Kwa heri, arrivederci

Padre Oliviero Ferro

E’ quello che mi hanno detto, quando ho lasciato l’Africa. Letteralmente vuol dire “per la felicità” che si augura e che si riceve. Quante volte all’inizio di un viaggio, si augura il “kwa heri”. C’è un po’ di tristezza, perché ci si lascia, forse non ci si vedrà più, però si augura sempre che la felicità abbia un posto importante nella propria vita. Il “kwa heri”lo dicevo anch’io, quando salutavo i fratellie le sorelle che incontravo nei villaggi sul lago, sulla montagna o nei paesini, immersi in mezzo ai bananeti. Era un arrivederci, una speranza di trovarci ancora a condividere le cose belle insieme. Non solo pregare, ascoltare la parola di Dio, condividerla nella celebrazione, ma anche mangiare qualcosa insieme, fare quattro chiacchiere, condividere un po’ di vita. Era un momento di sosta per poi riprendere più avanti. La felicità non si ferma, continua. Tocca a noi renderla più viva, anche se per un momento rimane sospesa. Ma il “kwa heri” è una promessa che la renderemo più gioiosa in un prossimo incontro.