Italia: Democrazia ammalata

Giuseppe Lembo

La democrazia del nostro Paese è fortemente ammalata; è, a tal punto, ammalata da agire di fatto come una non democrazia per la gente che dovrebbe al suo interno averne il ruolo di attivi protagonisti. Ma non è così; gli italiani vivono ai margini del sistema che solo democratico a parole e poco o niente nei fatti, soprattutto, nei confronti dei più deboli e dei tanti esclusi da tutto, appartenendo, come appartengono, a quella marginalità sociale che la non democrazia italiana rende diffusamente in rovinosa crescita. Perché l’Italia, il nostro Paese, è il Paese dalla democrazia ammalata? La risposta più conveniente ci viene da Don Luigi Ciotti, prete di strada, attivo protagonista di lunga data della Comunità  Abele con sede a Torino. Don Ciotti, individua nel poco o nulla impegno umano, la prima grande causa dei mali della nostra democrazia. La strada dell’impegno, come scrive nel suo libro “La speranza non è in vendita”, Edizione Gruppo Abele -Giunti Editore- 2011, è scandita da tre parole: corresponsabilità, continuità, condivisione. L’assenza della corresponsabilità, intesa come modo generoso di vivere il proprio ruolo di cittadini, la mancanza della continuità, intesa come trasformazione del sentimento di indignazione da pentimento passeggero a sentimento stabile,l’altrettanto dannosa mancanza della condivisione, intesa come il sapere che da soli non si va da nessuna parte, ha permesso nel tempo alla democrazia del nostro Paese di ammalarsi in modo grave ed irreversibile. Perché l’Italia è il Paese della democrazia ammalata? Prima di tutto, perché c’è stata una diffusa, esasperata e familistica diffusione dell’essere familista, egoista ed individualista. L’Io, ha prodotto nei comportamenti dell’insieme poco solidale, un diffuso rapporto di delega del cittadino sempre più sudditi e sempre meno protagonisti, nei confronti dei poteri di rappresentanza e dei poteri forti, soprattutto se capaci di esercitare in nome della sola forza, il proprio potere a favore e/o contro qualcuno. Il nostro Paese ha spianato, in decenni di vita di un’insieme fortemente ammalato, la strada all’individualismo che ha condizionato, compromettendolo, il corso della politica-potere, sempre meno politica per la gente. L’individualismo si è imposto narcisisticamente su tutto, cancellando, con grave danno, il NOI sociale e non dando alla politica, la necessaria forza di rappresentanza finalizzata al bene comune. Come fare per uscire dal tunnel e ridare forza e salute alla nostra democrazia ammalata? Percorrendo la strada della condivisione e dell’insieme sociale dove l’io familistico ed amorale, deve riuscire a diventare il noi condiviso e capace di pensare, come si conviene, a quel bene comune a cui non si sa e non vuole pensare, né la politica, né la società del nostro Paese, un regno di egoismi individuali spesso anche dalle forti caratteristiche disumane, comunque e sempre, indifferenti agli altri, alla vita d’insieme di tutti gli altri. Ormai siamo sugli scogli; non c’è salvataggio possibile; purtroppo e con grave danno per tutti, siamo prossimi ad affondare. Tanti italiani e crescono di giorno in giorno sempre più, hanno perso, tra l’altro, la speranza; la speranza del proprio futuro. Vedono nero e sono allarmati per il futuro che non c’è per i figli, esclusi da tutto; traditi nelle attese di un futuro possibile, non hanno come dovrebbero, il diritto al lavoro, un diritto costituzionalmente garantito, ma sempre più negato soprattutto oggi come effetto catastrofico della politica montiana che, pensando al risanamento, di fatto sta facendo chiudere la grande azienda Italia, per una recessione diffusa che ha fatto aumentare la povertà diffusa dal Nord al Sud del Paese, con conseguenze gravi per il mercato del lavoro giovanile e non che, essendo in crisi, espelle forza-lavoro, senza attrarre investimenti per nuova, possibile occupazione. Tutto questo ci è piovuto addosso, portando l’Italia alla deriva, in un’architettura europea con alla guida la Germania, assolutamente indifferente del possibile affondamento per default dei suoi partners. Che fa, intanto, Monti nel club dei potenti italiani, europei ed occidentali, mentre l’Italia affonda? Non è certamente un attivo spegnitore dell’incendio Italia; l’Italia, purtroppo, affonda; l’Italia brucia. La gente soffre e non poco; Monti è assolutamente lontano dagli scenari tristi in cui vive il nostro Paese. Assiste con distacco agli scenari tristi in cui vive il