L’Aquila fino ad un certo punto

Angelo Cennamo

Con la sentenza di condanna di tutti e sei i membri della commissione grandi rischi della protezione civile – giudicati colpevoli di omicidio per non essere riusciti a pronosticare in tempo utile il sisma che il 6 aprile del 2009 colpì la città dell’Aquila – si è conclusa nel peggiore dei modi la lunga retorica sul terremoto in Abruzzo. Vicenda sulla quale in molti hanno speculato fin dalle primissime settimane, per le più disparate ragioni di ordine politico, economico, o più semplicemente per ottenere una maggiore visibilità sui media. La sentenza di condanna contro la commissione di esperti costituisce un precedente unico nel suo genere, tanto da destare allarme, oltre che indignazione, negli ambienti scientifici di mezzo mondo. Neppure in Giappone, terra martoriata come nessun’altra dai movimenti tellurici, la magistratura è mai arrivata a condannare un geologo o un sismologo. A L’Aquila invece è accaduto. Ricorderete come il governo di allora, a distanza di pochi giorni dal tragico evento, fosse riuscito a dare la disponibilità di nuove abitazioni a migliaia di residenti, alloggiando (gratuitamente) la restante parte della popolazione negli alberghi delle zone limitrofe. Ciononostante, fin da quei primi interventi di emergenza, portati a compimento tra l’altro con una rapidità mai riscontrata in tutti i casi precedenti, le polemiche su Berlusconi e sulla macchina dei soccorsi di Bertolaso non tardarono ad arrivare : secondo alcuni le case non andavano costruite in periferia ( e dove se no?), perchè il decentramento avrebbe impoverito il tessuto sociale della comunità e fatto venire meno i tradizionali luoghi di aggregazione ( e per forza, la città originaria era crollata). Altri invece si lamentavano del fatto che il centro storico della città era rimasto abbandonato a se stesso, ignorando che per ricostruirlo esattamente com’era prima ci sarebbero voluti mediamente 20 anni ed almeno un centinaio di miliardi di euro ( dove prenderli?). Su L’Aquila ed il suo terremoto sono stati fatti dei reportage, dei film, tutti ovviamente all’insegna dell’antiberlusconismo. Il “piove governo ladro”, a L’Aquila, con Berlusconi premier, è riuscito benissismo. Ma si può dire, a distanza di qualche anno dai morti e dalla miseria che ha inevitabilmente colpito molti nuclei familiari di quelle zone,  che non sono i terremoti ad uccidere le persone, ma l’incuria e l’incompetenza di certi amministratori e di certi costruttori? E che le colpe di simili tragedie non debbono ricadere su chi non può contravvenire ad una scienza che non esiste? E possiamo anche aggiungere che lo Stato non deve sentirsi nè obbligato nè in dovere di ricostruire a sue spese la casa ad un terremotato?  

 

 

6 pensieri su “L’Aquila fino ad un certo punto

  1. il terremoto è una cosa seria. è una situazione che per certi aspetti i fortunati sono quelli che muoiono. la gente con un terremoto disastroso si trova letteralmente con il culo per terra ed in mezzo ad una strada. è una cosa inverosimile nel senso che è la cosa più vicina all’idea della fine del mondo o, se preferisci, dell’apocalisse.
    questa sentenza che, in un certo senso, fa pari con quell’altra della corte costituzionale sul contributo di solidarietà dei super stipendi e super pensioni dei manager pubblici, ha portato la nostra magistratura all’epoca di galileo riempiendoci di vergogna planetaria superiore a quella che fino ad oggi ci ha riempito il tuo piccolo, vecchio e liftato preferito, e se te lo dico io è già tutto un programma.
    se ben ricordi dal quel terremoto (e dall’idea di utilizzare la protezione civile per fare gli affaracci propri) sono iniziate le disgrazie dell’ex governo. disgrazie dovute a ruberie, favoritismi, puttanismi tutto abbastanza documentato e denunciato. quindi il tuo solito “disincanto” declaratorio delle virtù di un governo svergognato per incompetenza e malaffare mi lascia meravigliato quando pensavo che non mi avresti meravigliato più.
    l’Italia, purtroppo, è lider nella gestione delle emergenze ed ha ormai una esperienza di ricostruzione che non ha pari in europa.
    io credo che uno stato debba essere in gradi di affrontare questi aiuti e consentire alle persone di rifarsi una casa, a tutti, anche accollandosene il costo. poi si potrebbero attivare le assicurazioni obbligatorie. io penso che lo Stato si debba sentire obbligato ed è doveroso che ricostruisca ciò che la natura distrugge.
    infine, per fare contento l’amico lupo, raccontano che in seguito ad un terremoto disastroso che capitò negli anni venti in irpinia, il duce con tutta la sua crapa pelata scese da roma e, arrivato ad aquilonia si fece dare un trattore con un aratro e disegnò un cerchio e disse: “qua risorgerà la nuova aquilonia”. in effetti in seguito al terremoto dell’ottanta furono le uniche case rimaste in piedi.

  2. Sarebbe da vagliare la posizione di Bertolaso, che fa apparentemente una “operazione mediatica” inquietante.

  3. “Lo Stato deve essere obbligato a ricostruire ciò che la natura distrugge” : 1) la natura non distrugge nulla : l’inettutudine degli amministratori locali che violano le norme ambientali e quella di certi costruttori distrugge le cose e le persone; 2) lo Stato ( i contribuenti) può essere obbligato a prestare assistenza, ma non a regalare abitazioni a chi può ricomprarsele o prenderle in affitto, esattamente come fanno tutti gli altri ai quali le istituzioni non regalano nulla.

  4. E’ fortemente imprecisa l’interpretazione della sentenza come punizione per non aver previsto il sisma. La sentenza tende a sottolineare, invece, l’uscita “fuori luogo” dalle proprie strette competenze scientifiche. La commissione, probabilmente, è stata indotta ad evidenziare la superiorità delle procedure scientifiche in antitesi a delle “imbecilli” intuizioni o quanto meno osservazioni non canonicamente avallate. In pratica si voleva schiacciare con una presa di posizione decisiva le pur oneste segnalazioni di qualcuno ritenuto solo un tecnico sprovveduto; forse Giuliani lo era, ma ritengo in buona fede e senza presunzioni, voleva solo far rilevare alcune sue osservazioni. La commissione ha voluto invece, forse, esprimere delle certezze in un campo che certezze ancora non ha.

  5. Anche sotto questo aspetto, però, sarebbe un azzardo individuare il giusto nesso eziologico tra la condotta della commissione e la morte degli aquilani.

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