Tu non puoi immaginare

Giovanna Rezzoagli

Ci sono stati d’animo che tu, gentile Lettore, nemmeno puoi immaginare. Ti auguro di non poterli immaginare, perché in questo caso vuol dire che appartieni al gruppo di adulti o di adolescenti che non hanno subìto alcun tipo di abuso in età infantile. Di pedofilia e di molestie in tanti ne parlano, anche nei miei scritti hanno trovato spesso spazio. Tuttavia un conto è descrivere, forse in modo dogmatico, forse in modo tecnico, peggio in modo fazioso, un fenomeno che coinvolge milioni di bambini, altro è cercare di compenetrare a livello emozionale ciò che vive la vittima. In un mondo che sembra dare voce più ai carnefici che alle vittime, che addirittura arriva a stravolgere i ruoli con il malcelato scopo di difendere l’indifendibile, questo scritto è un’anomalia. Se tu, gentile Lettore, sei tra i fortunati che non possono immaginare il dramma della pedofilia perché non hanno un riscontro emotivo in termini di vissuto, puoi fermarti e non proseguire la lettura: puoi decidere che non ti serva e che ne possa fare a meno. In questo caso sappi che hai il privilegio di scegliere, un privilegio che a moltissime persone è stato negato; se invece vuoi continuare a leggere sappi che ti avvicinerai alla sofferenza di tanti, potrai addirittura sfiorarla, immaginarla temo di no. Se tu, gentile Lettore, appartieni al numero altissimo di chi sa per esperienza diretta cosa sia la pedofilia, questa volta puoi scegliere, se leggere o meno. Forse potrai immedesimarti e scoprire che le tue emozioni sono quelle di tanti, e ciò sarà salutare; forse scoprirai che ammettere di ricordare è molto più scomodo che sperare di aver solo immaginato, e ciò sarà doloroso, ma salutare. Non sono tanto ingenua da non considerare l’ipotesi che questo scritto lo legga un pedofilo: ebbene, in questo caso potrà vedere cosa genera questa forma di egoismo patologico che qualcuno osa chiamare “amore”. Già, qualcuno si chiede che vita vivono le vittime della pedofilia, quelle che sopravvivono, ovviamente? Sappiamo bene che molti pedofili, una volta scoperti, chiedono la semi-infermità mentale, i riti abbreviati, il perdono, le cure (compresa la famigerata castrazione chimica), sappiamo che quando escono di galera, se vanno in galera, molti sono recidivi. Addirittura si trova qualcuno che si prende la briga di segnalarci il “grave disagio” in cui vivono molti pedofili, che in alcuni casi li ha persino condotti al suicidio : attenzione bene che se ciò succede, è sempre dopo essere stati indagati, mai prima. Anche tante vittime della pedofilia terminano i loro giorni con il suicidio, la differenza è che per molte di loro è un processo lungo, lunghissimo. Pur di sfuggire ai ricordi in tanti si rifugiano nell’effimero oblio offerto da droghe ed alcol. Altri arrivano ad odiare talmente quel corpo che li ha resi oggetto di attenzione da volerlo distruggere e annullare in tanti modi, dall’anoressia all’autolesionismo. Casi estremi? Non più di tanto. Le vittime che sopravvivono possono avere questo tipo di percorso, già, perché in tanti non escono vivi dal tunnel pedofilia: gli snuff-movies non sono una leggenda metropolitana, e se una bambina o un bambino thailandese scompare nel nulla, alla fine a chi importa? Di certo non ai molti turisti stranieri, moltissimi italiani, che si recano nei Paesi più poveri proprio per soddisfare i loro più biechi istinti, Thailandia e Brasile sono infatti ai primi posti della turpe classifica. Fino ad ora ho girato attorno al vero scopo di questo scritto, ovvero portare il Lettore dentro il dolore vero. Andiamo allora, e provate a immaginare cosa significhi svegliarsi nel cuore della notte madidi di sudore, anche in pieno inverno, completamente paralizzati, confusi; passano interminabili secondi prima di realizzare che sei nel tuo letto, nel presente e non nel passato. L’incubo è durato poco, ma ha riportato tutto a galla, quel poco che la tua mente ferita ti concede di ricordare: il ghigno che all’epoca sembrava un sorriso, tu che non ti puoi muovere, tu che sai che non va bene ma che non ci sei davvero tu in quel momento, non sei tu che senti addosso quelle mani, sei tu ma non lo sei, tu sei chiusa in un angolo remoto della tua anima di soli quattro anni, al sicuro. Ci penserà la memoria a proteggerti dal peggio, tu immaginerai tutta la vita, ma misericordiosamente non saprai mai quanto davvero ti è stato fatto. E’ notte, non importa, il tuo corpo che è ora di nuovo tuo urla dolore da ogni muscolo contratto: ci vuole un bagno caldo che lavi via la sensazione di sporco che quelle mani ti hanno lasciato sulla pelle anche dopo tanti anni. Non importa, solo tu lo sai, non importa. Non importa nemmeno quando al mattino ti metti il maglione più largo che hai, per far si che ti protegga come una corazza, o che nasconda la corazza che piano piano ti sei costruita addosso. Non importa. E invece no, importa. Importa perché nessuno ha capito, nessuno ha saputo, o peggio, nessuno ha voluto sapere. E’ questo che ti graffia l’anima: il dubbio. E la conseguente risposta. Perché nessuno ti ha protetta? Oh, tu la risposta la sai, ma non osi nemmeno formularla, puoi solo immaginarla, condannata per sempre ad immaginare, a sapere, che non si crede a una bambina di quattro anni, ma ad un adulto responsabile si. E allora vai avanti, stringi i denti e cresci, non gioisci quando lui muore, anzi, ti dispiace perché ora non potrai più fargliela pagare, non importava come, importava il quando. Tutto sommato, qualche incubo ogni tanto è ancora un prezzo basso da pagare, peggio è il poter immaginare …Ecco, gentile Lettore, questo è ciò che verosimilmente succede nella mente di un sopravvissuto. Quello che verosimilmente accadrà nei prossimi anni alle, allo stato attuale presunte, vittime del Professor Emilio Cella, docente presso l’Istituto Comprensivo di Cogorno (GE), che accadrà (se già non accade) alla vittima del pensionato settantenne (ora libero) di Casarza Ligure (GE), che accadrà alla vittima ora quattordicenne di Don Luciano Massaferro di Alassio (SV),condannato a 7 anni e 8 mesi, alla vittima del sessantatreenne Giovanni Bocchio (attualmente in carcere) di Finale Ligure (SV), che accadrà alla vittima di Don Riccardo Seppia (reo confesso ed ora in carcere in attesa di processo, sieropositivo) di Sestri Ponente (GE). Ricordo per ultima, ma solo perché solo ora forse avrà giustizia per gli abusi sopportati nel 2004, la vittima di Don Italo Casiraghi, colto in flagranza di reato a Gondola, nel Canton Ticino, ed arrestato. Una volta libero ha fatto sparire le proprie tracce ed è stato rintracciato lo scorso 18 febbraio a Pietra Ligure (SV). Ora, forse, la sua vittima avrà giustizia, ma non smetterà mai di immaginare.

