Omicidio Parolisi: colpa anche del parroco?

Carlo Di Pietro

Il caso, purtroppo, è noto a tutti gli italiani e non solo; Parolisi, marito infedele, sembra aver ucciso la moglie Melania Rea, forse con la complicità di qualcuno e forse per motivi legati alla loro intimità che, come emerge dagli atti, lo stesso Parolisi aveva logorato e portato all’estremo: probabilmente fino all’omicidio. Non sta a me giudicare l’uomo o esprimere condanne penali, non mi permetterei mai e non mi compete, nondimeno è opportuno analizzare la vicenda, così come emerge dagli atti, per cercare di delineare la personalità di un individuo incline al vizio e manifestante comportamenti peccaminosi al di fuori di ogni tolleranza sia etica che cristiana. Dio è amore, Cristo è amore, questo nessuno lo mette in dubbio, ma è doveroso precisare che l’amore della Trinità si manifesta anche e soprattutto nella eterna giustizia che separerà empi da giusti. Parolisi, in attesa di giudizio umano, è al momento messo alla gogna perché accusato di omicidio, con l’aggravante che l’insano gesto ha causato la morte di sua moglie e, di conseguenza, ha distrutto la vita della propria innocente figlia, acuendo lo scandalo. Ma se non fosse stato indiziato di omicidio? Sicuramente il parere degli italiani, per la maggioranza battezzati e forse anche cresimati, sarebbe stato molto più mite e forse anche di solidarietà (parlo di parere e non di giudizio). Dagli atti, purtroppo, emerge che Parolisi fosse uomo molto vizioso, dedito al tradimento coniugale, a vessazioni frequenti a discapito della sfortunata consorte, a cattiverie di varia natura, alla menzogna plurima ed accertata, alla premeditazione in comportamenti seducenti e falsi (anche inquinando le prove); non ultimo emerge sempre dagli atti, che nel periodo intercorso fra la scomparsa di Melania Rea ed il ritrovamento del cadavere, lo stesso Parolisi – godereccio ed indifferente – chattava per ore ed ore con dei transessuali. Cosa si saranno detti? Gli inquirenti lo sanno benissimo ed alcune indiscrezioni sono state pubblicate. Come può un uomo, distrutto dall’apparente scomparsa della moglie, manifestare un così scarso senso dell’umana morale, chattando con dei trans invece di recarsi in Chiesa a pregare o di adottare comportamenti consoni all’accaduto? Parolisi, che ora cerca in tutti i modi di riscattare la sua immagine e invia lettere strappalacrime e ricche di amore, ha perso la sua occasione, sembra aver ucciso ma, ancor di più ha dato scandalo ed è un cattivo esempio da non imitare; colpevoli sono anche i suoi educatori, laici o religiosi, che non sono stati in grado di arginare il diavolo che è in lui. Un uomo battezzato, comunicato, cresimato e sposato, secondo il Codice di Diritto Canonico e secondo lo stesso Catechismo, dovrebbe aver seguito un percorso di fede e di preparazione agli impegni della vita. Sempre l’uomo e la donna sposati, come ci insegna la Chiesa, dovrebbero essere seguiti da un parroco o da un direttore spirituale, dovrebbero essere vicini ai Sacramenti e dovrebbero manifestare amore e non inclinazioni diaboliche incontrollate. Indegno, dunque, almeno chi ha concesso la cresima e chi ha sposato Parolisi che, salvo possessione diabolica, non può aver manifestato tutti questi vizi e questi peccati improvvisamente; la radice va analizzata a ritroso nel tempo e non trova alcuna giustificazione il religioso che ha osato affidare una donna buona come Melania Rea, nelle mani di una persona che sembra apparire come la sintesi di tutti i vizi. Chi li ha sposati o chi li aveva in parrocchia, a me sembra essere persona superficiale e affetto da “analfabetismo religioso”. E’ un mio parere, semplice, ma oggettiva constatazione. Queste cose accadono perché nell’attuale mondo secolarizzato, anche taluni uomini di Chiesa (non voglio giudicare ma constatare) dovrebbero cambiare “mestiere”, perché non si preoccupano più delle anime dei fedeli, bensì pensano ad altro, ovvero a quello che Benedetto XVI ha definito ultimamente “onde del mondo” o “mode del mondo”, proprio ammonendo i religiosi. In altri tempi, la storia insegna (chiedete ai genitori sessantenni o settantenni) che il parroco seguiva gli sposi, prima e dopo il matrimonio. In caso di problemi era il primo ad intervenire insieme al santo Carabiniere di turno e, salvo rari casi, era l’uomo santo e saggio che cercava di estirpare la piccola radice di male presente nella coppia, per evitare guai peggiori. Sempre in altri tempi (fino a circa 20 anni fa) anche ricevere la Confermazione o “Cresima” era un impegno importante, comportava un cammino di fede e circa 3 anni di studi presso la parrocchia; il cosiddetto studio del