e dalla povertà, dall’oppressione e dalla schiavitù. Nella Costituzione si parla di uguaglianza; intanto in natura e sopratutto nel mondo degli uomini c’è tanta diversità; le comunità umane si sviluppano secondo disegni non solo naturali ma culturali. Nelle diversità bisogna saper riconoscere una parte integrante di noi stessi; bisogna saper scoprire che qualsiasi identità si fonda sempre su di una relazione. La Repubblica dice la nostra Costituzione, deve realizzare lo sviluppo della persona umana e ridurre le disuguaglianze; purtroppo in questi anni si è verificato un corso degli eventi assolutamente contrario a quanto pensato dai padri costituenti. Perché questo? Per sola colpa del mondo politico e di chi ha governato le sorti del Paese? Purtroppo, non solo ed unicamente per questo. A monte c’è dell’altro che ne ha inevitabilmente compromesso il cammino. Prima di tutto e questo è un fatto assolutamente grave, sono mancati i cittadini protagonisti; con indifferenza, non hanno saputo né voluto fare il proprio dovere di cittadini protagonisti, ma indegnamente abbassarsi al ruolo di cittadini sudditi o peggio ancora di plebe anonima del tutto spoglia della propria dignità di uomini. È mancato, tra l’altro,  l’impegno collettivo senza il quale ogni Costituzione, come nel caso della Costituzione italiana,  rischia di diventare solo una Costituzione di Carta. Occorre che ogni società abbia in sé l’etica della responsabilità; la Costituzione italiana afferma che la Repubblica deve garantire i diritti dei cittadini; i cittadini, per questo obiettivo, devono contribuire affinché la Repubblica possa realizzarli. Ma oltre ai diritti, per ciascuno ci sono anche i doveri. I doveri non sono un obbligo da imporre per legge; i doveri sono alla base della democrazia che può reggersi solo su scelte libere e consapevoli. Da ciò, come frutto nobile della pedagogia della libertà, scaturisce prima di tutto, non ciò che dobbiamo essere, ma ciò che possiamo essere; da ciò scaturisce un’idea di libertà come impegno. Noi siamo al servizio della libertà; il primo nostro compito è quello di impegnare la nostra libertà per liberare le persone che ancora libere non sono, nel nostro Paese, dove c’è una diffusa forma di libertà apparente e soprattutto nel mondo dove i tiranni, nella logica di sempre, soffocano sempre  più spesso nel sangue le lotte dei popoli che stanchi di essere “sudditi” si ribellano per conquistarsi la condizione umana di uomini della Terra liberi dalle catene dell’oppressione e dalla disumana schiavitù che, ovunque, si manifesta con il volto infame di sempre.