La centralità dell’etica per un necessario nuovo corso della vita umana

Giuseppe Lembo

L’etica o morale è parte di quell’imperativo morale con il fine primario in se stessa per cui non può essere subordinata a nessun altro fine immateriale. La moralità è la libertà del volere umano. I doveri sociali dell’uomo sono doveri che riguardano noi stessi e gli altri; si esprimono nel concorrere alla vita sociale per la parte di ciascuno, in tutte le forme possibili; da quella economica a quella morale. Dalla lontana storia della filosofia greca apprendiamo che è proprio Socrate a fondare un’etica autonoma basata sul principio che l’oggetto più importante e più degno della meditazione filosofica non è, come per il passato, il problema cosmologico, parte di un mistero divino forse inaccessibile al pensiero umano, ma la coscienza, ossia l’azione con la quale si esprime la personalità. Socrate soffermandosi a riconsiderare l’ammonimento dei savi, significativamente sintetizzato nel conosci te stesso, in grande evidenza sul tempio di Apollo in Delfi, ne diede un significato nuovo e più profondo. Conoscere se stesso è per Socrate e poi nel tempo per l’umanità, cercare nell’interno della coscienza la propria umanità, creandola e realizzandola nella propria vita individuale e di insieme sociale. La filosofia, non più vista come pura contemplazione astratta, entra nella vita dell’uomo, imponendo l’assoluta supremazia del problema morale. Nell’uomo, la morale è centrale per la propria vita e per la propria vita insieme agli altri; è quella parte attraverso la quale è forse possibile, cambiare le cose del mondo che vanno come vanno soprattutto per effetto di una immoralità sempre più diffusa. La mancanza di etica condivisa è un grave danno per tutti; tra l’altro, è un danno con conseguenze gravi anche per quelli che verranno. È un danno grave per il nostro Paese, sempre meno attento all’uomo ed al sapere che si basa sulla centralità dell’uomo e senza la quale, facilmente si preferisce l’immoralità alla moralità. In tanti ormai sono anche da noi indifferenti al conoscersi, a quel conosci te stesso che potrebbe determinare azioni sagge ed evitare il prevalere del male sul bene, l’immoralità sulla moralità. Tutto questo succede oggi, mentre il mondo ha sempre più bisogno di etica, di comportamenti virtuosi, di scelte sagge e rispettose degli altri, fortemente alternative alle prevaricazioni ed agli egoismi umani, certamente poco virtuosi e frutto del sempre più disumano principio del tutto per sé, quel principio oggi imperante che ha fatto del mondo un deserto di umanità, dove prevale il male sul bene e dove le forze della ricchezza e dello spreco, vogliono prevalere, indifferenti del male che fanno, per il proprio egoismo, anche sulle sofferenze umane. È una condizione grave per i popoli della Terra; è una condizione disperatamente grave per il nostro Paese, dove la morale, non è assolutamente pane quotidiano per nessuno e soprattutto per quella parte del Paese che dovrebbe sentire dentro l’obbligo di comportamenti morali necessari e corretti. Ma perché questo? Credo, mettendo il dito sulla piaga, che siamo di fronte al potere diffuso di satrapi e di violenti abusi feudali che non permettono alla gente, tra l’altro, la libertà di pensare ed ancor più, la libertà di agire nel rispetto della morale comunemente condivisa. Questo perché, il potere sovrano ci opprime ad un punto tale da renderci sempre più difficile la vita; perché siamo di fronte al fallimento di una casta sia politica che di governo, ormai rifiutata dai più; annaspa ed è in grave asfissia di consenso e di credibilità. Oltre a vivere una grave crisi di sistema, la vera crisi italiana è della politica e nella politica, vista sempre più come un corpo estraneo sul quale sfogarsi e fare vendetta, per i tanti gravi torti subiti e in situazioni estreme, in difficoltà a campare. In questo clima sono tanti gli italiani allarmati; si tratta, soprattutto di italiani del pensiero, della cultura  e della morale comune, che vedono “nero” per il futuro dell’Italia, un Paese dove le fabbriche chiudono per fallimento, dove la disoccupazione è a livelli altissimi, da allarme rosso e dove la gente che non ce la fa più a campare, decide di farla finita con la propria disperata vita, suicidandosi. Mentre si dimostra assoluta fermezza e nessun cedimento allo sdegno dei cittadini, i privilegi, causa dello sdegno comune, crescono, non solo nei palazzi della politica, ma un po’ ovunque in quegli ambiti dei poteri forti che sono del tutto indifferenti anche alla gente che muore. A farci capire quanto tragica sia la situazione italiana, è il vecchio professore napoletano dell’Università Federico II Aldo Masullo, il quale da filosofo, puntualizza l’importanza della Morale. Il professore Masullo ha pubblicato questo suo scritto sul giornale “Il Mattino” di Napoli. Fortemente allarmato invita tutti a diversi comportamenti e soprattutto a comportamenti morali chiari, tali da non creare equivoci. Aldo Masullo dall’alto della sua morale professionale e del suo pensiero filosofico non ha condiviso l’infelice uscita del Presidente Monti, secondo cui i suicidi italiani non preoccupano più di tanto, in quanto non siamo ancora ai livelli della Grecia. È questa, come ha scritto Aldo Masullo, una dichiarazione grave e del tutto inopportuna; a farla, non è un uomo qualunque, ma la seconda carica istituzionale dello Stato italiano. Uno o centomila morti suicidi rappresentano in sé, un fatto assolutamente grave; sono vite