Omelia XXXIV di Gregorio Magno sugli angeli

don Marcello Stanzione

 San Gregorio Magno divenne Papa nel 589 succedendo a Pelagio, in un periodo di gravi cataclismi che sconvolsero Roma. La Città Eterna era l’ombra dell’antica grandezza, Roma e le zone vicine erano sottoposte alle frequenti incursioni dei guerrieri longobardi che devastavano le campagne, depredavano e sottoponevano gli abitanti a feroci rappresaglie e toccò al Papa Gregorio evitare a Roma l’umiliazione di un ennesimo saccheggio comprando la pace dal re Agilulfo per 500 libbra d’oro. Gregorio era nato attorno 540 ed apparteneva ad un’ illustre famiglia romana che da secoli aveva ricoperto cariche sia civili che ecclesiastiche. Costituì una Comunità monastica attorno al 578, dopo aver tenuto per diversi anni una carica civile. A questo scopo adattò una delle ville di proprietà dei genitori e donò alla Chiesa Romana le proprietà di famiglia in Sicilia e i suoi poderi attorno a Tivoli. Non cessò tuttavia l’attività diplomatica, in quanto venne inviato nel 579 a Costantinopoli come ambasciatore per chiedere all’Imperatore aiuti a favore dell’Italia, Gregorio divenne Papa, sembra, contro la sua volontà. E’ certo il conflitto tra l’ascetismo a cui spontaneamente tendeva, e la responsabilità di una carica gravosissima “nel mondo” fu in lui autentico. Solo in seguito risolse la contraddizione compiendo una scelta attiva in un momento drammatico per la cristianità. A coloro che portavano fino in fondo la loro determinazione di auto isolamento, indirizzò parole rispettose ma fredde: “ vi sono alcuni che dotati di grandi doni divini bruciando nel loro ardore della contemplazione, non amano aiutare il prossimo con predicazioni; preferiscono la quiete dei luoghi appartati, cercano la solitudine per meditare”. Al contrario, Gregorio si impegnò a fondo nell’evangelizzazione, favorendo prima di tutto la missione in Britannia ed auspicando la conversione dei Visigoti spagnoli al cattolicesimo. Alla sua attività di pastore e di riformatore della Chiesa si collegano sia il Corpus di sermoni che redasse per il popolo e sia i Dialoghi, un libro diretto al popolo che sfrutta abilmente forme narrative care ai fedeli più semplici e più attratti dalle narrazioni appassionanti e dai grandi gesti dei martiri e dei monaci in difesa della Chiesa. Gregorio Magno è considerato un illustre angelologo, riguardo agli spiriti celesti così scrisse nella sua XXXIV omelia: “ Il Signore destinò uomini e angeli alla conoscenza di sé come anche ad una vita che durasse in eterno, e per questo li creò a sua immagine. La donna ebbe dieci dramme: gli ordini angelici sono nove e, per rendere completo il numero degli letti, l’uomo costituì il decimo che non si staccò definitivamente dal creatore neppure dopo la colpa, perché l’eterna Sapienza, risplendendo bella carne umana attraverso i miracoli come la luce sulla terracotta, lo portò alla salvezza. I nove ordini degli angeli- Abbiamo accennato ai nove ordini degli angeli: sappiamo , infatti, dalla testimonianza delle Sacre Scritture che esistono gli angeli, gli arcangeli, le virtù, le potestà, i principati, le dominazioni, i troni, i cherubini e i serafini. Quasi ogni pagina del testo sacro attesta l’esistenza degli angeli e degli arcangeli. I libri dei profeti nominano spesso, come è noto, i cherubini e i serafini. L’apostolo san Paolo, scrivendo agli Efesini, elenca altri quattro ordini con queste parole: al di sopra dei principati e delle potestà, delle virtù e delle dominazioni (Ef., I, 21). E scrivendo ai Colossesi dice: sia i troni o le potestà, i principati o le dominazioni (Col., I, 16). Rivolgendosi agli Efesini aveva elencato le dominazioni, i principati e le potestà, ma scrivendo ai Colossesi, premise all’elenco anche i troni dei quali non aveva fatto cenno nella lettera agli Efesini, cioè i principati, le potestà, le virtù e le dominazioni, anche i troni, sono cinque le categorie specificamente menzionate, aggiungendo alle quali gli angeli e gli arcangeli, i cherubini e i serafini, abbiamo esattamente i nove ordini angelici. All’angelo creato per primo furono rivolte queste parole: Tu segno dell’immagine divina, ripieno di sapienza e di bellezza, sei stato posto nelle delizie del paradiso di Dio  (Ez. 28, 12-13). Dobbiamo notare che non si insiste qui sulla  somiglianza con Dio, ma sul fatto di essere segno di questa somiglianza,l per dire che quanto più è spirituale la sua natura, tanto meglio è espressa da lui l’immagine di dio. In questo passo subito si aggiunge: pietre preziose di ogni genere ti ricoprivano: sardio, topazio, diaspro, crisolito, onice, berillo, zaffiro, carbonchio, smeraldo  (Ez., 28,13). Abbiamo qui nove nomi di pietre preziose ad indicare i nove ordini angelici. Quel primo angelo ebbe in sé le qualità di tutti i nove ordini perché, essendo a capo di tutte le schiere angeliche, al loro confronto risplendeva di più.

I ministeri degli angeli- Potremmo passare in rassegna questi cori degli angeli rimasti fedeli a dio senza descrivere in modo preciso il loro ministero? Angelo, dal greco, significa ambasciatore, arcangelo, non la natura. Infatti questi santi spiriti della patria celeste sono sempre spiriti, ma non possono sempre essere chiamati angeli, perché sono tali quando per loro mezzo vien dato un annuncio, come dice il salmista:  rende gli spiriti suoi messaggeri (Sal., 103,4), cioè costituisce suoi ambasciatori, quando lo decreta la sua volontà, coloro che sempre sono spiriti. Il ministero degli angeli è di portare i consueti annunci, degli arcangeli di portare quelli supremi. Per questo alla Vergine Maria non viene mandato un qualunque angelo, ma l’arcangelo Gabriele, ed era giusto che questo incarico fosse dato a un arcangelo così grande che avrebbe annunciato Colui che è al di sopra di tutto. Ad essi vengono attribuiti nomi particolari per indicare con un termine speciale il tipo di ministero a ciascuno affidato. Nella città santa ove la scienza perfetta scaturisce dalla visione di dio onnipotente, non sono necessari nomi particolari per distinguere le persone: il nome è connesso coll’incarico ricevuto ed è assunto quando esse vengono a noi per esercitarlo.

La spiegazione del nome degli angeli piu’ importanti-Michele significa: chi come Dio? Gabriele Fortezza di Dio, Raffaele Medicina di Dio. Quando deve compiersi qualche fatto straordinario, si dice che è inviato Michele, perché si possa comprendere dal fatto e dal nome che nessuno può agire come Dio. Per questo, dell’avversario antico, che bramò nella sua superbia di essere simile a Dio, dicendo: salirò in cielo, metterò il mio trono sopra gli astri, abiterò sul monte del Testamento, ai fianchi dell’Aquilone, salirò sulle alte nubi, sarò simile all’Altissimo (is., 14,13), quando alla fine del mondo sarà privato del suo potere ed abbandonato all’estremo supplizio, si dice che combatterà coll’arcangelo Michele, come sta scritto in Giovanni:  si combatté una battaglia coll’arcangelo Michele (Apoc., 12,7): in questo modo chi si era orgogliosamente affiancato a Dio, sconfitto da Michele, saprà che nessuno deve cedere alla smisurata superbia di credersi Dio. A Maria è inviato Gabriele, chiamato Fortezza di Dio: egli veniva ad annunciare Colui che si sarebbe degnato di apparire nell’umiltà per sconfiggere le potenze maligne del cosmo. Di lui scrive il salmista: abbattete, o potenti, le vostre porte, alzatevi o porte eterne ed entrerà il re della gloria. Chi è questo re della gloria? Il Signore forte e potente: il Signore che trionfa in battaglia. E ancora: il Signore degli eserciti è il re della gloria (Sal., 23,9). Doveva dunque essere annunciato dalla Fortezza di Dio Colui che sarebbe venuto come Signore della potenza e forte nella battaglia a debellare le forze maligne del cosmo. Raffaele,  significa Medicina di Dio: egli infatti, toccando quasi in atto di chi porge un rimedio gli occhi di Tobia, dissipò le tenebre della sua cecità. Medicina di Dio, essendo stato inviato a operare guarigioni. Abbiamo dunque esposto in termini concisi il significato dei vari nomi degli angeli; ora diamo una breve spiegazione delle parole che ne indicano gli uffici.

I nomi e gli uffici dei singoli ordini, virtu’ e potesta’-Virtù sono chiamati quegli spiriti ad opera dei quali avvengono con frequenza segni e prodigi. Potestà sono chiamati quelli che nel loro ordine hanno ricevuto più di tutti gli altri il potere di tener soggette le forze maligne avverse, alle quali impongono freno e dominio perché non riescano ad opprimere nella tentazione il cuore degli uomini come vorrebbero. Principati sono chiamati quelli che hanno potere anche sugli stessi spiriti buoni degli angeli, per i quali dispongono ciò che deve essere compiuto, esercitando su di loro il dominio quanto all’esercizio dei ministeri divini. Dominazioni son detti quelli che superano anche le potestà dei principati per l’altissima dignità nei loro confronti. Avere il principato infatti significa essere primo fra gli altri; il dominare invece comporta anche l’uso del potere su tutti i sudditi. Le schiere degli angeli cui è dato un grande e universale potere, al quale sono sottoposte nell’ubbidienza tutte le altre, sono chiamate dominazioni. Il nome di troni è riservato alle schiere angeliche cui presiede sempre Dio onnipotente nell’esercitare il giudizio. Questo vocabolo che li designa, in latino significa sede: troni di Dio sono dunque chiamati quelli ai quali è riservata una grazia di Dio così grande, che il Signore stesso siede fra loro e per loro mezzo formula i suoi decreti. Per questo scrive il salmista: siedi sul trono tu che giudichi con giustizia (Sal., 9,5). Cherubino significa pienezza di scienza e questo nome è dato a quelle eccelse schiere che sono dotate di scienza perfetta perché contemplano molto da vicino lo splendore di Dio, così che, per quanto è concesso a creatura, riescono a conoscere esaurientemente ogni cosa, per il fatto di essere vicine al Creatore per il grado di dignità. Serafini sono detti gli spiriti che adorano di immenso amore al cospetto di Dio, al quale si trovano più di ogni altro vicini. Il vocabolo indica ardenti o brucianti. Essi, essendo così vicini a Dio che nessun altro spirito li distanzia da lui, ardono in fiamme d’amore appunto perché lo vedono così dappresso. La loro fiamma è l’amore, perché vedendo in maniera così diretta lo splendore della divinità, ardono in fiamme potenti d’amore.

Dobbiamo renderci perfetti imitando gli angeli-Che importa però esporre nozioni sulla natura degli angeli, se non ci preoccupiamo di metterle a frutto con una meditazione utile al perfezionamento della nostra anima? Siccome la Chiesa superna consta di angeli e di uomini, ed accoglierà in sé un numero di beati uguale a quello degli angeli eletti che vi rimasero, come sta scritto: stabilì il numero delle creature umane in conformità a quello degli angeli (Deut., 32,89), dobbiamo noi pure mettere a frutto per la nostra vita quanto conosciamo dell’ordinamento di quei cittadini del cielo, ed infiammarci nei buoni propositi di praticare ancor più le virtù. Si crede infatti che saliranno alla vita eterna tanti uomini quanti furono gli angeli che vi restarono: ne consegue allora che gli uomini destinati alla beatitudine imiteranno, al loro ritorno nella patria, qualcosa di ciò che avviene nelle schiere degli angeli. Le diverse situazioni in cui vengono a trovarsi gli uomini possono riferirsi alle singole categorie degli angeli ed essere a loro paragonate per ola somiglianza dell’attività. Vi sono alcuni ad esempio che riescono ad assimilare solo in parte la divina Verità e tuttavia non desistono dall’annunciare con amore ai fratelli quello che hanno compreso. Questi possono essere paragonati agli angeli. Altri, sorretti dai doni della divina misericordia, riescono a comprendere e ad annunciare i più sublimi misteri di Dio. Non possono forse costoro essere paragonati agli arcangeli? Altri ancora compiono un rapporto di somiglianza con il ministero e il numero delle celesti Virtù? Altri poi cacciano anche gli spiriti maligni dai corpi degli ossessi, per virtù della preghiera e in forza dei poteri ricevuti. Dove possono collocarsi costoro se non numero degli eletti per le virtù ricevute: essendo migliori anche dei buoni, hanno come un primato tra gli eletti. Non hanno forse ricevuto costoro doni tali da poter essere considerati nel numero dei Principati? Altri hanno un tale dominio su tutti i vizi  i desideri che, a  motivo di questa innocenza, possono essere chiamati dei  fra gli uomini, come fu detto a Mosè: ecco, ti ho costituito qual Dio del Faraone (Es., 7,1). Fra chi possono essere annoverati costoro se non fra le Dominazioni? Altri ancora, capaci di dominare se stessi con cura assidua, onesti nel porre i propri atti con retta intenzione, fedeli nel timore di Dio, ricevono tale dono di virtù da poter esaminare con giustizia anche gli altri. Siccome le loro menti godono sempre la contemplazione di Dio, il Signore, risiedono in esse come sul suo trono, esamina le azioni degli altri e dispensa mirabilmente ogni grazia dalla sua dimora. Non sono forse costoro come i troni del Creatore? E non possono essere considerati nel numero delle angeliche sedi? Quando la santa Chiesa è governata da costoro, spesso perfino gli eletti vengono giudicati per alcune loro manchevoli opere. Altri poi sono talmente ripieni di amore di Dio e del prossimo, da poter essere a buon diritto chiamati cherubini. Siccome cherubino significa pienezza di scienza, e noi sappiamo da san Paolo che la pienezza della legge è l’amore (Rom., 13,10), coloro che praticano più di tutti gli altri l’amore di Dio e del prossimo, possono per questi loro meriti essere collocati nel numero dei cherubini. Alcuni, pieni di ardore nel contemplare Dio, anelano coi loro desideri solo al Creatore, non bramano nulla in questo mondo, si nutrono solo di amore per ciò che è eterno, rinunciano ad ogni bene terreno, si elevano con lo spirito al di sopra di ogni cosa che passa, amano trovando pace nell’ardore da cui sono posseduti e in queste fiamme d’amore, con la loro parola, accendono anche gli altri che subito, convinti da loro, ardono nell’amor di Dio. Come potei definire costoro se non col nome di serafini? Il loro cuore, come una fiamma, illumina e arde orientando lo sguardo dell’anima all’eternità e purificando nella compunzione e nel pianto la ruggine di Dio, non ha forse ricevuto come una chiamata a far parte delle schiere dei serafini?

Chi deve ammettere di non poter far parte di alcuna schiera soffra e gema- Mentre vi presento questi pensieri, fratelli carissimi, entrate in voi stessi e prendete in esame i meriti e i sentimenti che tenete nell’intimo del vostro cuore. Chiedetevi se qualcosa di buono c’è in voi, se, corrispondendo alla vostra vocazione, vi trovate a far parte di alcuna di questa schiere che abbiamo brevemente descritto. Guai all’anima che non può riconoscere in sé qualcuna delle virtù elencate! E sventura ancora maggiore per quella che si vede priva di doni e non geme! Chi dunque è in tali condizioni, fratelli miei, va compianto perché non geme. Pensiamo allora ai doni degli eletti e desideriamo con tutto l’ardore possibile di sentirci attratti alla loro sorte. Chi non vede affatto in sé la grazia di questi doni, gema, chi ne possiede in misura minore non deve provare invidia per chi ne ha di più, perché le celesti categorie degli spiriti beati sono tali che alcune vengono preposte alle altre. Si dice che Dionigi l’Areopagita, antico e venerando padre, afferma che dalle minori schiere degli angeli alcuno spiriti sono visibilmente o in modo invisibile ad esercitare particolari mestieri, che cioè angeli o arcangeli vengono ad aiutare gli uomini. Le schiere più eccelse non lasciano mai le ,loro sedi, non avendo esse l’incarico di esercitare ministeri fra gli uomini. A questa affermazione sembra contraddire quanto leggiamo in Isaia: e volò da me uno dei serafini con in mano un carbone acceso tolto dall’altare con le molle e toccò la mia bocca  (Is., 6,6-7). Da queste parole del profeta si può allora comprendere che gli spiriti inviati vengono indicati col nome di coloro di cui compiono il ministero. Infatti l’angelo inviato per distruggere col carbone acceso preso dall’altare i peccati commessi colla parola, è chiamato serafino, vocabolo che significa incendio. In questo senso si crede possono essere intese le parole di Daniele: mille migliaia esercitavano dei ministeri per lui e miriadi di decine di miriadi l’assistevano (Dan., 7,10). Altro è esercitare dei ministeri, altro è assistere: compiono dei ministeri per il Signore coloro che vengono a noi come nunzi, lo assistono quelli che godono di una così intima contemplazione che non vengono inviati mai come suoi ministri.

Gli angeli degli ordini piu’ importanti inviano quelli di grado minore-Siccome in alcuni passi della Scrittura si dice che alcuni ministeri vengono svolti dai cherubini, altri dai serafini, possiamo chiederci se essi li compiono direttamente o per mezzo di categorie angliche di grado minore le quali per il fatto che vengono inviate da quelle più importanti, n prendono il nome: a questo proposito, non possiamo fare affermazioni senza sicure testimonianze. Sappiamo tuttavia con certezza che alcuni spiriti mandano altri con incarichi dal Cielo, come attesta il profeta Zaccaria : ecco uscire l’angelo che mi parlava, ed un altro angelo si accostava a lui e gli rivolgeva queste prole: corri, parla a quel giovane dicendogli: Gerusalemme sarà abitata senza muro (Zacc., 2,3-4). Se infatti u angelo dice a un altro: corri, parla, non c’è dubbio che uno viene mandato da un altro. Di grado minore sono gli spiriti che vengono mandati, di grado ,maggiore quelli che inviano. Teniamo tuttavia per certo che le schiere angeliche che sono inviate, quando vengono a noi, compiono esternamente il loro ufficio in modo da non abbandonare mai l’interiore contemplazione. Esse sono inviate a noi ma stanno al cospetto di Dio, perché anche se lo spirito angelico è limitato, Dio, sommo spirito, non lo è. Gli angeli dunque sono inviati e stanno al suo cospetto, perché ovunque siano mandati e giungano, si muovono nell’ambito di Dio.

Alcune prerogative sono proprie di certe categorie angeliche, altre sono comuni a tutte-Dobbiamo anche ricordare che spesso ad alcuni ordini di spiriti beati vengono applicate espressioni che si riferiscono a categorie vicine. Abbiamo indicato, ad esempio, i troni, cioè le sedi di Dio, come un particolare ordine di spiriti beati, e tuttavia il salmista dice: tu che siedi sui cherubini, manifestati (Sal., 79,3). Infatti nelle distinzioni dei vari ordini i cherubini sono vicini ai troni e, quindi, si dice che il Signore siede sui Cherubini in riferimento all’ordine angelico vicino. Così, nella città celeste alcune prerogative appartengono ai singoli in modo però che da esse non restano esclusi gli altri, e ciò che qualcuno ha in sé parzialmente, è posseduto in modo completo in un altro ordine. Tuttavia non vengono tutti indicati con lo stesso vocabolo, affinché ogni ordine sia designato col nome particolare di quella prerogativa che ha avuto in dono in misura maggiore. Il termine serafino significa incendio, ma tutti ardono di amore per il Creatore. Cherubino vale pienezza di scienza, e tuttavia chi potrebbe ignorare qualcosa dove tutti vedono Dio, la fonte stessa della scienza? Troni sono chiamati quelle schiere in cui dimore il Creatore: ma potrebbe qualcuno essere nella beatitudine se il Creatore non avesse sede nella sua mente? Quelle prerogative dunque che tutti hanno in parte, costituiscono il nome particolare cin cui vengono designati gli ordini che le hanno ricevute in misura maggiore. E benché alcuni abbiano doni particolari che non possono essere posseduti da altri, come viene indicato dal nome speciale delle Dominazioni e dei principati, però tutto appartiene ai singoli in quanto nella carità dello Spirito è posseduto negli altri”.