Tengo famiglia (Ma fino a un certo punto)

 Fulvio Sguerso

Il camaleonte (che in greco significa “leone di terra”) è un rettile del sottordine dei Sauri. E’ caratterizzato dalla capacità di cambiare colore, da una lunga lingua retrattile e, particolare non trascurabile, da grandi occhi che possono ruotare in direzioni diverse e in modo indipendente uno dall’altro. Alcuni esemplari hanno la testa decorata da protuberanze nasali, rostri, corna o creste. Queste decorazioni distinguono, per lo più, il camaleonte maschio dalla camaleontessa. Come i serpenti, il camaleonte è privo di orecchie; in compenso la sua lingua può essere, talora, più lunga del suo stesso corpo, e termina con una pallina appiccicosa, adatta alla cattura della preda; questa lingua, non appena la preda viene colpita, viene velocemente ritratta, così che l’insetto catturato possa essere masticato dai suoi forti denti; anche un piccolo camaleonte può masticare facilmente persino una grossa locusta o una mantide religiosa. La “Lega Nord per l’indipendenza della Padania”, invece, è un partito-movimento politico fondato da Umberto Bossi, Roberto Maroni e Giuseppe Leoni nel 1982, con un programma massimo oscillante tra federalismo e secessionismo, e uno minimo di federalismo fiscale, di difesa del territorio e della popolazione autoctona padana dalle “invasioni barbariche” degli immigrati (soprattutto islamici). di tolleranza zero  nei confronti dell’illegalità “ambientale”, della corruzione, degli sprechi di danaro pubblico, della  malapolitica  “romana” e del nepotismo,  del parassitismo, del familismo   tipico di una certa mentalità diffusa nelle nostre regioni meridionali (ma forse anche su tutto il territorio nazionale). Ha fatto una certa impressione, quindi, leggere sui giornali le dichiarazioni rese da Nadia Degrada – dipendente amministrativa della Lega  – ai magistrati che indagano sui fondi neri del Carroccio gestiti dall’ex tesoriere Belsito e su parte dei rimborsi elettorali stornati – anche secondo la deposizione di un’altra impiegata di via Bellerio, Daniela Cantamessa (nomen omen) ad uso privato della famiglia Bossi e del suo famoso (o famigerato) “cerchio magico”.  In seguito a queste indagini giudiziarie, il leader carismaatico  si è dimesso da segretario federale della Lega Nord – carica che ricopriva da oltre vent’anni! –  e, per dare un altro esempio di serietà, ha fatto dimettere anche il figlio Renzo, detto “il Trota”, di cui abbiamo appreso con qualche stupore del suo  spericolato, dispendioso e disinvolto stile di vita ( come quello dell’altro figlio, Riccardo) a spese nostre, dalla carica di consigliere regionale, pur in assenza, al momento,  di qualunque avviso di garamzia. Queste dimissioni pressoché immediate del segretario federale, del figlio Renzo, in promettente (o quasi) carriera politica malgrado il suo non brillante curriculum studiorum, e l’espulsione del tesoriere fedifrago, seguita, a breve distanza, da quella più tormentata della fedelissima “pasionaria” bossiana Rosi Mauro, marcherebbero una differenza “strutturale” della Lega rispetto al comportamento, invero indecente, di  altri partiti presenti in Parlamento e percettori di rimborsi elettorali “gonfiati”, quale più quale meno, anch’essi coinvolti in scandali analoghi (si pensi solo all’ “insospettabile” ex tesoriere della fu Margherita). E’ ormai chiaro che ci troviamo di fronte a una crisi di sistema e, dopo la caduta di un Berlusconi ormai indifendibile persino dai suoi e, ora, dopo le dimissioni di Bossi costretto (dal triunvirato provvisorio?), in quella orribile e penosa serata dell’”Orgoglio leghista” alla Fiera di Bergamo, a chiedere pubblicamente scusa per il comportamento dei propri figli,  al tramonto della cosiddetta, e mai nata, “seconda Repubblica”. Ma ora fermiamoci un momento a considerare il caso specifico della Lega, partito-movimento di lotta e di governo, effettivamente di non facile collocazione nell’attuale spazio politico, date anche le sue diverse anime (di centrodestra, di estrema destra, cattolica tradizionalista, celtica, liberista, neopaganeggiante, populista, antipolitica, berlusconiana, antiberlusconiana, ecc.), tenute però insieme dal carisma del leader, almeno fino a ieri. Oggi, al di là delle risultanze strettamente giudiziarie sui reati ipotizzati