Che cos’è la psicologia umanistica?
La psicologia umanistica, così definita dallo psicologo statunitense A. H. Maslow (1908 – 1970) nel 1962, si pone come “terza via” tra la psicoanalisi e il comporatamentismo positivista. Invece che sulle pulsioni e sui conflitti consci e inconsci tra Es, Io e Super-io, infatti, si concentra sui bisogni coscienti, sulle emozioni e sulle modalità relazionali e comunicative tra le persone. Secondo questo orientamento è possibile evitare le false credenze, gli autoinganni e le rappresentazioni irrealistiche del proprio Sé attraverso un serio lavoro di autoanalisi finalizzato al riconoscimento delle reali motivazioni che orientano le nostre scelte. Acquisire la consapevolezza della propria identità significa anche migliorare la qualità della nostra vita di relazione e soprattutto raggiungere l’autorealizzazione, che è il fine a cui tende la dinamica psichica di ogni essere umano. La psicologia umanistica prende anche le distanze dal comportamentismo positivista di Watson e di Skinner, che riduce drasticamente e arbitrariamente l’indagine psicologica ai soli fenomeni osservabili dall’esterno. Nel Manifesto della Associazione per la Psicologia Umanistica, di Maslow, Rogers e altri del 1962, vengono indicati alcuni principi fondamentali: 1. Il soggetto primario della psicoterapia è la persona, considerata nella sua totalità, i suoi strumenti di indagine sono l’esperienza e la comprensione empatica. 2. Nel rifiutare una concezione meccanicista e determinista della psiche, la psicologia umanistica valorizza l’unicità di ogni persona, le cui motivazioni derivano da fattori non quantificabili, come il bisogno di sapere, la creatività, la qualità delle relazioni e il bisogno di autorealizzazione. 3. Valorizzazione della dignità inalienabile di ogni persona e delle sue potenzialità latenti. Un testo fondamentale della psicologia umanistica è Motivazione e personalità del 1954. In quest’opera Maslow distingue ed elabora una gerarchia deli bisogni umani che, partendo dai più elementari e materiali giunge a quelli superiori; nel noto schema piramidale. Nella sua prima versione sono cinque: fisiologici, di sicurezza e protezione, di amore e appartenenza, di stima e valorizzazione, di autorealizzzazione. In un momento successivo (1971) aggiunse i bisogni cognitivi e quelli estetici, al quinto e sesto livello, mentre il bisogno di autorealizzazione saliva al settimo; a quest’ultimo si sovrappose, infine, il bisogno di autotrascendenza, cioè di dare un senso complessivo a tutta la vita. Un’altra caratteristica della psicologia umanistica è la definizione di “salute” e di “malattia”. Per Rogers (cfr. La terapia centrata sul cliente, 1951), come per Maslow, il soggetto sano non è quello semplicemente adattato, ma colui che raggiunge la propria autorealizzazione, cioè colui che prende progressivamente coscienza delle sue capacità e dei suoi reali limiti, diventando quello che veramente è. D’altronde, si chiede Maslow, essere ammalati significa solo accusare dei sintomi? La malattia potrebbe invece consistere nel non accusare sintomi quando sarebbe il caso di farlo. E la salute consisterebbe nell’assenza di sintomi? L’indifferenza e l’imperturbabilità sono forse sintomi di buona salute? I bisogni frustrati e la mancata realizzazione sono, per la psicologia umanistica, all’origine della nevrosi d’ansia. Sempre in Motivazione e personalità Maslow descrive alcuni tratti che connotano i soggetti “sani” , cioè in via di autorealizzazione: accurata percezione dei dati di realtà, superamento delle difese patologiche, immediatezza, naturalezza, capacità di distacco e autonomia rispetto all’ambiente di appartenenza, intelletto critico e creativo, disponibilità e atteggiamenti aperti e collaborativi. Lo scopo primario della psicoterapia umanistica è quindi l’integrazione delle varie componenti della personalità, o di quello che Donald Winnicott chiama il Vero Sé. Secondo Winnicott il bambino nasce con tutte le potenzialità innate per la costruzione del suo autentico Sé; ma perché questo si realizzi ci vogliono condizioni favorevoli, come per la crescita e la fioritura di una pianta; inoltre, fin dalla nascita il bambino è destinatario di aspettative e di attribuzioni da parte dei genitori (o di chi ne fa le veci). Se queste aspettatve e attribuzioni sono molto rigide o eccessive, le naturali potenzialità del bambino vengono represse, e se continuano a essere represse negli anni il bambino si costruirà un Falso Sé, cioè una maschera e un abito non suo, che crede di dover indossare per non perdere l’amore e la stima dei genitori (o di chi ne farà le veci), e così facendo sacrificherà il suo Vero Sé, il solo per cui era venuto al mondo, e dovrà faticare non poco se vorrà ritrovare se stesso. Analoga a quella di Winnicott è la concezione innatistica di Rogers: “Gli individui hanno in se stessi ampie risorse per auto-comprendersi e per modificare il loro concetto di sé, gli atteggiamenti di base e gli orientamenti comportamentali. Queste risorse possono emergere quando può essere fornito loro un clima definibile di atteggiamenti psicologici facilitanti.” (Un modo di essere, 1980) Come dire che anche la più bella e sana delle piante, senz’aria, senz’acqua e senza luce inaridisce e muore.