Esercizi di stile

Fulvio Sguerso

Come si può constatare ormai quotidianamente, il clima di guerra – in atto o temuta, preventiva o strisciante – in cui ci troviamo, nostro malgrado, almeno dal nefasto 11 settembre 2001 (ma per certi aspetti anche da prima, basti pensare alle guerre balcaniche), non manca di esercitare i suoi perniciosi effetti sui mezzi di comunicazione di massa, i quali, a loro volta, moltiplicano e diffondono per tutto il globo le immagini della violenza e del terrore, magari mescolate a quelle del lusso, della calma e della voluttà provenienti dalle zone fortunate e opulente del pianeta. Questo stato di cose non può non riflettersi, sia pure in misura variabile, anche sul linguaggio dei giornali, cioè sulle scelte linguistiche messe in atto dai singoli operatori dell’informazione a mezzo stampa. A questo proposito mi pare un sintomo preoccupante il progressivo imbarbarimento stilistico-retorico che caratterizza soprattutto quelle testate i cui direttori apertamente dichiarano che la guerra è guerra, e che quindi ogni mezzo è lecito se serve a sconfiggere il nemico. Per costoro è un errore strategico che può risultare fatale trattare i nemici da amici e gli amici da nemici. Ergo, chi denunciava, ad esempio, la disastrosa politica sociale e ambientale dell’amministrazione americana (all’epoca, quella repubblicana di Bush junior), era “oggettivamente”, se ne rendaesse conto o meno, un amico dei nostri nemici, cioè dei terroristi. Se poi chi viene additato dai suddetti operatori di guerra mediatica come fiancheggiatore del terrorismo, recalcitra e ribatte accusando di barbarie chi pretende di difendere la nostra millenaria civiltà seminando terrore e morte tra popolazioni lontane e diverse da noi solo per cultura e abitudini di vta, ecco la prova del furore ideologico che acceca i (finti) pacifisti, dialoganti imbelli votati alla sconfitta. Ma, si dirà, la violenza verbale ormai dilaga tanto da una parte quanto dall’altra, basta vedere i titoli che campeggiano sia sui quotidiani schierati a destra sia su quelli che militano nell’estrema  sinistra (con questo non intendo rievocare la comoda teoria degli “opposti estremismi”). Nondimeno ci sarà pure qualche differenza di stile! Prendiamo la polemica avviata a suo tempo da “Libero” contro i detrattori dell’indomita Oriana Fallaci. Che cosa era accaduto? “Oriana Fallaci è stata ricevuta dal Papa. La notizia è saltata fuori come un’allodola dalla gabbia. Meno male. Ci fa respirare, ci dà fiducia. E godiamo pure noi perché quell’allodola dice cose belle sul nostro tempo. Cinguetta o fischia, non mi ricordo, ma ci fa sapere con gentilezza che la partita non è perduta”. Così Renato Farina (31/08/05); il quale non nascondeva l’intima soddisfazione per il fatto che il Papa avesse preferito ricevere l’autrice de La rabbia e l’orgoglio piuttosto che personaggi boriosi e saputi come U. Eco, G. Vattimo ed Eugenio Scalfari. Circa il contenuto del colloquio, fino ad oggi, non è trapelato nulla; ma per il buon Farina questo è un particolare trascurabile. La notizia importante, e beneaugurante, è che c’è stato l’incontro di Oriana con Benedetto XVI, e il conseguente smacco dei supponenti laicisti alla Scalfari. Smacco? Invidia? E perché mai? Quando mai i suddetti cattivi maestri si sono sognati di chiedere udienza al Papa? La risposta a questa studiata provocazione, purtroppo, non si è fatta attendere. Pietro Citati, la cui cultura classica e religiosa è fuori discussione, su “Repubblica” di venerdì 2 settembre, dopo aver rimarcato che “il papa può, anzi deve, ricevere tutti gli esseri umani, soprattutto i miserabili, i peccatori, gli empi, i malati di mente”, e dopo aver esecrato, a scanso di fraintendimenti, i fanatici terroristi che si uccidono e uccidono, ingannandosi tragicamente anche sulla identità del loro Dio, dichiara, ahimè, la sua “profonda avversione per Oriana Fallaci: questa donna esibizionista, che pretende di essere la nuova Giovanna d’Arco dell’Occidente. Qualsiasi cosa scriva, parla soltanto del suo grandioso ego. E’ una giornalista ignorantissima  e bugiardissima”. Quindi enumera gli errori anche grossolani in cui incorre la povera Oriana in fatto di islamismo e di cristianesimo, e conclude che, per nostra fortuna, molte persone leggono “i Vangeli, san Paolo, sant’Agostino, santa Teresa, Gregorio Palamas, la Bhagavadgita…Simone Weil – e vorrebbero ignorare Oriana Fallaci”. Come non avesse aspettato altro, “Libero” di sabato 3 settembre uscì con una grande foto della scrittrice in prima pagina , con il titolo-choc: “Repubblica lapida Oriana”, e il direttore di allora Vittorio Feltri contrattaccava con un editoriale della cui virulenza mi rifiuto persino di portare esempi: leggere per credere. Devo ammettere tuttavia che quella dichiarazione di guerra di Citati contro la Fallaci non mi è piaciuta per niente. Oltretutto, che bisogno c’era di vituperare a quel modo l’autrice di libelli che nessun storico serio potrebbe prendere in considerazione (se non come fenomeno da studiare nell’ambito delle tecniche di propaganda nel contesto dell’industria culturale)? Bastava e avanzava il nudo elenco degli svarioni fallaceschi a ridimensionare drasticamente l’orgoglio e la rabbia dell’esaltata pulzella atea e cristiana, ammiratrice del nuovo pontefice. Come mai uno scrittore così colto e raffinato si è spinto a usare espressioni tanto dure e offensive? Possibile che si fosse lasciato contagiare dai venti guerreschi che dai media soffiano sulla pubblica opinione?  Per fortuna è stato un contagio passeggero che non ha intaccato se non per un momento il “bello stilo” dell’autore di Storia prima felice, poi dolentissima e funesta. Diverso è il caso degli aggressori mediatici di professione che ogni giorno confezionano i loro titoli e i loro violenti editoriali per colpire Tizio o Caio, e poi aspettano che gli aggrediti reagiscano in modo da surriscaldare un clima, a loro giudizio, non abbastanza caldo. A questo punto mi chiedo: sono forse anch’io accecato da furore e livore ideologico? Sono equanime nelle mie valutazioni oppure influenzato dalle lenti colorate del pregiudizio, dell’emotività, del mio carattere e della mia storia personale? Certamente sì, ma cerco di esserlo il meno possibile. Per questo tengo sul comodino  La verità e la menzogna. Dialogo sulla fondazione morale della politica, autori: Immanuel Kant e Benjamin Constant (Bruno Mondatori). Ed evito di insultare il mio prossimo, anzitutto  in nome del rispetto dovuto a ogni essere umano in quanto tale. E, in secondo luogo, per non essere a mia volta insultato. Foto beppegrillo.it                    