Catechismo che, in fin dei conti, formava il vero Catecumeno. Oggi, purtroppo, taluni religiosi “vendono la cresima” in sede stessa di matrimonio, perché senza la Confermazione non ci si può sposare! Parolisi insiste nel manifestare la sua innocenza e scrive lettere di amore; si sarà convertito, lo spero anche perché avrà un gran bisogno dell’amore e della misericordia di Dio; all’uopo è necessario dover citare anche Voltaire che era solito affermare: ” Gli uomini sbagliano; i grandi uomini ammettono di essersi sbagliati”. È suggestiva la sua distinzione tra uomini e grandi uomini: la linea di demarcazione che introduce nella grandezza è quella dell’umiltà, della franchezza, della modestia. Al contrario, l’alterigia e l’arroganza sono la linea di confine che ci porta nel territorio della piccineria, della meschinità, della grettezza. Certo, riconoscere di essersi sbagliati costa, è una frustata inflitta al proprio io, è una ferita sanguinante inferta all’orgoglio[1]. E’ celebre la definizione di S. Agostino (Contra Faustum, XXII, 27), il quale, volendo porre in rilievo la parte materiale del peccato, lo definì: «Dictum, factum vel concupitum contra legem æternam», ovvero «parole, opere o desideri contro la legge eterna». Qualsiasi atto contrario alla legge divina, considerato oggettivamente, costituisce peccato, ma soggettivamente la maggiore o minore imputabilità di esso a chi lo commette dipende da tre condizioni: 1. materia grave; 2. piena avvertenza dell’illiceità dell’atto (conoscenza di una legge che lo vieta); 3. perfetto e deliberato consenso della volontà. Vi sono alcuni peccati particolarmente gravi: tra questi vi sono quelli contro lo Spirito Santo, cioè opposti alla Grazia dello Spirito Santo; essi sono più difficilmente rimessi di altri, perché per loro natura escludono le disposizioni dell’anima che la rendono suscettibile della remissione. Essi sono: 1. disperazione della salvezza eterna; 2. presunzione di salvarsi senza merito; 3. impugnare la verità conosciuta; 4. invidia della grazia altrui; 5. ostinazione nei peccati; 6. impenitenza finale. Altra classe di peccati gravi sono quelli che gridano vendetta al cospetto di Dio per la loro straordinaria malizia: 1. omicidio volontario; 2. peccato carnale contro natura; 3. oppressione dei poveri; 4. defraudare della mercede gli operai. Secondo Pio XII, «il più grande peccato di oggi è che gli uomini hanno perduto il senso del peccato». Perduto o laicizzato: essi possono avere ancora il senso della colpa, un complesso di colpevolezza, ma non più il vero senso del peccato. Perciò bisogna ritrovare il vero senso di Dio e dell’uomo, della creatura davanti al suo Creatore; il peccato non è una semplice mancanza, una contravvenzione, un mancamento: è una ribellione a Dio stesso, è porre i beni transitori prima o al posto del Bene ultimo, che è Dio; anche la contrizione è ben altra dal semplice dispetto di aver compiuto qualcosa di irregolare. Bisogna tornare a concepire il peccato nel suo senso teologico di offesa a Dio, il che suppone una retta conoscenza della psicologia del peccatore e della sua vera responsabilità. I peccati, qualunque sia la loro gravità ed il loro numero, possono essere rimessi: 1. con il Battesimo, se l’individuo non è ancora battezzato e – se adulto – crede fermamente nella virtù dei Sacramenti; 2. con la Confessione sacramentale, a patto che esista vero pentimento dei propri peccati e ferma volontà di non più peccare; 3. con il Martirio per la fede.[2] Ma Parolisi e la povera Melania andavano in Chiesa? Si confessavano? Vivevano un vita santa, così come deve essere quella degli sposi? Se si, il parroco non ha colpe, diversamente il prete ha l’obbligo ed il dovere di seguire i suoi discepoli, anche a costo di andare a casa a citofonare! Se viene scacciato, seguendo le parole di Cristo, allora scuota la polvere dei propri sandali sull’uscio di casa e vada altrove, ma se non ha agito seguendo la missione evangelica e missionaria che è affidata ad ogni battezzato, maggiormente se religioso, ha peccato gravemente ed è moralmente colpevole di un fallimento matrimoniale, terminato come sembra con l’uxoricidio. Benedetto XVI, introducendo la Quaresima del 2012 ha detto: “la maggiore tentazione dell’uomo è rimuovere Dio”. San Giovanni della Croce, nelle sue indicazioni pastorali inviate per iscritto ad un religioso desideroso di apprendere, soleva affermare che “non combattere uno solo dei vizi, inevitabilmente porta con se ed aggrava anche tutti gli altri”. Queste mie considerazioni non vogliono essere un giudizio temerario od una condanna, né tantomeno ritengo di essere migliore di tanti altri poveri peccatori come me.