da diverse procure – reati che vanno dall’appropriazione indebita alla truffa ai danni della Stato al riciclaggio di danaro sporco,  e che faranno, come si suol dire, il loro corso – il quadro etico che emerge dalle intercettazioni e dalle testimonianze ( tra l’altro provenienti dall’interno della Lega stessa ) è quello di una doppia, o tripla, morale da tempo praticata dalla “famiglia allargata” del Capo, almeno a partire dal 2004, cioè da quando  è stato colpito da un ictus cerebrale, in circostanze mai chiarite. In che cosa consiste questa doppia morale? “Che tristezza – scrive Francesco La Licata sulla Stampa del 7/04/12 – leggere oggi dell’esistenza di una vera e propria squadra di fedelissimi del Capo – così chiamano Bossi i leghisti – che a tempo pieno si è occupata delle necessità materiali dei due figli di Umberto: i diplomi e le università private a Londra, le macchine sportive, le spese mediche, i soldi in nero, la ‘consulenza’ al Parlamento Europeo generosamente concessa da Speroni al giovane Riccardo Bossi. E poi l’aiutino, a colpi di centinaia di bigliettoni, alla signora Manuela per la sua ‘scuola bosina’ di Varese e il dirottamento di fondi di una legge della Stato a sostegno sempre dello stesso istituto. Per non parlare della ristrutturazione della terrazza della casa di Gemonio, abitazione del Capo. Gemonio, non provincia di Potenza…”. Miserie umane, si dirà. E’ vero, miserie; ma se queste miserie riguardano un leader carismatico che ha (o aveva) fatto della trasparenza amministrativa, della meritocrazia e dell’integrità morale del laborioso popolo padano la bandiera del suo movimento, e del leggendario Alberto da Giussano l’icona  della “differenza antropologica” dei padani nei confronti dei meridionali, con quale autorità potrà  ancora parlare alla base – e sia pure a una base dallo stomaco forte come quello della Lega? Con quale autorità un leader che pratica (o praticava) in privato  quel “familismo amorale” consistente nel “massimizzare unicamente i vantaggi materiali di breve termine della propria famiglia, supponendo che tutte le altre famiglie si comportino allo stesso modo” (cfr. E. C. Banfield, Le basi morali di una società arretrata, Il Mulino, 1976)  che ha sempre condannato  in pubblico, può ancora parlare alla sua gente (stavo per scrivere “ai suoi sudditi fedeli”)? Non per niente è stato esautorato di fatto da Roberto Maroni, coram populo, alla Fiera di Bergamo, in quella notte non di Valpurga o “dei lunghi coltelli”, ma in quella che passerà alla storia come “la notte delle scope”. Come se bastasse agitare in aria delle scope con il  Sole delle Alpi stampigliato sul fascio di steli che serve a spazzare il pavimento (poco rispetto, mi pare, anche per un loro glorioso simbolo) e far cadere qualche testa ormai scomoda e impresentabile per dare vita al nuovo corso di un movimento senza più anima (se mai l’ha avuta). Questo non toglie che tanti umili militanti abbiano creduto e sperato di raggiungere gli obiettivi che i dirigenti della Lega di volta in volta prospettavano al popolo padano; obiettivi mai raggiunti, a cominciare da una definizione esatta dei confini geografici della cosi detta Padania. Ora la leadership passerà probabilmente dal vecchio guerriero ormai fiaccato nel fisico e nel morale, al nuovo guerriero con la scopa in mano, che, subito dopo aver proclamato che non ci sarà nessuna caccia alle streghe, ha preteso l’espulsione della “pasionaria” Rosi Mauro, indicata al pubblico ludibrio della plebe leghista con toni e gesti di una  tale demagogia e di una tale calcolata volgarità da offendere chiunque non fosse accecato dal livore e dalla rabbia nei confronti di una “militante” passata, nel giro di una settimana, da potente segretaria del Sindacato Padano e vice presidente del Senato, vicinissima a Bossi,  a capro espiatorio “meridionale” da cacciar via  con orribili dispregi. Vediamo ora se Maroni continuerà le sue “pulizie pasquali” (espressione in linea con la sceneggiata delle scope ad uso dei media e a conferma della “serietà” della Lega) con la cacciata di altri impresentabili leghisti, come il presidente del consiglio regionale lombardo Davide Boni, e lo stesso instabile e farsesco “triunviro provvisorio” Roberto Calderoli…Altrimenti il nuovo corso della Lega finirà prima di cominciare.