                                                                                                                                        

28 pensieri su “Esercizi di stile

  1. Egr. Professore,
    l’articolo di Pietro Citati apparso su Repubblica del 2 settembre ( da lei menzionato) me lo sono perso; semplicemente perchè non leggo Repubblica. Se Citati, che oggi scrive sul Corriere, definì Oriana Fallaci “ignorantissima”, me ne dolgo. Io adoro la Fallaci e i suoi libri, tutti. Mi sono avvicinato alla lettura grazie a lei : a 11 anni lessi “Un uomo”, e da allora non ho smesso di seguirla. Ho molto apprezzato anche la sua trilogia sull’11 settembre e la sua apologia contro l’islamizzazione dell’Europa ( Eurabia). Ho scritto di recente un articolo sul relativismo europeo nel quale ho sottolineato le diverse culture dell’Occidente. Ricordo, a riguardo, quella diatriba, l’indomani dell’attacco alla torri gemelle, tra islamisti alla Terzani e Fallaciani alla Sgarbi e alla Feltri. Io mi schierai dalla parte di Oriana Fallaci perchè mi convinsi, e ne se sono convinto anche oggi, che la progressiva islamizzazione dell’Occidente ( laico, liberale e democratico) sia un problema da non sottovalutare. Con stima. Angelo Cennamo

  2. @Angelo:

    1. Terzani non era “islamista” nemmeno volendo forzare Terzani al massimo si può arrivare a definirlo così;

    2. non ho capito in cosa consista la presunta islamizzazione dell’occidente: me lo puoi spiegare?

  3. Terzani era un islamista nella misura in cui negava che i musulmani avessero qualche problema di ambientamento con la laicità degli stati occidentali. Va bene cosi?
    La presunta islamizzazione dell’occidente è quella, ad esempio, che impone a certe donne di vestirsi secondo determinati canoni, e a certe altre di non mescolarsi con usi e tradizioni europee. Hai mai sentito parlare di padri e di mariti che hanno ucciso perchè le loro donne vestivano “all’occidentale”, o perchè frequentavano ragazzi, diciamo così, atei?

  4. @Angelo:

    Angelo, l’Islam è costituito da una galassia di gruppi anche molto diversi tra loro, a seconda della provenienza. I casi che tu citi sono alcuni casi, non tutti i casi possibili: ci sono gruppi di persone che aderiscono in maniera estremamente rigida alla propria religione e gruppi di persone che hanno un legame molto più “rilassato” a questa.

    L’errore più grande che si possa fare è proprio quello di ritenere che tutti gli islamici siano Talebani.

    Io credevo che tu con “islamizzazione” intendessi un fenomeno di conversione degli europei (fenomeno che non mi sembra in atto).

  5. Io all’islam “moderato” ci credo poco. I musulmani, chi più chi meno, fanno molta fatica ad accettare le regole della società laica e liberale dei paesi occientali.

  6. @Angelo:

    viceversa, l’Occidente fatica ad accettare la loro diversità, esporta -ipocritamente- la democrazia con le bombe e così si approvvigiona di petrolio. Io all’Occidente moderato non credo. 😉

  7. @Angelo:

    sì, ma questo non è un buon motivo per giustificare certe sopraffazioni e, anzi, quello che è successo l’11 settembre del 2001 affonda le radici nella arrogante politica internazionale che ha fatto l’Occidente dal secondo dopoguerra.

    Insomma, per me andrebbero fatti degli sforzi per migliorare il modo in cui noi occidentali stiamo al mondo: fatto questo, ci possiamo preoccupare di come ci stanno gli altri.

    Se poi tu mi dici che è giusto, cristiano, laico e liberista fare stragi per ottenere qualcosa che non si ha e non si è capaci di contrattare diversamente, beh, ma allora per quale ragione giustifichiamo le nostre stragi e ci scandalizziamo dei fatti di cronaca che riporti?

  8. Egr. avv. Cennamo, mi rendo conto che è difficile, per chi si è abituato a un certo tipo di lenti, cambiarle d’un tratto e guardare il mondo e il prossimo con altri occhi. A quanto vedo, lei è molto affezionato alle sue lenti (oh, anche io alle mie, non c’è dubbio!); ma, vede, come ho cercato di spiegare anche nell’articolo, io sono cosciente di averle…Se lei avesse letto le “Lettere contro la guerra”, “Un altro giro di giostra” e “La fine è il mio inizio” di Tiziano Terzani, il suo sguardo sul mondo si sarebbe di molto allargato e il suo spirito elevato molto di più che non leggendo “tutti i libri di Oriana Fallaci”. Ma non disperi, le opere di Tiziano Terzani sono facilmente reperibili.
    Un cordiale e sincero saluto da
    Fulvio Sguerso

  9. Egr. Professore, la lista dei libri che non ho ( ancora) letto è lunga, e quelli di Terzani ( se mai dovessi leggerli) non li metterei proprio in cima a quest’elenco. Per quanto possa essere laico, ho come tutti le mie preferenze letterarie e le mie idee sul mondo. Terzani è troppo distante dalla mia natura. Lei ha mai letto un editoriale di Sallusti o di Fiamma Nirstain? Ha per caso nella sua biblioteca un libro di Marcello Veneziani? Mi creda, faccio già molta fatica a leggere il Corriere della sera…….

    Saluti. Angelo Cennamo

  10. @Angelo:

    Angelo, se io ragionassi come te non dovrei nemmeno leggere quello che scrivi nei tuoi articoli, eppure scrivi cose “molto distanti dalla mia natura”.

  11. Mi scusi, avv. Cennamo, quali indizi le fanno supporre che il sottoscritto parli a vanvera di testi e di autori che non conosce?
    Lei crede forse che i miei giudizi negativi (poniamo il caso su Sallusti, Feltri, Veneziani, Sgarbi et similia) siano frutto di ignoranza? Piuttosto mi chiedo come sia possibile che il notista politico di questo giornale, cioè lei, quasi si vanti di non leggere un quotidiano importante come “La Repubblica” e confessi di “fare molta fatica a leggere il Corriere della Sera”. Da un lato, viva la sincerità; ma dall’altro, non crede di rivelare una pregiudiziale ostilità nei confronti di chi non la pensa come lei?
    Inoltre, come può argomentare efficacemente contro le tesi, poniamo, di Tiziano Terzani se non ha letto quello che scrive contro la teoria dello “scontro di civiltà”? Lei ammira una sionista dichiarata e leggermente fanatica come Fiamma Nirenstein, ma non si è mai dato la pena di leggere qualche articolo di un’altra ebrea, molto più colta ed equilibrata, come Elena Loewenthal, che scrive su “La Stampa” di Torino? O per lei, chi non scrive su “Il Giornale” è sospettabile di faziosità antiberlusconiana? Quanto a Sallusti – e lasciamo pure da parte i suoi articoli di fuoco (fatuo) contro la “culona” Angela Merkel, proprio quello che ci vuole per convincerla a cambiare politica! –
    ho sott’occhio il suo editoriale di venerdì 27 luglio, dal lieve titolo (a proposito di stile!) “Condannato a morte”, riferito al compianto Loris D’Ambrosio. Il “buon” Sallusti non si perita di strumentalizzare la morte improvvisa del consigliere giuridico di Napolitano in funzione anti procura di Palermo, anzi, per accusare esplicitamente il pm Ingroia di aver causato, con la divulgazione delle intercettazioni su Mancino, la morte per infarto di D’Ambrosio: “Manca il nome, ma il riferimento a Ingroia è palese. Piangiamo anche noi, ma le nostre non sono lacrime di coccodrillo come quelle della rossa magistrata milanese e dei suoi colleghi che, quando si è trattato di sputtanare e infangare Berlusconi ieri (e Formigoni oggi) non si sono posti il problema della tenuta cardiaca dei malcapitati…”. Insomma, se per caso Berlusconi fosse morto d’infarto, la colpa sarebbe stata della Boccassini! Complimenti. Non so se lei, avv. Cennamo, oltre al Dubbio di Ostellino abbia letto il bell’articolo di Michele Ainis sul Corriere di sabato 28 luglio, lì c’era una pietra di paragone per valutare la differenza (non solo di stile ma di sostanza) tra due opinionisti sulla vicenda di D’Ambrosio. Ecco, secondo me,quello che le è sinora mancata è proprio una pietra di paragone per valutare pregi e difetti degli uni e degli altri (come le ha fatto notare persino il suo fedele commentatore Billy the Kid). Ma naturalmente posso sbagliarmi…
    Un cordiale saluto da
    Fulvio Sguerso

  12. @Fulvio Sguerso:

    va be’, sono ‘fedele commentatore’ perché non sono capace di scrivere post come i vostri: dopotutto, mi occupo di informatica da sempre 🙂

  13. mi garba questa contrapposizione sguerso-cennamo. finalmente! un poco di pepe prezioso in questo giornale. che a leggerne gli articoli, di diversissimi autori, viene in mente una sorta di minestrone ricchissimo di varietà e di colori.
    in questo giornale scrive un prete che parla di angeli vendicatori e fiamme e vendette e auspica una nuova santa inquisizione ma, scrive, anche un prete che fa in missionario e vorrebbe una chiesa più misericordiosa e conciliare. mi sono sempre chiesto come fanno queste anime a stare insieme?
    la prima risposta è stata quella di una linea editoriale del peso e del contrappeso. ad un più si aggiunge un meno e il conto torna.
    ma come possono vivere nella stessa casa anime opposte senza che ciò comporti un minimo di dibattito? è una cosa veramente artificiale, non umana. quindi, cari signori, grazie. grazie per avere reso normale e umano questo giornale.
    ragionavolmente, ovviamente e cristianamente io sto con il professore. avvocato non avertene ma tu, a volte, pur di mantenere il punto ti infili in dei vicoli tutti tuoi, sei come plagiato dalla tua professione dove anche quando si ha torto bisogna dimostrare di avere ragione.
    per quanto mi riguarda ricordo che parlate di due toscani, ambedue malati di cancro, dal carattere diverso che si sono contrapposti prima di morire.
    parlate dei due più grandi corrispondenti che l’Italia abbia mai avuto, amatissimi e rispettati (e letti caro cennamo) in tutto il mondo. delle poche firme giornalistiche dello stivale che potevano firmare articoli sul nyt, times, le monde, el mundo credo in tutti i giornali del mondo.
    l’oriana di carattere schietto e spigoloso, che pure ha avuto in gioventù una vita di ribellione, per passare inosservata, altrimenti faceva sempre “casino”, si chiuse in un appartamento di ny (uguale alla greta garbo)e riuscì a morire secondo i suoi desideri (secondo me era capricciosa): guardando il campanile e la cupola di santa maria novella.
    la vicenda della fallaci è stata strumentalizzata da politici deboli, abituati ad essere circondati di accattoni senza qualità. i quali pur di compiacere i capi, appena trovano un’occasione “gratuita”, non gli sembra vero di trovare conferme alle loro deboli convinzioni. in quel momento danno il meglio perchè non fanno mica una cernita, no sono gloriosamente orgogliosi di assoldare testimonial di prestigio che tanto campano di luce riflessa per rafforzare le loro tesi.
    il terzani invece si rifugiò nell’appennino con il conforto della moglie cercò di capire il senso della vita. e trovò nella nonviolenza la risposta. a quanto ha raccontato il figlio morì tranquillo senza rimpianti.
    in quel periodo si affermarono tesi assurde e chiunque cercasse di contrapporsi era additato come terrorista, nonostante anche il papa polacco, stranamente e inaspettatamente, predicasse contro le tesi delle guerre di razza o di religione.
    insomma, per me, la dialettica dello scontro fallaci-terzani è stata una bella pagina della cultura italiana sporcata dalla potenza editoriale e dalla pochezza culturale di coloro che, specie con la fallaci, hanno cercato di assoldarli in battaglie che non avrebbero mai combattuto.
    infine ricordo che ambedue sono stati corrispondenti del corriere della sera. quindi caro cennamo a questo punto dovresti leggerti il terzani come io mi sono letto la fallaci.

  14. @Amgelo:

    l’ho letto e mi è sembrato un libro molto debole che appartiene in pieno alla cultura che crede di criticare.

  15. Egr. Professor Sguerso,
    come ho già scritto nel precedente post, credo che la laicità ( nel senso popperiano del termine) sia un valore imprescindibile che arricchisce e migliora ogni essere umano. Come vede, io e lei, abbiamo idee ( talvolta) molto diverse, eppure dialoghiamo ( almeno per quanto mi riguarda) con piacere ed interesse. Le dico di più : trovo particolarmente stimolante interagire con chi ha una visione del mondo e della politica diversa dalla mia. Billy e Michele Zecca, del resto, possono confermarlo. Se così non fosse, la scrittura e la lettura diventerebbero a dir poco noiose. Ma ritornando al punto precedente, intendevo ed intendo dire che il fatto di non aver mai letto un libro di Terzani ( non per caso) non vuole dire necessariamente che io non conosca il pensiero di quell’autore. Certe informazioni o nozioni si possono estrapolare da altri scritti : articoli, commenti, o magari da interviste televisive, no? Il fatto poi che Repubblica sia un quotidiano importante, questo lo lascio dire a lei. Per me non lo è. Ma se posso e se voglio confrontarmi con chi ha delle idee distanti dalle mie, lo faccio volentieri leggendo : Corrado Stajano, Massimo Mucchetti, Aldo Cazzullo, Beppe Severgnini, ed ovviamente Fulvio Sguerso. Con immutata stima. Angelo Cennamo.

  16. “La cultura del piagnisteo” (1993) del critico d’arte e scrittore Robert Hughes, recentemente scomparso, è certamente un libro in controtendenza e anticonformista, e la sua presa di posizione contro la moda del “politicamente corretto” è anche una presa in giro dei rivoluzionari da salotto o “radical-chic” americani, sulla scia di Tom Wolfe, che coniò la fortunata espressione nel 1970, a proposito di un concerto di beneficenza offerto da Leonard Bernstein a favore delle Pantere nere. Il libro ebbe molto successo, tuttavia io preferisco le sue dissacranti critiche contro miti fasulli dell’arte contemporanea come Andy Warhol, Damien Hirsch e Jeff Koons…Comunque ringrazio il l’informatissimo “postino” Amgelo per la segnalazione. Riguardo alla replica dell’avv. Cennamo sulla necessità di un contraddittorio perché i discorsi non siano chiacchiere noiose, non avrei niente da aggiungere, salvo un dubbio: lei, avv., ha citato Corrado Stajano tra gli autori lontani dalla sua “visione del mondo”; ora le chiedo, che cosa non le piace
    dell’autore di “Un eroe borghese”? Quali difetti riscontra nei suoi libri, e soprattutto in questo che le ho ricordato?
    Un cordiale saluto da
    Fulvio Sguerso
    Fulvio Sguerso