umane che decidono di farla finita con la vita, un grande inesplorato dono per tutti gli uomini della Terra. Il valore della vita è, tra l’altro, un grande ed inconfondibile valore; nessuno, ma proprio nessuno, può disconoscerne la sua vitale importanza. Nessuno può dire, osservando i tanti scenari di una grave e diffusa tragedia umana e sociale, che toccano da vicino le persone, che è poca cosa per il più generale insieme sociale, perché riguarda un fenomeno limitato e ben lontano dal numero dei suicidi della Grecia. Ma come si può arrivare ad avere una visione così disumana della vita e del suo vero valore? Come si può tradurre la tragedia di persone disperate che decidono di togliersi la vita, perché tradite dalla società in cui hanno creduto, ricevendone in cambio, il bel dono della morte per suicidio? Il fare ragionieristico anche nella conta dei suicidi, è un fare assolutamente mostruoso; c’è da augurarsi che resti entro confini limitati e stretti, anche se trattasi di confini da cui al Paese devono arrivare altri messaggi, altri comportamenti etici, altre manifestazioni di impegno umano e sociale, avendo alla base, l’obiettivo primario  di saper garantire la vita di tutti, compreso l’ultimo degli italiani, compreso l’ultimo dei disperati pronto a suicidarsi. È questo, un dovere prima di tutto, etico e riguarda il valore in sé che bisogna saper dare alla vita in quanto inequivocabile e superiore valore umano. Ma oltre ad essere un sentito dovere etico è anche un dovere istituzionale. Al Capo del Governo italiano, questo ci dice Aldo Masullo, il filosofo, nel suo scritto apparso sul Mattino, devono stare a cuore tutti, ma proprio tutti gli italiani; il nostro Capo del Governo italiano non può andare in direzione opposta a questo impegno, né costruire situazioni socio/economiche ed umane, tali da creare danni anche per un solo italiano, o ancora peggio, produrre situazioni di diffusa disperazione e solitudine, tali da poterle risolvere con il solo suicidio. Se così è, purtroppo, tragicamente bisogna saper riconoscere che siamo di fronte a suicidi di Stato; siamo di fronte ad uno Stato che non sa difendere i suoi cittadini ed i diritti di ciascuno, così come sacralmente contenuti nella Costituzione italiana. Di chi la colpa (55 dall’inizio dell’anno) dei tanti suicidi italiani? Al centro c’è la politica, la classe dirigente del nostro Paese, sempre più spesso, in tutte altre faccende affaccendate;  c’è chi è chiamato a decidere e non decide; c’è chi deve finalizzare le scelte, le decisioni al solo bene comune e non ad altro, mentre, purtroppo, sistematicamente ne viene deviato il corso, creando alla gente, problemi sempre più difficili da risolvere. Che cosa è la vita umana? Con la sua alta dignità di uomo di saperi, ancora ci viene incontro il pensiero filosofico di Aldo Masullo con la definizione “insieme di relazione tra viventi e solitudine dei loro vissuti”. Ah la filosofia! La filosofia! L’averla dimenticata, l’averla dimenticata soprattutto per i suoi insegnamenti etici, è un grave danno per tutti. Le condizioni umane del nostro Paese sono tali per cui a tutti i livelli, cresce l’indifferenza per l’altro; nessuno, ma proprio nessuno, si ferma a riflettere ed a rivolgere un pensiero umanamente amico a chi ne ha di bisogno e si suicida, in mancanza di solidarietà, in un disperato e disumano silenzio. L’indifferenza umana, nel nostro Paese, è diventata, purtroppo, causa complice di disperazione e di morte. Il suicidio rappresenta la volontà estrema di far vincere l’assoluto del nulla. Di chi la colpa? Che fa il corpo sociale del nostro Paese, sempre più indifferente e pietrificato, di fronte a tutto questo? Assume con indifferenza, atteggiamenti di assoluta indifferenza; è da qui che nascono i suicidi italiani. Sono, purtroppo, il frutto, dell’indifferenza umana e morale e di un sempre più crescente fallimento politico. In un Paese come il nostro, non è facile parlare di morale ed essere convincenti; non è facile farsi capire da un popolo malgovernato; non è facile farsi ascoltare dalla gente sempre più chiusa in se stessa, in una solitudine un tempo “splendida”, oggi solo “disperata”. Le radici dei suicidi italiani come ci ricorda Aldo Masullo a conclusione del suo scritto, sono in quel che diceva Durkheim in un saggio di fine ottocento, dove veniva riscontrato l’aumento dei suicidi, soprattutto nei periodi di forte disordine economico. La prima grande responsabilità è da ricercare nei tradimenti della politica; la responsabilità che nasce dall’individuo è un fatto collettivo; un fatto che si fa politica viva, attenta e capace di rispondere alle domande dei cittadini. La politica, così come oggi intesa nel nostro Paese, non può avere questo ruolo così importante; non può, in quanto, non è assolutamente credibile restituire a ciascun individuo la sua fiducia nel mondo degli uomini e soprattutto degli uomini politici. Quando per l’uomo, questo mondo non è più credibile, allora non resta più nulla; allora siamo all’inizio della fine. A questo punto, la vita può considerarsi veramente finita. In solitudine, sono purtroppo tanti, ormai stanchi di vivere; non fidandosi di nessuno, sono pronti a decidere di farla finita con la vita, perché si tratta di una vita d’inferno, senza speranza e senza futuro,da dover vivere nell’insopportabile disperazione di un se stesso sempre più disumanamente solo, sempre più socialmente tradito, sempre più il simbolo dei diritti ormai negati. Se così è, allora che vita è? A che serve vivere?