9 pensieri su “Tu non puoi immaginare

  1. Cara Giovanna, invece posso immaginare benissimo e resto molto pensierosa nel vedere come questo tuo scritto che mette a nudo il brutto del peggiore delitto contro i bambini [la pedofilia] non susciti commenti. I pedofili, ci hai detto con lucidità, sono ovunque ci sono bambini. Ben occultati e talvolta coperti dalle loro stesse istituzioni. Il nostro codice penale è davvero ben antiquato e non in linea con altri stati dove la pedofilia segue a ruota l’omicidio. Su questo tema è assordante il silenzio della chiesa.

  2. Cara Giovanna Rezzoagli, da tempo ti seguo con i tuoi scritti attenti all’uomo, alla società, alla malasocietà ed ai tanti problemi che riguardano come comunità umana, in un momento particolarmente turbolento della vita dell’uomo sulla Terra.
    Purtroppo il mio peregrinare umano e sociale, il mio continuo indagare sociologico sull’uomo sociale del nostro tempo e la mia esasperata passione antica per il giornalismo della conoscenza, che privilegia soprattutto la comunicazione autentica, non mi permette di interloquire spesso e di rivolgermi con un veloce dialogo quotidiano ai tanti che seriamente trattano, con senso di umana partecipazione, i gravi problemi del nostro tempo, diversamente dimenticati da un certo comunicare che preferisce vanificare il proprio impegno occupandosi di cose legate al solo modello dell’apparire, sempre più invadente, sempre più impegnato a cercarsi spazi autogratificanti e celebrativi.
    Ma tu cara Giovanna e se mi permetti anche cara amica mia, sei completamente diversa; sei una persona che conosce la sofferenza ed i tanti che se la portano addosso, come una pesante croce di quel calvario terreno che è la vita silenziosa ed abbandonata a se stessi di gente che non interessa nessuno, poiché le sofferenze terrene, il dramma umano dell’esistere, sono cose tutte da dimenticare; la vita è altro; la vita è godimento; la vita è piacere dello “stomaco” a danno della mente; la vita è il percorso dell’apparire che ha ormai cancellato i grandi valori umani dell’essere.
    Io sono per l’essere; io sono per i valori; io sono per l’etica condivisa; io sono per la condivisione; io sono per il rispetto della persona umana; io sono per quella certezza del diritto e per il garantismo tale da non considerare mostro, ancor prima di sapere se si è veramente di fronte ad un mostro, chi va condannato ed esemplarmente punito.
    In tutto questo cara amica Giovanna, ci somigliamo e non poco, i punti di contatto sono i nostri scritti, sono le cose che andiamo dicendo da realtà territorialmente lontane (la Campania e la Liguria), ma di fatto umanamente vicine e parte di quell’insieme italiano che ci piace raccontare raccontandoci.
    Anche le nostre professioni hanno punti di contatto e di condivisione.
    Per tutto questo, ti leggo volentieri e mi scuso se non partecipo al dialogo a distanza confrontandomi con le intelligenti cose che dici e proponi all’attenzione di chi legge, sperando come lo spero io, di promuovere quell’umanità in cammino che ama il rispetto dell’altro, la pace, la nonviolenza, un mondo nuovo, nel quale non ci sia posto per le tante malvagità umane e soprattutto dove vengano finalmente cancellate le violenze dei forti sui deboli, dei brutti assassini, sulle vittime inermi ed incapaci di difendersi.
    Cara Giovanna, io posso seguirti ed esserti compagno di viaggio nelle analisi del sociale; certamente non ho gli strumenti che hai tu per capire gli stati d’animo che appartengono all’interiorità umana sempre più difficile da scoprire; sempre più conflittuale; sempre più debole ed esposta al pericolo dei mostri invisibili, capaci di produrre, come per la pedofilia, abusi e violenze incancellabili su milioni di adolescenti e/o peggio ancora di bambini, uccisi dentro per tutta la vita e di cui è difficile, come tu dici, poter immaginare quello che si portano dentro; che cosa pensano; che cosa soffrono.
