La Beata Matilde di Magdeburgo e San Gabriele

 don Marcello Stanzione

 Tra l’XI e il XIV secolo sorse in Europa, nelle Fiandre, un grande movimento di rinnovamento spirituale, con le donne come protagoniste. Questo  movimento spirituale di donne di ogni estrazione sociale, fu ispirato dal desiderio di condurre una vita di intensa spiritualità fuori dai monasteri, vivendo nella propria casa e nella propria città. Queste autentiche “donne di preghiera e carità”, anche per aiutarsi l’un l’altra, si stabilirono in case vicine formando piccole comunità in piccoli quartieri chiamati “beghinaggi” ai margini delle città e dei villaggi. Il primo di questi “beghinaggi” comparve a Liegi su iniziativa del presbitero Lambert la Bègue, che cerò di organizzarle in comunità, da cui il nome di “beghine”. L’appellativo “beghina”, assunse un connotato negativo Le beghine hanno incarnato una delle esperienze di vita femminile più libere della storia. Laiche e religiose al tempo stesso, esse cercarono forme di vita che permettesse loro di conciliare una doppia esigenza: quella di una vita monastica e quella di cristiane che vivono nel mondo, ai margini della struttura ecclesiastica. Tra esse emerge Matilde di Magdeburgo (1208?), nata da una famiglia nobile nella diocesi di Magdeburgo. Essa, attratta dalla spiritualità delle beghine entrò da giovanissima in una loro comunità, ma per l’incomprensioni, come molte altre beghine, trovò rifugio presso il monastero di Helfta, dove visse nella compagnia di donne straordinarie come santa Gertrude di Hefta e santa Matilde di Hackeborn e nella pace del cenobio scrisse opera tra le più belle della letteratura medioevale come: “Le Rivelazioni”, o”2 Luce fluente della Divinità”il cui settimo libro fu dettato da matilde alle monache di Helfta, poco prima della sua morte donandoci preziosi saggi sulla spiritualità monastica beghina.  Essa, grande mistica e beghina, non viene venerata dalla Chiesa Cattolica ma  viene ricordata dalla Chiesa anglicana d’Inghilterra il 19 novembre; morì nella pace monastica nel 1283 circa. La beata Matilde di Magdeburgo  “Una donna soletta che si gia/cantando e iscigliendo fior da fiore/ond’era pinta tutta la sua via”. E’ la stessa Matilde che Dante ricorda nel XXVIII canto del Purgatorio? I Critici , in verità non sono concordi. E’ certo invece che Matilde , una tra le più grandi mistiche del medioevo tedesco, cominciò ad avere le sue imbarazzanti visioni sin dalla più tenera età, la prima a sette anni e che dalla sua opera più rappresentativa “La Luce fluente della Divinità”, considerata il primo testo in prosa della letteratura tedesca – traspare un Dio nient’affatto scolastico, benché naturalmente per essenza ineffabile ed  inesprimibile. Nei versi che seguono Matilde rivolge la sua sensibilità all’angelo dell’Annunciazione, Gabriele, individuando in lui, il migliore tra i messaggeri capaci di tradurre il suo amore per Dio. Sono versi teneri, di autentica innamorata, con una chiusa verte incompresa, Matilde, “poiché tanto ancora somiglio alle stolte creature terrestri”. Riporto alcune composizioni della grande mistica beghina in onore dell’arcangelo che recò l’annunzio alla Madonna: