Ha vinto Keynes

Angelo Cennamo

Quando il britannico John Maynard Keynes e l’austriaco Friedrich August Von Hayek si punzecchiavano sul ruolo che lo Stato avrebbe dovuto rivestire nelle dinamiche economiche delle nazioni, potevano mai immaginare che quel duello ideologico e concettuale così divertente e costruttivo avrebbe solcato l’intero novecento ed oltre? In Italia, così come nel resto d’Europa, dopo le rigide politiche di austerità e i salassi tributari che hanno messo in ginocchio milioni di imprese e di famiglie, i governi tentano la carta dello sviluppo. Sviluppo e crescita sono i due imperativi che i tecnici si sono autoimposti per evitare che la polveriera sulla quale si sono seduti da qualche mese possa esplodere come la peggiore delle bombe atomiche, e provocare più morti e fallimenti dell’ultimo conflitto mondiale. Ma come si produca lo sviluppo e la crescita sembra essere un mistero un po’ per tutti. In Italia esiste addirittura un “ministro per lo sviluppo”, come se l’arricchimento di un Paese si possa decidere e stabilire per legge o per decreto. Quante volte abbiamo sentito parlare di decreti sullo sviluppo? Monti ci ha regalato il “Crescitalia”, dovremmo saperne qualcosa. E’ l’idea secondo cui le economie debbano essere pianificate e dirette dall’esterno ( dirigismo). Fa parte della nostra cultura politica ( socialdemocrazia), la stessa che ha portato al collasso mezza Europa, e che proprio nel keinesismo trova una delle sue migliori declinazioni. Essa prevede che la stimolazione della domanda e quindi la crescita dipendano da potenti iniezioni di spesa pubblica ( gli investimenti). Sarebbero cioè gli Stati a garantire la ripresa economica attraverso una serie di finanziamenti volti al rilancio prima di tutto dell’edilizia (pubblica e privata), ma anche della ricerca e della produzione industriale. L’ultima frontiera del keynesismo sono i “projet bond”, ovvero obbligazioni destinate a finanziare le grandi opere utilizzando denaro della comunità europea. E’ meglio di niente, ma la ricetta è tutt’altro che miracolosa. Intanto perchè occorrerebbe capire questi soldi ( che scarseggiano ovunque) chi ce li mette. In secondo luogo, ragionare sui livelli di indebitamento che produrranno i prestiti. Cosa avrebbe pensato Hajek dei projet bond, lui che rifiutava qualunque ingerenza degli Stati nelle dinamiche di mercato? E’ facile immaginarlo. Ma la storia ha seguito Keynes, ed ora tocca arrangiarci.  

 

3 pensieri su “Ha vinto Keynes

  1. sto hajek veramente non lo conoscevo, non ho avuto modo di studiarlo ancora, eppure ero convinto di avere una cultura economica abbastanza approfondita. per per averne parlato più di una volta negli ultimi tempi sarà deve essere stato un tipo tosto e, per contrapporlo a a keynes, una pietra miliare dell’economia liberal-liberista. è proprio vero non si finisce mai di imparare!
    per quanto riguarda gli euro-bond veramente era un cavallo di battaglia del passato tremonti, ti ricordi quel ministro dell’economia che tutti ci invidiavano?
    tanto sono convinto che alla fine della fiera ci spiegherai che anche tremonti, come monti, è socialdemocratico e kenesiano.
    e sono anche convito che un giorno ci farai vedere un esempio pratico di fulgore economico, patria delle libertà e del benessere realizzato grazie alla messa in pratica delle teorie di hajek. (ma chi cavolo sarà mai stato, sto hajek?)

  2. @Angelo:

    beh, la Thatcher, durante la recessione dei primi anni 80 alzò le tasse paurosamente -nonostante il parere contrario di fior fiori di economisti- e da posizioni molto lontane da quelle di Keynes (si ispirava a Milton Friedman!).

  3. Michele, tu confondi i “projet bond” con gli “euro bond”, ma sono cose diverse.

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