nostro Paese, pontificando sacrifici, allo strangolamento delle imprese e delle famiglie; assiste indifferente al fallimento Italia e come ha fatto per lungo tempo il suo predecessore Berlusconi, si appella ad un vacuo ottimismo della ragione per una resurrezione che non c’è e non ci sarà, perché assolutamente non ci può essere. Lo dicono i mercati (prima di tutto il mercato del lavoro); lo dicono le famiglie italiane in crescente affanno; lo dicono con fare disperato le industrie che chiudono, per politiche economiche assolutamente poco incentivanti e per un sistema bancario da usura che non dà più risorse per far funzionare l’azienda Italia, tra l’altro e con grave danno, priva di un piano per settori strategici finalizzato alla realizzazione di prodotti strategici, i soli che possano garantire il futuro di questo nostro malcapitato Paese. Le banche, con comportamenti da veri e propri usurai, propongono contratti sempre più truffaldini; con i derivati, vendono schifezze oggi e soprattutto domani, sempre più alla base dei crescenti mali d’Italia. Siamo di fronte ad una macelleria sociale che trova la sua ragione d’essere proprio nelle decisioni dei “tecnici” al governo, assolutamente indifferenti al Paese reale che soffre ed è al limite di un grave collasso umano e sociale, tanto da non riuscire a garantire neppure la sopravvivenza di tanta gente, disperatamente sola con se stessa e con le sofferenze soprattutto dovute alla politica italiana solo apparentemente sospesa che, nell’insieme, destra-sinistra-centro, agisce servendosi di Mario Monti e del suo governo per niente solidale verso la gente, impegnato solo a proteggere il potere economico e con tutti gli interessi collegati ed i privilegi dei poteri forti, assolutamente indifferenti ai drammi quotidiani della gente comune che, nel nostro Paese, proprio non ce la fa più a campare. Il nostro non è più un Paese solidale. Non conta la politica sempre più incerta; non contano i problemi reali e la vita della gente. Anche il Governo impegnato a risanare le condizioni economiche del Paese, con le decisioni prese, non risana un bel niente; cresce la recessione, cresce il disagio economico delle famiglie; diminuisce il lavoro e diminuiscono fortemente i consumi. Che bel capolavoro! Con lo spread ballerino non andiamo da nessuna parte né risaniamo un bel niente. Altro che salvezza! Si precipita a passi veloci verso un grave precipizio, tra l’altro, dovuto alle imperfezioni della moneta unica che non ci ha permesso e tanto meno ha permesso quel moto dell’anima di cui si aveva di bisogno in Italia e nell’area UE, poco attenta e solidale, poco insieme politicamente e, soprattutto, nel rispetto delle diversità umane, una grande ricchezza per tutti. Siamo ad un bivio come Italia e come Europa.  O riusciamo ad essere protagonisti di un progetto storico duraturo, basato sulla centralità della politica senza inopportuni tatticismi tecnologici, o non si andrà da nessuna parte e ci complicheremo la vita ad un punto tale che non ci saranno vie d’uscita. Per questo, soprattutto in Italia, occorre una forte determinazione e scelte coraggiose per evitare il fallimento del Paese; in questo percorso è prioritario pensare al lavoro e soprattutto al lavoro per i giovani, fortemente traditi nelle loro legittime attese di futuro. Mario Monti, con impegno e responsabilità deve saper fare questo,
altrimenti è meglio per tutti che se ne vada subito. Deve ridare speranza di futuro ai giovani, creando quell’occupazione violentemente negata che ci porta verso un destino di disintegrazione non solo economica, ma prima di tutto umana. E poi per concludere c’è da dire basta con la pretesa di silenzio assoluto di chi manifesta e anche con forza il proprio dissenso. Il governo dei tecnici ed il suo Presidente non possono chiudersi a riccio e pretendere di non avere, per quello che fanno le giuste critiche. Per ottenere consensi ed applausi si devono assumere atteggiamenti virtuosi e più aperti. Non può gridare scandalizzato che chi è contro, è di fatto un untore disfattista. La critica che si fa alla politica in generale, a chi governa ed a Mario Monti, nocchiero in tempesta da sempre più facile e vicino affondamento, è una critica costruttiva e per il bene comune; non è certamente disfattismo né conviene a nessuno far passare la critica ed a ragione, con opportune motivazioni, per disfattista. Il criticare, fa parte delle regole democratiche; quando non è più possibile criticare non siamo in democrazia, ma