L’opposizione che non c’è

Angelo Cennamo

L’avversione, talvolta legittima, che il centro sinistra ha maturato negli ultimi 18 anni per il politico Silvio Berlusconi, oltre che per l’uomo, ha vissuto nell’ultimo anno almeno tre momenti di piacevole tensione. Il primo risale al 14 dicembre del 2010, allorquando lo strappo dei finiani sembrava potesse essere foriero di buone novità per le sorti di Palazzo Chigi. Ma la mancata spallata che avevano ordito le forze di centro sinistra – alle quali si aggiunse il nuovo gruppo dei dissidenti – per effetto della più clamorosa eterogenesi dei fini, piuttosto che abbattere il Cavaliere e il suo governo, diede inizio ad un lento ma costante logoramento proprio di Futuro e Libertà, trasformando quel partito da un potenziale raggruppamento alternativo alla destra berlusconiana in una pattuglia di pochi e disorientati parlamentari, spinti alla scissione forse più per ragioni di lealtà e di amicizia nei confronti del presidente della camera che dalle altre motivazioni poi manifestate ai media. Eppure l’operazione “Cavallo di Troia” era stata ben congegnata. La sinistra era riuscita a blandire la figura di Gianfranco Fini al punto da rimodularla in quella di uno statista bipartisan o, nella peggiore delle previsioni, in una sorta di nuova icona della destra legalitaria ed europeista. Così scrivevano i giornali in quei giorni di vana speranza. Dopo anni ed anni di delfinaggio, Fini era diventato l’unico vero oppositore del premier, e il suo ripetitivo e stucchevole controcanto rispetto alle uscite del presidente del consiglio il gesto politico più apprezzato di tutta la sua carriera. Da “fascista”, l’ex leader di An, si era trasformato nell’immaginario collettivo della sinistra più radical chic in un modello della nuova politica liberale e libertaria. Ma le coccole non sono durate a lungo, e quei momenti magici di adulazioni strumentali e di speculativi ammiccamenti si sono risolti ben presto in una mesta indifferenza. Il secondo momento di vanagloria la sinistra lo ha assaporato il 14 ottobre scorso. Due giorni prima la maggioranza era scivolata per un solo voto sull’approvazione del rendiconto di bilancio. Il flop marchiano nel quale era incorso il governo suggeriva un nuovo voto di fiducia che sgomberasse il campo da possibili equivoci circa l’effettiva tenuta dell’esecutivo. Le dichiarazioni e le voci riguardo a possibili defezioni di alcuni pidiellini e di altri responsabili avevano reso la votazione molto incerta fino all’ultimo. I parlamentari Scajola e Pisanu, infatti, si erano resi protagonisti di una fronda interna al Pdl che chiedeva neppure tanto velatamente un passo indietro del premier per puntellare la maggioranza con nuovi ingressi ed una nuova leadership. Ma tutto questo non è bastato per sfiduciare il governo, che ha ottenuto così la cinquantunesima fiducia dall’inizio della legislatura. E veniamo ai fatti recenti, ovvero al vertice del 26 ottobre a Bruxelles. Dopo ore concitate e polemiche roventissime, acuite oltremodo da quel sorrisetto mefistofelico di Sarkozy in conferenza stampa con Angela Mekel, il premier ha raggiunto gli altri capi di Stato per snocciolare i tempi e i modi con i quali intenderà realizzare le riforme imposte dalla Bce per scongiurare un futuribile default. Alla vigilia dell’incontro la sopravvivenza politica di Berlusconi e della sua maggioranza poteva ritenersi appesa ad un filo, tanto per usare la più eufemistica delle espressioni. L’Unione europea aveva dato al presidente del consiglio poco più di 72 ore per abbozzare una road map credibile e risolutiva della grave condizione debitoria alla quale è tutt’ora è esposta l’Italia. E se la manovra da 60 miliardi varata la scorsa estate era riuscita a garantire una buona tenuta dei conti in vista del pareggio di bilancio, ciononostante, una più approfondita stima dei numeri rischiava di compromettere comunque l’affidabilità del nostro governo sui mercati internazionali. Berlusconi si è presentato a Bruxelles con un lettera di intenti di 15 pagine. Ha elencato e predisposto i tempi di intervento così come richiesti dai vertici dell’Unione ed il risultato è stato apprezzato da tutti : dall’Europa, dai mercati, da Confindustria, e dal presidente della Repubblica. Ma non dalla sinistra, la quale ha già annunciato che scenderà in piazza con la Fiom e la Cgil per scioperare contro “la libertà di licenziamento”. Molto strano, dal momento le stesse forze di opposizione, fino a poche ore prima, avevano pressato il governo affinchè desse delle risposte concrete alle richieste insistenti dei vertici europei. E’ evidente che Bersani e compagni fossero più che convinti che a Bruxelles si sarebbe celebrato il funerale politico di Berlusconi, e già assaporavano quel clima da “day after” che li avrebbe condotti verso nuovi scenari, sia pure con molte altre incognite. Il Cav però, tra mille insidie e lo stupore generale, è riuscito a ribaltare il tavolo. Ed ora l’unico scenario possibile è il seguente : la Bce fissa le riforme da attuare, il governo le recepisce con una road map dettagliata nei modi e nei tempi, il parlamento le vota. Lo scherma che ne viene fuori è dunque di facile lettura : La destra è con l’Europa, la sinistra invece? 