    Vittime innocenti di un mondo infame; della loro esistenza, il mondo ipocritamente perbenistico vorrebbe assolutamente farne a meno, magari eliminandoli come indesiderati, come bocche inutili da sfamare.
    Dici bene e condivido a pieno il tuo pensiero a proposito del comportamento sempre più diffuso teso a dare voce e visibilità più a carnefici che alle vittime.
    Siamo in questo, ad un insopportabile stravolgimento dell’ordinato e morale equilibrio di una società che sappia organizzarsi, rispettando per essere rispettata.
    Ma, purtroppo, così non è; è sempre meno così.
    Stravolgendo i ruoli, c’è tanto protagonismo ed animosità nella difesa dell’indifendibile; è questa, purtroppo, una grave anomalia italiana dal Nord al Sud; riguarda, in quanto tale, tutte le realtà, senza differenza alcuna.
    Un’anomalia che si basa sul presupposto della giustizia ingiusta e della dignità umana negata proprio per effetto dello stravolgimento dei ruoli per cui i carnefici hanno più voce delle vittime.
    Giovanna cara, questo è il mondo; questo è quello infame mondo che la società sempre più malasocietà, come progetto ed espressione di una malapolitica che prende sempre più di sé, rafforzando le negatività dei carnefici protagonisti a totale danno delle vittime abbandonate a se stesse, per cui indifese e sempre più vittime della malasocietà.
    La pedofilia, amica mia è un cancro che uccide; è un male incurabile che come dimostrano i nominativi da te citati non conosce frontiere ed è sempre più diffusa anche nel mondo della Chiesa di Roma, con preti che, dimenticano il ruolo che svolgono e si accaniscono da carnefici, a fare male a delle vittime assolutamente innocenti ed indifese.
    Bene hai fatto a ricordare il dramma in quelle realtà lontane, Thailandia e Brasile, dove la vita di un bambino o di una bambina non ha nessun valore; può anche scomparire nel nulla dopo aver soddisfatto i piaceri violenti e disumani di carnefici (tanti anche gli italiani) che credono di potersi permettere tutto; di poter comperare tutto, anche il corpicino indifeso di un bambino e/o di una bambina, per soddisfare i propri istinti bestiali e feroci da persona poco persona umana e sempre più bestia feroce e violenta.
    Parlare di questo e tu lo sai fare molto bene, è un dovere di quell’informazione alla persona che ha come primo vero obiettivo quello della comunicazione autentica.
    Parlare di questo è importante; serve a scuotere le coscienze, messe come sono, a contatto con il dolore vero.
    Il dramma della violenza subita è, come tu dici, un dramma incancellabile; produce in chi lo produce, dolore, dolore vero, che il mondo deve conoscere; deve sapere, per non dimenticare.
    È importante raccontare, dando il giusto protagonismo alle vittime, assolutamente senza volto e senza nome, affinché non scompaiano dalla mente dei giusti.
    Giovanna amica mia, ti ringrazio per come intelligentemente hai presentato a chi ti legge il vero dolore umano delle tante vittime della violenza inumana e dalla pedofilia in particolare.
    Non voglio contaminare il tuo pensiero aggiungendo parole inopportune e/o inutili commenti.
    Voglio chiudere queste mie riflessioni, un grido di dolore al vento, con la speranza che il vento non ne cancelli le parole, riportando il tuo pensiero, il tuo nobile, umano e solidale pensiero nei confronti di vittime innocenti che smarrite ricordano il male subito, il dolore vero così come patito.
    Come poter dimenticare questa tua lirica narrazione di una bambina violentata, ferita a morte dal suo carnefice, assolutamente inumano, bestiale e feroce?
    “Ci penserà la memoria a proteggerti dal peggio, tu immaginerai tutta la vita, ma misericordiosamente non saprai quanto davvero ti è stato fatto. È notte, non importa, il tuo corpo che è ora di nuovo tuo, urla dolore da ogni muscolo contratto: ci vuole un bagno caldo che lavi via la sensazione di sporco che quelle mani ti hanno lasciato sulla pelle anche dopo tanti anni ….”.
    se si è uomini dentro, come si fa a non poter immaginare?
    Grazie Giovanna, affettuosamente
    Giuseppe Lembo

