Una norma piccola piccola

Angelo Cennamo

Carlo (nome di fantasia) lavora per una nota azienda di elettrodomestici. Con la moglie Livia e i suoi tre figli, abita nella casa che ha acquistato con grandi sacrifici, dopo aver contratto un mutuo ventennale. Carlo e Livia non navigano nell’oro, ma con oculatezza e senza sprechi, riescono a far fronte ai bisogni primari della loro famiglia, concedendosi di tanto in tanto anche qualche svago. Questo fino a quando, un giorno, Livia decide di separarsi dal marito. Carlo, che attribuisce la scelta della moglie ad una sua presunta relazione extraconiugale, non riesce ad accettare l’idea di doversi allontanare da lei e, benche’ sia conosciuto da tutti come una persona mite e pacifica, nel corso dell’ennesima lite, perde le staffe e colpisce Livia con un pugno. Livia lo denuncia per lesioni personali e si rivolge ad un avvocato per promuovere la causa di separazione. A seguito della condanna di lui, Livia riesce ad ottenere l’affido esclusivo dei figli, ad abitare nella casa coniugale e ad essere mantenuta dall’ex marito insieme alla prole. Carlo, infatti, che vorrebbe far addebitare la separazione alla moglie, non riesce a provare la relazione extraconiugale di lei, ne’ che la stessa infedelta’ sia stata il motivo essenziale della fine del suo matrimonio,cosi come prevede la giurisprudenza vigente. Morale della favola: Carlo, cornuto, perde il diritto di abitare nella casa che ha comprato da solo, e che dovra’ continuare a pagare, la potesta’ genitoriale sui figli, che puo’ vedere solo quattro ore alla settimana e in presenza di un assistente sociale, e viene obbligato a mantenere la sua ex moglie (che non vuole più vivere con lui ma non disdegna di ricevere il suo denaro) e i suoi tre bambini. Oggi Carlo vive con soli 500 euro al mese. Dorme in un ostello, mangia alla meglio (spesso alla mensa della caritas) e si muove a piedi, non potendo più permettersi l’automobile. Di storie come la sua l’Italia ne e’ piena; sono storie silenziose, spaccati di vita che disturbano, forse, il cliche’ della famiglia vip da rivista patinata. Piccoli drammi familiari dove la poverta’ improvvisa e la simultanea perdita degli affetti si sommano in una miscela talvolta esplosiva. Cosa puo’ fare la politica per evitare simili sciagure? Molto poco: il divorzio, nonostante tutto, e’ una conquista sociale dalla quale non e’ possibile recedere. Basterebbe pero’ introdurre nel codice civile una sola norma per ristabilire, se non altro, un po’ di equita’ nella legislazione divorzista, maturata nel corso di una stagione oramai archiviata e superata dalla storia più recente. Una norma piccola piccola, di un solo rigo, che reciti più o meno cosi : “Il coniuge richiedente la separazione personale non ha diritto al mantenimento”. Ci arriveremo mai? Se la smettessimo di ragionare solo di spread e di evasione fiscale, puo’ anche darsi.

8 pensieri su “Una norma piccola piccola

  1. @Angelo:

    una che ha tre figli riesce a trovare il tempo per una relazione extraconiugale? Complimenti!

  2. @Angelo:

    avevo capito che c’entrassi qualcosa direttamente. Ma mi stupivo non tanto perché non ritenessi reale il racconto, quanto perché mi è parso incredibile che una donna con una famiglia così numerosa a cui badare riuscisse a ritagliarsi del tempo per cornificare il marito. Però è anche vero che, al di là delle norme da cambiare, il pugno nella storia ha un suo peso innegabile.

    Quanto al mantenimento, se la norma fosse applicata come dici, in che modo una persona che non lavora potrebbe mai uscire da un matrimonio fallimentare, magari condito di botte come, o anche molto peggio, di questo? Mi spiego: se io non ho niente, dipendo da mio marito che mi mena, se me ne vado, non finisco in mezzo ad una strada? Mi devo tenere mio marito perché mi mantiene?

    Io adesso di legge non ne capisco, ma si potrebbe trovare una via di mezzo tra l’assenza del mantenimento e la clamorosa sproporzione che riporti nel tuo articolo?

  3. “Il coniuge richiedente la separazione personale non ha diritto al mantenimento”.
    Caro Avvocato, nella mia separazione (giudiziale) ho visto i sorci verdi nonostante l’ex coniuge fosse proprietario esclusivo di un A8. Sarei portato a darle ragione in pieno (io non avevo neppure un luogo dove dormire). Eppure non capisco la “ratio” di una norma che è condivisibile sul piano giurisprudenziale ma non su quello giuridico. Su quale “principio” del diritto farebbe discendere questa norma? Piuttosto sarebbe più efficace stabilire un mantenimento a termine, così il coniuge fedifrago e magari sfaticato si darebbe da fare per prendersi un lavoro (anche umile) per campare.
    Mi comlimento in ogni caso per il suo articolo e non stento a credere alla storia in ogni suo dettaglio.

  4. è reale, e non sempre giustificata, una sorta di discriminazione di genere che comporta di fatto una maggiore penalizzazione dei padri rispetto alle madri. è il frutto velenoso di anni femminismo che si sono tradotti in una sorta di discriminazione al contrario. e questo avviene senza nessuna giusta ponderazione nelle sentenze di separazione e affidamento dei figli.
    però caro angelo la postilla che proponi mi pare una specie di gabbia dissuasiva.
    insomma pur essendo convinto che quello che ci hai raccontato corrisponda a episodi reali credo che in Italia la parte debole nel menage familiare siano le donne.

  5. Semplicemente, non trovo accettabile che uno dei coniugi possa dire all’altro : non voglio più stare con te, ma voglio campare con i tuoi soldi. Ma è solo una mia opinione personale.

  6. @Angelo:

    Angelo, ma guarda che a volte è l’uomo che non vede di buon occhio il fatto che la donna lavori: personalmente ne conosco tanti, e quasi tutti, per giustificare la situazione, accampano la scusa che la donna deve allevare i figli, governare la casa, fare la spesa e simili. Insomma, tutto tranne lavorare. Ora, messa in questa condizione (o per colpa sua o per colpa del marito), una donna potrebbe essere economicamente debole e non avere il coraggio di abbandonare il tetto coniugale. E’ la sola forza economica del marito a poter far rimanere una donna in casa con il marito? E una donna che ha “solo” allevato figli e governato la casa, in cosa potrebbe essere collocabile senza nessuna esperienza precisa su nulla? Si deve tenere uno che la mena perché non può permettersi di lasciarlo? Io lo trovo un po’ ingiusto, come pure trovo ingiusta la situazione che descrivi nel tuo post.

    Una curiosità: ma tu hai informato la signora che la vostra azione legale avrebbe disintegrato il marito? E lei era contenta?

  7. Caro Billy, quando una donna ( o un uomo) decide di separarsi, non c’è fallimento altrui che tenga.

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