 

4 pensieri su “L’opposizione che non c’è

  1. Viva Berlusconi e la destra
    Unica salvezza d’Europa e d’Italia
    Luogo di chiarezza e raziocino
    Fonte di scelte di benessere
    Viva Arcore e Palazzo Grazioli
    luoghi di illuminazione democratica
    fucine di talenti e geni
    Viva il Pdl, vivva tutti noi
    immagine trasposta dell’unto benefattore
    Viva Cennamo, cantore delle gesta del superuomo
    fedele ricostruttore della fantastica storia italiana degli utlimi venti anni.

    Viva l’Italia, viva la destra, viva il benessere, viva il telecomando

  2. Una sola annotazione : quando ho scritto l’articolo, l’indomani del vertice, le borse (quella di Milano compresa) avevano reagito positivamente. Da qualche giorno, invece, il trend sembra essere nuovamente in discesa. Ma non è questo il punto, lo dico all’amico Smarigli e agli altri lettori. La questione è il metodo da seguire per uscire dal tunnel. Il metodo ( potrà non piacere) è uno solo, quello indicato dalla Bce. Berlusconi ha avallato quel piano e fissato delle scadenze. Le rispetterà? Tutti noi dovremmo augurarci di sì, simpatizzanti di destra e simpatizzanti di sinistra.
    Caro Smarigli, l’intervento della Bce sulla nostra economia io lo registro come un fatto positivo. La Bce è il Berlusconi che non abbiamo ancora visto, quello del ’94. Queste due entità si sovrappongono. Ora il premier non può più sottrarsi a quel programma ( la tanto decantata rivoluzione liberale). Ora non potrà più eccepire i veti di Fini, di Casini, di Tremonti, dei sindacati e dei magistrati. Ora c’è un Berlusconi più grande di lui che da Francoforte e da Bruxelles ci guarda dall’alto e ci costringe ad essere liberali, senza se e senza ma.

  3. un film a me caro, e che tutte le volte che lo guardo mi diverte, è “i soliti ignoti”. emblematico è il finale quando i protagonisti si accontentano di un piatto di pasta e fagioli. allo stesso modo fai tu caro amico angelo, cennamo, dopo che te la sei cantata e suonata tutti gi giorni sulle capacità taumaturgiche di questo governo e dei suoi leader e di come le grandi realizzazioni riformistiche ci avevano portato fuori dal casino. e di come solo l’invidia e lo stile da vecchia politica, volta alla congiura e al discredito della nazione, dell’opposizione non potesse essere una reale alternativa e che per questo si dovesse perdonare tutte le marachelle, malefatte e pruriti del notro premier in quanto unico serio approdo nella tempesta mondiale.
    oggi che tutto quello che ci hai raccontato, e in cui hai creduto, si sta rilevando falso. oggi che si sta dimostrando che hai buttato via tre anni di fiducia malriposta. oggi che ci ridono/deridono, nemmeno dietro, davanti ad una platea planetaria. oggi che ci dicono che non si fidano di “noi” e che il problema è un governo e una persona (dio mio personcina, piccina ma molto ingrifata)un individuo a capo del governo, perchè mentre tu lo consideri un mattacchione loro, quelli che per colpa di questo governo ci comandano, lo considerano un imbroglione. oggi tu ci dici che questo governo ha scampato una serie di agguati che sono andati falliti solo per le capacità mercantili del nostro petit premier e che per questo dobbiamo stare tranquilli che questo governo andrà fino alla fine della legislatura.
    ebbene dottor angelo cennamo che altro deve accadere per farti aprire gli occhi e anche tu, come me, non ti auguri una fine precipitosa e fulminea di questa accozzaglia improvvisata e incapace di governanti che ci stanno portanto letteralmente alla rovina. oppure a te ti piace essere comandato a bacchetta da tedeschi e francesi?
    per tua semplice informazione il peggior diliberto si dimostrerebbe cento volte più capace delmiglior berlusconi, ormai è un’evidenza un assunto politico planetario che berlusconi è incapace di governare l’Italia ed è anche poco serio!

  4. @Angelo:

    purtroppo, temo che l’unico tavolo da ribaltare sia quello europeo, nel senso che le ricette della BCE restano le (anche un po’ disumane) ricette di una banca: dunque, la politica in Europa sembrerebbe contare meno della BCE, che alla fine darà anche le ricette, ma non ha in mente i bisogni delle persone e non ha interesse a capire le sfumature. La BCE si serve di ricette standard, comunemente applicate anche dai singoli paesi.

    Detto ciò: anche in Germania e in Francia hanno sindacati forti, eppure non mi sembra che siano meno competitivi di noi (e i lavoratori magari godono di diritti e benefici superiori a quelli di cui godono i nostri lavoratori).

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