  17. “Un eroe borghese” l’ho letto con molto interesse : Giorgio Ambrosoli è stato un protagonista della storia recente, e la sua vicenda personale è ancora oggi un esempio per ciascuno di noi. Lo dico da avvocato e da cittadino comune. Molto diverso ( a mio avviso) è lo Stajano che verga gli editoriali sul Corriere. Stajano è un marxista della vecchia specie, appartiene a quella corrente di intellettuali “eticamente superiori” ( da palasharp) che vorrebbero ridisegnare il mondo senza il capitalismo. Ha una sua (legittima quanto partigiana) visione dell’economia e della politica. Ultimamente ha pubblicato un pezzo che mi ha fatto rabbrividire. Dopo averlo letto ho scritto al direttore De Bortoli chiedendogli cosa se ne facesse il Corriere di un giornalista così distante dalla sua linea editoriale e dal comune sentire di un lettorato liberale e moderato. De Bortoli ( giornalista bravo come pochi) mi risposto alla sua maniera : non condivide le sue posizioni, ma Stajano ha una sua rubrica e scrive quel che vuole. Saluti. Angelo Cennamo

  18. Ma lei è lo stesso Cennamo dell’articolo? Adesso mi è tutto chiaro! Lei è convinto che il mondo del capitalismo si regga in piedi meglio di altri mondi (defunti e non)! Che meraviglia, credo che in questo momento lei sia l’unico al mondo a pensare una cosa del genere! Marxismo e Capitalismo hanno fallito in tutto, ma lei tifa ancora per uno dei due!!!

  19. Di Nozzo, si svegli : senza il capitalismo, lei non avrebbe neppure il computer dal quale sta scrivendo.

  20. Cennamo lei confonde il progresso con il capitalismo: guardi che in URSS erano molto avanti anche senza capitalismo. Gli facevano difetto i diritti umani, ma in quello il capitalismo non è di certo maestro. Si svegli lei benedetto ragazzo.

  21. Leggo solo ora (mi ero preso una vacanza in montagna per sfuggire a questa calura agostana…) la risposta dell’avv. Cennamo al mio ultimo commento, in cui gli chiedevo, et pour cause, di motivare il suo dissenso dalle tesi di Stajano, in particolare riguardo al “caso dell’avvocato Giorgio Ambrosoli assassinato dalla mafia politica” (sottotitolo di “Un eroe borghese”). La prima parte della risposta dell’avvocato e notista politico di questo giornale è ineccepibile: “Giorgio Ambrosoli è stato un protagonista della storia recente, la sua vicenda personale è ancora oggi un esempio per ciascuno di noi. Lo dico da avvocato e da cittadino comune…”. Benissimo. E tuttavia, in questa ineccepibile affermazione, c’è qualcosa che non mi torna. Che cosa? Ecco: come è possibile considerare il commissario liquidatore della Banca Privata Italiana del faccendiere-finanziario Michele Sindona, cioè l’onesto avvocato Giorgio Ambrosoli, un esempio e un modello di comportamento professionale e di fedeltà alle istituzioni repubblicane e, contemporaneamente, simpatizzare – a dir poco – con le tesi enunciate nel “Piano di rinascita democratica” di Licio Gelli? “La vicenda Sindona, per la P2, è un affare di famiglia, non solo perché tutti i suoi protagonisti, o quasi, sono uomini della Loggia: Sindona, Calvi, Umberto Ortolani, Gaetano Stammati, Roberto Memmo, Loris Corbi, Giovanni Guidi, Carmelo Spagnuolo, Edgardo Sogno, Massimo De Carolis, Manlio Tedeschi a altri. La sua competenza è funzionale, naturale. Per la P2 un caso come quello Sindona è l’essenza, la ragione di essere…”
    Che cosa? Forse uno Stato occulto nello Stato legale, in grado di condizionarne le scelte e le alleanze politiche? Chissà…
    Un cordiale saluto da
    Fulvio Sguerso

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