  3. Nel leggere questi commenti, non mi vergogno di scrivere di essere profondamente toccata. Così come mi e’ accaduto nel leggere quelli suscitati dal mio scritto relativo alla violenza domestica. Nessun regalo mi e’ piú gradito ricevere di quello di essere chiamata amica, come ebbi modo di scrivere anni fa al carissimo Alfredo Varriale. Per cui sono onorata della considerazione che una Persona così colta e profonda quale e’ Giuseppe Lembo mi riserva, e ben volentieri accetto questa condivisione. Per giustizia cronologica rispondo e ringrazio per prima Margherita, per il commento e le osservazioni. Il fatto che un articolo susciti o meno commenti non credo sia un parametro su cui valutare l’impatto che determina, piú significativo casomai il verificare se viene , e dove, lincato. So bene di essere spesso scomoda sia per ció di cui scrivo sia per ció che scrivo, ma non mi preoccupo di questo perché ci metto la faccia liberamente, mi sento libera da qualsiasi condizionamento, l’unica cosa che temo sono gli umani limiti che probabilmente traspaiono piú di quanto vorrei. Caro Giuseppe, anche io passo volentieri al tu, pur sapendo di comunicare con uno studioso e scrittore di successo, sperando di non offenderti. Il semplice fatto che tu abbia voluto scrivere questo compendio al mio articolo mi rende meno ingrata una giornata per molti versi amara. Vedi, io tendo a interiorizzare molto le situazioni che mi colpiscono ed oggi casualmente ho avuto modo di vedere un piccolo frammento della trasmissione “L’ agora’” su Raitre, dedicata alle violenze nelle case di riposo. Per me una ferita aperta e mai chiusa, specialmente dopo aver curato con tanto scrupolo un progetto tutto dedicato alla prevenzione di questo tipo di abusi e essermelo visto annullato come spazzatura perché “non politicamente corretto” . Per la pedofilia e’ lo stesso: tanti ad indignarsi dopo, ma a prevenire? E’ passata da un pezzo l’ epoca in cui si credeva sufficiente mettere in guardia dagli sconosciuti, ora sappiamo che il pericolo e’ nascosto tra i conoscenti, se non addirittura dentro casa. Credo anche io che parlarne e parlarne serva. Sarebbe servito alla bimba di cui descrivo le emozioni? No, a lei no, ma forse ai suoi genitori si. Di certo al lei e’ servito leggere ció che ho scritto. Grazie Giuseppe, a me ha fatto tanto bene la tua condivisione.
    Con tanta riconoscenza.
    Giovanna

