Il mio ricordo di Sandro Pertini

Aurelio Di Matteo

Dopo qualche mese sarei diventato sindaco di Andretta, il mio piccolo paese colpito dal terremoto del 1980. Ma le sue parole commosse, decise, piene di rabbia, ascoltate da semplice consigliere durante la immediata visita nei comuni terremotati dell’Alta Irpinia, mi furono di obiettivo e di criterio per tutti i dodici anni durante i quali guidai l’Amministrazione comunale. Erano parole dure ma ispirate alla solidarietà e, ricordando quello che era accaduto nel Belice, premonitrici di quanto sarebbe accaduto anche qui: “Chi è che ha speculato su questa disgrazia del Belice e, se vi è qualcuno che ha speculato, io chiedo se costui è in carcere, perché l’infamia maggiore, per me, è quella di speculare sulle disgrazie altrui..”. Rivolto ai cittadini, continuò: “…qui non c’entra la politica, qui c’entra la solidarietà umana. Tutte le italiane e gli italiani devono mobilitarsi per andare in aiuto ai loro fratelli colpiti da questa sciagura. Perché, credetemi, il modo migliore di ricordare i morti è quello di pensare ai vivi”. Sono parole che rifuggono dal politichese e dalle elucubrazioni professorali, insomma parole di una persona che parla come mamma lo ha fatto! Perché ricordo questi lontani anni, quell’esperienza e quelle semplici, limpide e pregnanti parole che hanno dato senso a un’esperienza e segnato positivamente tante personali rinunce? Perché in questi giorni (24 febbraio) cade il ventiduesimo anniversario della morte di Sandro Pertini e, almeno per me che lo sentii sempre come guida morale indipendentemente dalla comunanza politica, il suo ricordo e il suo esempio sarebbe bene che fossero presenti in questi tempi nei quali la politica è senza orizzonti e finalità, i governi asserviti al vile denaro di speculatori finanziari e tutti ricercano il proprio “particulare” all’ombra di mistificazioni pseudo tecniche o ideologicamente moralistiche. Disse di lui Indro Montanelli, di certo non sospettabile di piaggeria politica: Non è necessario essere socialisti per amare Pertini. Qualunque cosa egli dica o faccia odora di pulizia, di lealtà e di sincerità”. Erano queste sue doti che me lo fecero e me lo fanno ancora amare, averlo come esempio, additarlo come figura di politico da imitare. Purtroppo è quasi impossibile trovarne oggi un’altra, non dico alla pari, ma almeno similare. Ed è titolo emblematico (la politica delle mani pulite) quello dato al libro pubblicato circa un mese fa, che raccoglie i suoi discorsi più significativi, caratterizzati da pacatezza e sincerità, doti che oggi non solo non appartengono agli uomini politici, ma sono quasi unanimemente ritenuti segno di debolezza e di incompetenza politica. Dei precedenti anniversari non si è dato quasi menzione, né in sedi istituzionali né sui media, massimamente in quelli televisivi. Evidentemente il confronto con chi calca la scena politica attuale, dal più alto al più piccolo scranno, sarebbe devastante! Speriamo che a questo ventiduesimo anniversario sia dato il giusto risalto, magari ricordando a reti unificate queste sue parole: “Non c’è ragione al mondo che giustifichi la copertura di un disonesto, anche se deputato … me ne infischio del sistema, se dà ragione ai ladri”.  In altra sede, in modo sempre chiaro e senza tentennamenti: “L’uomo politico prima di tutto deve avere come comandamento questo: fare la politica con le mani pulite. Ecco perché sono intransigente verso i corrotti e verso i disonesti”. E quando ci fu la proposta di aumentare l’indennità ai parlamentari egli si rifiutò di firmarla con questa consapevole motivazione: “So che il mio modo di fare può essere irritante.. Ma come, dico io, in un momento grave come questo, quando il padre di famiglia torna a casa con la paga decurtata dall’inflazione … voi date quest’esempio di insensibilità?”. In questo momento di crisi morale e politica, ancor più grave di quella economica, sarebbe bene ricominciare da Sandro Pertini, che resta sempre il mio presidente.