Mercato San Severino: il ciuccio di fuoco ad Acigliano

Anna Maria Noia

Anche per quest’anno, la frazione sanseverinese di Acigliano potrà vivere, con entusiasmo e superstizione, il rito esoterico e scaramantico, ancestrale e misterico del “Ciuccio di fuoco”, antico retaggio (contadino) e tradizione popolare apotropaica (cioè di allontanamento degli spiriti dei campi) da poco riportata alla ribalta della scena sanseverinese, da parte del sodalizio “S. Magno”, attivo nella cittadina.“Come in una fiaba – riporta testualmente la brochure, pubblicizzando un evento che però negli ultimi anni è andato scemando, anche se ancora attrae gli Aciglianesi nel mondo e i “gemelli” della cittadina di Faresberville, nonché molti altri residenti o curiosi da zone limitrofe – un minuto dopo la mezzanotte, tra il 15 e il 16 agosto, il rito si ripete”.I manifesti e i volantini poco possono rispetto a quanto si potrebbe o dovrebbe fare per “rilanciare” questo vestigio, riportandolo alla dignità di non molto tempo fa, allorquando tutta la frazione – e non solo – era ancora più fervida di adesso e maggiormente legata agli aspetti culturali e non meramente economici della kermesse, studiata in ogni suo aspetto da alcuni etnologi ed antropologi. Non troppi anni fa, l’evento “Ciuccio di fuoco” era collegato anche a meritorie iniziative collaterali (sotto il titolo di “Aspettanne o’ Ciuccio di fuoco”), come per esempio il concorso di disegno appositamente indetto per realizzare il logo della manifestazione, ma da qualche tempo a questa parte gli organizzatori riscontrano sempre più difficoltà economiche e materiali, scontrandosi con la “dura realtà” della crisi, culturale più che finanziaria. Tuttavia, il capro espiatorio del ciuchino, bestia umile, dimessa, sottomessa ai voleri e alle superstizioni degli uomini, continua docilmente a far parlare di sé, attraendo – come detto – centinaia e più di visitatori, tutti assiepati lungo la stretta stradina di Acigliano nell’ambito dei sentitissimi (ancora) festeggiamenti in onore della Vergine Assunta (15 agosto), patrona della cittadina che ancora richiama folle di fedeli nella chiesetta. Il “Ciuccio di fuoco” – come attestano pubblicazioni e tesi di laurea inerenti l’argomento, collegato al tema del fuoco purificatore di mitologica memoria (Prometeo/S. Antonio abate che rubano il fuoco dagli inferi e lo portano all’umanità) – nasce (molto anticamente) con i contratti estivi ed autunnali della cosiddetta “indizione bizantina”, quando i fattori rinnovavano appunto i contratti agrari – essendo una volta tutta questa zona paludosa o ricca di campi per l’agricoltura – tra il 15 e il 16 agosto e poi a settembre, quando (contrariamente ma anche similmente al fuoco purificatore) il 15, c’è il rito aspersorio e lustrale dell’acqua per ciò che concerne l’antico “Rito delle fontanelle”, ovvero la Madonna Addolorata – dunque un’altra volta Maria, ad agosto assunta e a settembre sofferente! Il simulacro dell’asinello, ricco di riferimenti letterari, agiografici, religiosi e mitologici (“Sogno di una notte di mezza estate” e “Pinocchio” per la letteratura; l’episodio biblico dell’asina di Balaam e la “Messa dell’Episcopello” medievale per quanto riguarda invece la religione; altre importanti fattispecie nella narrativa greco-romana, come in Apuleio e nel suo “Asino d’oro”) si sacrifica per “amore” e in nome della collettività, della comunità, portando buona fortuna ai raccolti e scongiurando la siccità o la troppa pioggia…Nel passato il Ciuccio passava tra la folla, tra il “votta-votta” della gente che simulava pericolosamente un “battesimo di fuoco” (come per iniziati) e il passaggio dalla fanciullezza alla maturità di coloro che – come accade per chi segue i tori di Pamplona, in Spagna – “buffonescamente” riuscivano a toccare il ciuccio e competevano tra se e anche dentro se stessi per stabilire chi fosse il migliore, il più coraggioso. Anche adesso il simulacro del paziente animale, con uno o più personaggi in groppa, fantocci ispirati alla storia recente e/o passata o alla cultura o ad altre fattispecie locali, nostrane e non, brucia per scaramanzia, ma purtroppo – anche se ciò era molto pericoloso – non passa più troppo in mezzo ai visitatori e dunque la “bellezza” di tale ritualità, come detto in auge dalla notte dei tempi, è andata progressivamente calando. Una volta ad accendere la figura era lo “scemo del villaggio”, oggi si dà la priorità per accendere i razzi, i petardi e tutto l’apparato pirotecnico che scintilla e brucia col ciuccio al sindaco o ad un personaggio importante per la vita del paese. Il “Ciuccio di fuoco”, nato – a quanto si dice – anche a causa della rivalità tra gli Aciglianesi e i dirimpettai e vicini Pandolesi (abitanti dell’altra frazione Pandola) che per scherzo gettarono una carcassa di asino morto lungo una ideale “linea di confine” tra le due frazioni rivali, fa parte e rappresenta simbolicamente le cosiddette “feste del fuoco” oppure (anche) le “battaliolae medievali”, inserite in un ideale Carnevale, come quello descritto da Leroy Ladurie. Avremmo voluto parlare ancora di più del “Ciuccio di fuoco”, ma lo spazio è poco; comunque è pacifico che la sua storia è realmente particolare e densa di mistero e di suspense. Sarebbe molto interessante riprendere in toto o quanto meno dignitosamente la tradizione, oggi molto svilita, anche con finanziamenti ad hoc da parte di enti regionali, demologici ed etnologici oppure grazie ad altre iniziative che valorizzino le nostre terre spesso vituperate, mentre invece sono territori e comprensori ricchi di vestigia, di monumenti (dal latino: “Memento!”, ossia: “Ricorda!”) e di conurbazioni antropiche che non sempre tolgono spazio alla natura e alla sua bellezza – come però succede spesso – ma anzi si incastonano linearmente e armonicamente nel paesaggio urbano e non. Perciò – e chi scrive conclude – cerchiamo noi tutti Italiani, Meridionali, Napoletani, Salernitani e Sanseverinesi, di puntare sulle eccellenze locali e valorizziamole onestamente ma anche strategicamente per farle divenire volano di sviluppo, e che ciò avvenga presto, per non sprecare le nostre tanto apprezzate risorse naturali e – forse – turistiche… Speriamo di farcela in tempo!