  4. Che articolo coinvolgente ed emozionante. Oggi che è la giornata del telefono azzurro ho trovato questo articolo. Una descrizione che stringe il cuore. Complimenti dottoressa Ganci, un’analisi perfetta che ha lasciato il segno.
    Wanda Mongai

  5. Grazie Signora Wanda. Onde evitare fraintendimenti, specifico che io non sono dottoressa in niente. Sono lieta che questo scritto sia stato apprezzato, soprattutto spero serva a qualcuno. A capire, a pensare, a parlare e, in alcuni casi, a tacere.
    Grazie per il commento.
    Cordialmente.
    g.

  6. Purtroppo me l’aspettavo. Abbiamo un sistema giuridico inadeguato al male commesso nei confronti dell’essere umano. Un tale individuo va chiuso e va dimenticato. Come si fa negli “States”. Non c’è recupero per simili persone. Le sue scuse finali sono state un inno all’ipocrisia.

  7. Questo è un articolo come pochi ne ho letti in vita mia. Denso, intenso. Coinvolgente in modo serrato. Sinceramente sono rimasto senza parole: ma davvero è questa la realtà? Non mi fraintenda, Giovanna Rezzoagli, non voglio mettere in dubbio ciò che scrive, ma lei descrive l’inferno.

  8. Gentile Signor Marco, Lei mi chiede se ciò che è narrato nell’articolo è reale. Ebbene sì, lo è. Non so cosa sia l’inferno, forse, posto che esista, prima o dopo lo scoprirò, ma credo che se lo vogliamo considerare un luogo pieno di tormenti, ebbene, chi ha ispirato l’articolo viva un inferno. Un inferno acuito dal non avere avuto giustizia e dalla consapevolezza di vivere in un mondo che non ha scrupolo per niente e nessuno.
    Grazie per il suo commento.
    Cordialmente.
    Giovanna Rezzoagli Ganci

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