I mutandoni di Miss Italia

Aurelio Di Matteo

Credo che a breve, alla ripresa dell’attività parlamentare, sarà presentato alle Camere per l’ormai quotidiano voto di fiducia un bel Decreto legge articolato, nel quale sarà espresso il “severamente vietato” scendere in spiaggia con il bikini. E per rimarcare ancor più il ritorno alle “sobrie” costumanze, per le quali l’apparire conta più della sostanza e l’ipocrisia etica della facciata diventa criterio di socialità, qualcuno proporrà l’obbligo di spiagge per sole donne e per soli uomini. Anche se sarà un problema determinare l’appartenenza per i gay – non me ne vogliano per questo riferimento esclusivamente classificatorio! – tra i quali si potrebbe camuffare un redivivo Totò del famoso “Un turco napoletano”. In tal modo sarà recepita con disposizione di legge la decisione che Patrizia Mirigliani, patron del concorso di Miss Italia, ha previsto per la manifestazione: niente bikini ma monacali e sobri costumi interi, con relativi pantaloncini, a coprire interamente il lato b e l’attaccatura delle cosce. Avrà fatto di certo contenta soprattutto la maestrina dalla penna rossa, il Ministro Fornero, già nota alle cronache, sia per l’intervento di condanna all’apparire della farfalla di Belen, sia per aver dimenticato qualche centinaio di migliaia di esodati. È di moda un ritorno agli anni cinquanta? Chi se lo augura dimentica che furono gli anni che precedettero i Beatles e i Rolling Stones, che videro la pubblicazione in versione integrale de L’amante di Lady Chatterley, l’uscita della Lolita di Nabokov e la moda della mini-gonna. Furono musica, romanzi e abbigliamento che segnarono un’epoca e che di fronte all’imperante mito del progresso industriale e dello sviluppo economico restituirono all’uomo la fiducia nelle proprie possibilità vitali, nella spinta creativa dello spirito dionisiaco e dell’energia creativa, che è eros e libertà, curiosità intellettiva e ricerca del nuovo e del diverso, senso del mistero e trasgressione, ma pur sempre amore della vita e sincerità dei rapporti sociali e civili. O il riferimento agli anni ’50 è solo per imitare l’allora Direttore della RAI Guala che voleva mettere i mutandoni neri alle ballerine? Qual è il fine dell’ipocrita disposizione di proibire il bikini in un concorso che per se stesso, anche se si prescrivesse la tunica, umilierebbe pur sempre la donna facendone un oggetto da esposizione, un oggetto da misurare nelle proporzioni delle gambe e del lato B, del seno e del girovita. Forse sarà per fare felice il Vaticano, rappresentato da tanti Ministri, che, impegnato a difendersi dagli scandali finanziari, dalla fuga di documenti e dai corvi che tirano beccate, ancora non ha trovato il tempo di esprimere il proprio compiacimento per tale disposizione. O sarà per quest’ondata d’incipiente ipocrisia e di sobrietà monacale in pubblico e di ardita trasgressione in privato che ha consentito alla banale pornografica trilogia delle “Cinquanta sfumature..” di superare tutti i record di vendita, narrandoci la storia di una coppia, ovviamente bella e ricca, che, pubblicamente irreprensibile e perbene, nel privato fa concorrenza al divino Marchese De Sade? Sarebbe invero un brutto ritorno al secolo che impose a un allievo del maestro di mettere le braghe alle figure nude del Giudizio universale di Michelangelo. “Le pitture nella cappella apostolica vengano coperte, nelle altre chiese vengano invece distrutte qualora mostrino qualcosa di osceno”. Così recita un documento del tempo, che appare non tanto lontano dal pensare della signora Mirigliani e della consenziente e, forse, ispiratrice Presidente della RAI signora Tarantola. E la Mirigliani non si limita a stabilire il costume adatto alle concorrenti del Concorso, ma si spinge a fissare i canoni della bellezza del mondo classico che, com’è noto, riteneva che le statue femminili, cominciando da quella di Afrodite, fossero coperte con pantaloncini secondo la moda dei nostri anni ’50 del secolo scorso: “Il bikini non ci sarà proprio. Con i costumi anni ‘50 ci riferiamo alla bellezza classica che ancora oggi ricordiamo e prendiamo ad esempio”. Mirigliani docet! Di grazia, ma con il concorso di miss Italia, si concorre per un posto di ricercatrice presso il CNR o per l’accesso a un eremo claustrale? E i parametri di valutazione per dichiarare la vincitrice sono diventati quelli della bellezza dell’anima, dal momento che nei giorni precedenti la manifestazione le concorrenti incontreranno Tara Ghandi, o quelli propri del Concorso, che resta pur sempre un’esposizione della corporeità nella sua multilateralità e dimensione ottimali? Se la preoccupazione, questa sì giusta, è di non considerare la donna oggetto e corporeità, allora si farebbe meglio a chiudere la noiosa kermesse di ancheggiamenti e sollecitare il moralista e monacale Governo a iniziative legislative che diano alle donne l’effettivo diritto di essere se stesse in ogni luogo e istituzione. Foto: style.notizie.it