Centocinquanta sfumature…

Aurelio Di Matteo

Di grigio, di nero e infine di rosso. In tutto fanno centocinquanta! Spinto sia dall’innata curiosità di mettere il naso in ogni cosa, sia da quella sopraggiunta di scoprire il motivo di uno straordinario successo planetario, ho comprato anch’io un esemplare di “Cinquanta sfumature….”. Ho optato per il Rosso, che chiude la trilogia almeno con un colore deciso e radioso, come la diecina di giornate agostane che ho impiegato per giungere pazientemente all’ultima pagina. Sarà la mia notoria scarsa dimestichezza con la narrativa e, in genere, con la produzione letteraria, nonostante i miei vecchi studi di Estetica, ma l’impressione che ho ricavato dalla lettura, noiosetta anziché no, è che si tratta di lunghissime paginate di banalità dialogiche e di fredde descrizioni di superficiale pornografia. E allora perché mai la trilogia di sfumature è piaciuta tanto, da raggiungere trentuno milioni di copie vendute soltanto nell’edizione inglese? E le vendite non si arrestano! Di quale valore estetico è espressione, che la mia normale e scolastica comprensione critica non è riuscita a cogliere? Quali valori, nuovi o vecchi che siano, comunica e che non sono riuscito a riscontrare nelle oltre cinquecento pagine di scambi dialogici e di esercizi sessuali di quest’ultima produzione? Come qualcuno pur ha detto, forse la risposta è soltanto nella trama, accessibile nella sua linearità e rappresentativa della vita quotidiana? La trama, in verità, si presenta strutturalmente accattivante, ma nel suo svolgersi, di fatto, non c’è nulla che abbia a fare con la vita reale. È un irreale dialogo quotidiano, fuori dal tempo e dallo spazio, in un contesto sognato e agognato da tutti e sullo sfondo di una finta quotidianità. È la vita-vicenda, che una scrittura semplice spaccia come possibilmente reale, di due bellissimi giovani, prima, e di due ricchi coniugi, dopo; anzi di un giovane imprenditore straricco, bello, dal fisico apollineamente palestrato e di una squattrinata studentessa, diventata una giovane moglie neo-ricca dopo le due sfumature di grigio e di nero, in forza della sua bellezza, del suo calore erotico e della sua disponibilità alla sottomissione psichica e sessuale. Insomma il sogno e il desiderio inappagati di tante donne – la maggioranza come il numero di copie vendute denota? – che vivono il dialogo vero della quotidianità fatta di altro. Tutto qui. È indubbio che la curiosità, che si dice appartenga alle donne soprattutto se pruriginosa, e il passaparola siano le motivazioni alla base del successo di vendite. E lo dimostra il fatto che sulle spiagge è circostanza frequente vedere molte signore immerse nella lettura di un esemplare della trilogia, ma con la copertina attentamente nascosta per non evidenziare il titolo ormai noto a molti e, quindi, il riferimento al contenuto che con più o meno avidità si sta leggendo. Si potrebbe dire, insomma, che si tratta di una scrittura lessicalmente e strutturalmente accessibile per esprimere l’inconscia e inconfessabile (?) aspirazione a un sesso libero, trasgressivo e continuo che il vincolo quotidiano del reale, ben diverso anche per chi può godere della ricchezza, impedisce di realizzare; del pulsare intimo degli ormoni e della fantasia, espresso nella pornografica dinamica dialogica della dominazione-sottomissione con sconfinamenti in un moderato, – reso accettabile – sadismo-masochismo, che il perbenismo della vita quotidiana acquieta nella monotonia senza stimoli. Fa pensare alle ormai dimenticate banali vicende d’amore narrate da Moccia, ma arricchite, anche materialmente, dalla componente pornografica del sesso espresso in tutte le salse. Insomma un sogno proibito, strutturalmente semplice, costruito a freddo e fornito ben caldo al pubblico femminile in una stagione estiva altrettanto hot. Qualcuno ha detto che il successo è anche nell’erotismo che riempie quasi tutte le pagine sullo sfondo di una vicenda d’amore. Sarà l’effetto della mia avanzatissima età, ma mi sembra che di erotico abbia solo l’intenzione, perché il tutto è tradotto nella banalità del raccontare e del dialogare. Nella narrativa classica del genere l’elemento erotico, nel contrasto dialogico e nella trasposizione narrativa, assurge quasi sempre alla drammaticità del teatro e delle rappresentazioni greche, ed è pur sempre un invito alla vita e alla passione nella sua purezza corporea, comunicato con delicatezza poetica. Qui anche l’orgasmo – e ce ne sono tanti! – non è altro che superficialità e banalità narrativa, dietro al quale non c’è una donna, ma una voce narrante che ci indica il momento iniziale e quello terminale, simile al Tom-Tom istallato sulle auto, che magari ci segnala anche la quantità di CO2 emessa.  E mi chiedo: è veramente questo che ogni donna vuole? È veramente questo, ricchezza a parte, l’ideale di vita per una coppia? Non c’è niente di più degradante della condizione di sottomessa e di posseduta. Il dialogo tra lei e lui è una lunga articolazione dell’idea di “possesso”. Bastano solo due citazioni emblematiche. “Voglio che tutti sappiano che sei mia”….(pag.155). La donna non è tanto considerata oggetto, quanto diventata simile alla “roba” del Mazarò di Verga? “Voglio che il tuo mondo inizi e finisca con me” (pag.156). Come dire: tu non potrai avere altro mondo che il mio. La protagonista, infatti, dopo il matrimonio sarà costretta a rinunciare finanche al suo cognome per assumere soltanto quello di lui, Mrs Grey. E poi: questa è veramente scrittura che può rinnovare la narrativa odierna in crisi sia di contenuti sia di forme espressive? Se così fosse, non resta che considerare l’economica come la crisi meno pericolosa a fronte di quella ben più grave che attraversano la letteratura e la vita valoriale.  

 

 

Un pensiero su “Centocinquanta sfumature…

  1. Concordo pienamente con Lei, Aurelio, ma a quanto pare ( forse già da molto tempo!), un successo editoriale che si rispetti non segue più, oggi, i canoni di vero e autentico valore estetico.

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