camminiamo per una strada diffusamente conosciuta nel mondo, che è alternativa alla democrazia e si chiama dittatura. Le critiche non gradite, che vengono dal governo di Mario Monti, sono purtroppo critiche giuste ed opportune; sono critiche a quel gettare fumo negli occhi conditi di lacrime e sangue che non giova al nostro Paese e soprattutto a quella parte degli italiani da lungo tempo, vittima sacrificale dei poteri forti, dei potenti, i veri ed indiscussi padre-padroni dell’Italia, sempre meno democratica, sempre meno civile, sempre meno saggiamente interessata al bene comune, essendo fortemente ammalata di un individualismo egoistico da Io mondo, che annulla il Noi, espressione e forza dell’insieme umano e sociale che ha per fine non l’egoismo dei pochi, ma un forte senso di umanità solidale verso gli altri della società in cui si vive ed in senso più generale della società-mondo. Il Monti pensiero, così com’è non produce frutti sani, utili alla gente; produce, purtroppo, un rigore da lacrime e sangue che non è una positiva espressione della vera cultura liberale e di una leadership illuminata capace comunque di pensare al bene comune. Caro Presidente Monti, per il bene di tutti e di tutto l’insieme italiano, non bisogna criminalizzare chi esprime dissenso; è un ruolo, mi creda, difficile ed a volte costa molto a chi lo pratica, come impegno umano e sociale, praticarlo, perché i falchi sono in agguato, pronti ad agire con forza dittatoriale per mettere a tacere il dissenso, che agisce per difendere i diritti e la democrazia della gente. Il pensiero unico, caro Presidente Monti, non fa bene a nessuno; ma proprio a nessuno; tanto meno agli economisti.
Ha ragione il filosofo, sociologo francese Edgar Morin, a lanciare il suo grido di allarme per l’ormai compromesso modello di sviluppo tradizionale di tipo tecnico-economico. Occorre un modello di sviluppo basato essenzialmente sull’uomo; questo, un problema urgente che riguarda tutti, nessuno escluso; tanto meno gli economisti si possono sentire in diritto di tirarsi fuori.  Così facendo, combinano guai di grande portata; un vero disastro per l’umanità, essendo legata al futuro basato principalmente sull’uomo. Caro Presidente Monti, la Terra nel suo insieme è la patria comune (comprende anche l’Italia) da salvare, costi quel che costi a tutti, potenti compresi; per salvarsi bisogna saper rivedere l’idea di sviluppo; solo così si possono affrontare e vincere le grandi sfide globali che riguardano il futuro dei popoli. La sua austerità, Presidente Monti, altro non è per il nostro Paese che, l’inizio della fine. Siamo, non lo dico per disfattismo, al disastro italiano. Come si può pensare al futuro, cancellando il diritto-dovere al lavoro? Chi pensa addirittura di togliere la speranza, manifesta non solo incomprensione verso gli altri, ma anche uno scarso spirito di solidarietà. È così che la pensa, il cattolico Mario Monti? Perché l’Italia è così malmessa? La risposta la possiamo trovare in un libro ancora attuale del 1998 del grande fisico, filosofo e storico della scienza Lucio Russo, intitolato “Segmenti e bastoncini”, venuto dopo “La rivoluzione dimenticata” del 1996, entrambi pubblicati da Feltrinelli. Il prof. Lucio Russo, vede i mali d’Italia, prima di tutto, nella Scuola, ammalata di un forte impoverimento dei contenuti dell’insegnamento, impegnata a formare una classe di solo voraci consumatori, utili all’economia ma non alla società degli uomini, ormai indifferenti a chi li governa. La scuola non ha più nel nostro Paese, la funzione sociale di selezionare i migliori e quindi di formare una classe dirigente capace di garantire il futuro del nostro Paese. Purtroppo, l’insostituibile pilastro dei saperi umani e della conoscenza, ha smesso di adempiere al suo vero compito di crescita umana; così come è ridotta, garantisce di fatto, il solo diritto all’ignoranza e non alla cultura.  Presidente Monti, se vogliamo veramente salvare questo nostro Paese, partiamo da qui. Partiamo dal giusto ed insostituibile valore da dare alla cultura ed al pensiero antropologico, assolutamente primario ed insostituibile rispetto a tutto il resto; bisogna crederci e non poco. Lei, Presidente Monti, ci crede? È disponibile a crederci ed a fare in modo che ci credano anche gli altri e tra gli altri, prima di tutto, il mondo della scuola, un mondo oggi purtroppo indifferente alla cultura, un mondo sempre più attiva palestra di ignoranza e quindi terra fertile di cultura negata all’Italia del futuro.