L’importanza della comprensione tra medico e paziente

Giovanna Rezzoagli

Finalmente, è il caso di dirlo, anche in Italia ci si comincia a porre il tema dell’importanza del rapporto tra medico e paziente. Di più: ci si interroga su quanto sia fondamentale la comprensione tra medico e paziente. Non si parla solo di comprensione verbale, che comunque è bene non dare mai per scontata, ma soprattutto di comprensione emozionale. Uno dei tanti risvolti della comunicazione empatica che tanto è utile nei rapporti umani. I medici italiani non seguono alcun tipo di preparazione, la loro capacità di empatizzare è strettamente connessa con le loro qualità umane. Solo recentemente la Commissione Nazionale per la Formazione Medica Continua ha inserito negli obiettivi da conseguire quello di “umanizzare” il rapporto medico-paziente. Studi clinici effettuati negli U.S.A. hanno dimostrato che un paziente cui venga spiegata in termini chiari e semplici la patologia di cui soffre e in dettaglio la terapia cui dovrà sottoporsi, consegue circa il 30% di risultati favorevoli, sia in termini di prognosi che di guarigione. Non è solo l’annoso problema di un eccessivo ricorso a termini troppo specialistici  nella stesura di referti medici o, peggio, alla compilazione degli stessi in scrittura corsiva, a rendere difficile l’approccio di molti malati verso la patologia di cui sono affetti. Un medico che si dimostri frettoloso o distante oggettivamente incute un senso di soggezione nel paziente, il quale, sempre più spesso, ricorre alla rete per reperire informazioni su patologie e farmaci, con tutti i rischi che l’informazione non soggetta a controllo comporta. Come si valuta la capacità di comprensione di un dottore? Sarà anche banale, ma in genere un buon parametro è dato dal tempo che dedica alla visita di un paziente. In questo senso le tanto detestate code in ambulatorio sono molto positive. Poi è importante osservare la disponibilità a chiarire piccoli dubbi telefonicamente o online, anche fuori orario di lavoro, e se, al contrario, risponde a chiamate personali durante la visita. Il paziente ha tutti i diritti di porre quesiti circa il proprio stato di salute, il medico ha il dovere di rispondere, ma ha anche l’obbligo, perlomeno morale, di non far sentire in imbarazzo un malato che pone una domanda particolarmente ingenua. Già, perché quando si sta male, o si vede soffrire un proprio caro, il banale diventa fondamentale. Viceversa, quando tutti i giorni ci si deve confrontare con la sofferenza, diventa quasi un’abitudine considerare i pazienti  prevalentemente come casi clinici, e non soprattutto persone. La malasanità si origina anche da tutto questo, e non solo da oggettive mancanze di preparazione e da errori umani. Da quando esistono i corsi in Medicina a numero chiuso, il problema del nepotismo e delle raccomandazioni si è imposto in modo molto incisivo. I frutti si raccolgono ora. Anziché selezionare i candidati più idonei, passano attraverso le maglie dei test, dai buchi più o meno larghi a seconda del caso, innanzitutto coloro “che devono passare”, poi gli altri. Senza dimenticare che i quesiti posti sono spesso assurdi, basti pensare alla famosa domanda “Che cos’è la grattachecca?”. Cosa valuta un simile test? La motivazione no davvero, la cultura generale forse per un corso di cucina. Italico mistero, di cui faranno le spese gli italici pazienti tra una decina di anni. Poiché ciascuno di noi deve confrontarsi prima o poi con problematiche relative alla salute, non è forse saggio riflettere (anche) su questi argomenti che non sono banali come in molti vorrebbero lasciar credere?

  

2 pensieri su “L’importanza della comprensione tra medico e paziente

  1. Che fare a quel medico che ti dice che tuo figlio, sulla base di una TAC e della sua esperienza ti diagnostica crudemente e con impassibilità professionale che tuo figlio in capo a tre-quattro mesi sarà in una cassa? Non è la diagnosi (magari fortunatamente sbagliata) ma la supponenza poco scientifica e stroncante che rende diffidente la sottoscritta. Si accede a Medicina corrompendo per 150 posti e lasciando al resto gli ultimi 50 posti. Nessuno si è pposto il problema: “cosa spinge costei/costui a iscriversi a Medicina?”. Altre facoltà hanno invece il numero aperto perché rischiano la chiusaura e fabbricano solo illusioni. Fare il medico ieri come oggi presuppone, a mio parere, più autentica motivazione che conoscenze sciocche come la domanda sulla “grattachecca”.
    Grazie per questo articolo. Gradisca i miei più cari saluti,
    Elisa

  2. Elisa, grazie a Lei per il suo commento. Io sono in perfetto accordo con lei su quanto attiene alla motivazione. Sono tanti i giovani che decidono di iscriversi a medicina per seguire tradizioni di famiglia ( e ci riescono, ad essere ammessi, non ci sono problemi), altri spinti da ragioni economiche o di status sociale. Ma quanti pensano alle persone il cui destino dipenderà da loro? Ecco, su questo dovrebbero vertere i test di ammissione a medicina. Sul problema, gravissimo, degli errori in pratica medica, è opportuno ricordare che la medicina non è una scienza esatta e che purtroppo l’errore umano è possibile. Tuttavia è bene non dimenticare che il medico è tenuto al costante rispetto del paziente, e che il momento in cui si comunica una diagnosi infausta è terribile per il paziente e per i propri cari. Io ricordo con un rancore sordo e profondo, che dopo 15 anni non si stempera, una primario di neonatologia che senza avere il minimo dubbio diagnosticò a mio figlio un’idrocefalia quando aveva tre mesi, il tutto dopo averlo sollevato per un piedino e scrollato come un fazzoletto. Lo portammo subito all’ospedale “Giannina Gaslini”, dove venne sottoposto a tutti gli accertamenti del caso e dimesso dopo poche ore con un referto che parlava di “neonato in perfette condizioni di salute”. Superfluo che sottolinei che la primario non volle ricevermi e delegò un altro dottore per ritirare il referto. Altri genitori non avranno avuto la nostra fortuna di vedere rinnegata una diagnosi, ma posso assicurare che il trauma provocato dall’atteggiamento di arroganza e sicurezza di quella dotoressa non lo ho ancora superato. Si può far male in tanti modi, con le parole e la propria ignoranza, su questo occorre riflettere sempre…
    Cordialmente
    giovanna rezzoagli

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