Conosciamo i Balega (Congo Rd): poligamia

  Padre Oliviero Ferro

La poligamia era praticata da tutte le popolazioni Bantù, fin dai tempi più remoti. Particolare sviluppo ebbe dal tempo delle invasioni degli schiavisti arabi, sia per il loro esempio (tutti i capi arabi erano poligami), al quale furono molto sensibili i capi locali che vedevano nella poligamia un modo per mettersi sul medesimo piano dei loro invasori, sia per soddisfare il bisogno di difesa della tribù decimata dalle razzie di schiavi. Presso la tribù Lega, calata in questo contesto, la poligamia era molto sentita e praticata. Tale pratica era giustificata da parecchie ragioni. Il primo scopo della poligamia era quello di dare origine ad una numerosa posterità, alla quale la tribù Lega era molto sensibile. Per il maschio era una legge il continuare a generare finchè ne aveva la possibilità. Non farlo avrebbe significato sprecare una ricchezza di cui avrebbe dovuto rendere conto alla tribù, attraverso il clan. Quando la donna giunge all’età della menopausa, l’uomo,avendone le possibilità, -(possibilità che non tutti hanno, in quanto per ogni donna occorre versare una dote), deve prendere una seconda moglie, che si mette alle dirette dipendenze della prima. Per tradizione, è la prima moglie che spingeva il marito a guardarsi in giro e prendere altre mogli. Un altro motivo a favore della poligamia è la legge ferrea che l’uomo non possa avvicinarsi alla sua donna dal momento in cui questa rimane incinta fino al termine dell’allattamento del neonato: due anni circa. Non potendo sfogarsi con altre donne con le quali non abbia un legame matrimoniale, procede a sposare una seconda donna, con tutti i crismi della legalità. Un altro motivo è il desiderio di sfoggiare prestigio e ricchezza: per i capi essere poligamo è come un corollario. Il re Longangi  gi Kitutu , un vero patriarca di giustizia e di bontà, era giunto ad avere un’ottantina di mogli. Quello è il segno più evidente del suo essere un gran capo. Avere più di una moglie permetteva all’uomo di avere più manodopera possibile, a buon mercato, attraverso la quale incrementare i propri campi e aumentare il proprio benessere e la propria ricchezza. Tutti questi erano motivi indiscutibilmente validi per avallare il costume della poligamia fra queste popolazioni. Non dimentichiamo i patriarchi della Bibbia (Abramo….) Ciò che poteva impedire ad un uomo di avere più mogli era la mancanza di mezzi. Avere più donne è come avere più campi in cui seminare il proprio seme: i frutti sarebbero stati senz’altro di più! Non tutte le mogli sono sul medesimo piano: tra di loro c’era una grande differenza. La prima, detta kilangà,la grande moglie, è per il marito come una sorella, come una madre. E’ lei a ricevere tutte le altre che la seguiranno. Lei sarà la madre di tutte. Quando le altre mogli generano bambini, solo la grande moglie, la prima, ne diventava la custode. La seconda, la terza vanno ai campi, mentre lei rimane a casa a curare e educare i bambini. Lei è come la madre di suo marito e dà a ciascuna delle altre il proprio posto in casa. La kilangà è l’amata, la grande madre, la signora, colei che merita fiducia, ha dunque tutti i diritti sull’uomo e tutte le altre sono come sue figlie e sono chiamate babènge, le non meritevoli di fiducia. Quando il marito deve recarsi in viaggio è la kilangà che dà tutti i consigli e prepara da mangiare. Dopo aver preparato tutto, sarà lei a comunicare alle altre che il marito parte per un viaggio e che lei l’accompagnerà. La kilangà è la responsabile di tutto, in casa e fuori. Qualora questa sia ammalata o comunque impossibilitata ad accompagnare il marito, è la seconda ad essere scelta a tale scopo. Una volta di ritorno, questa non dimenticherà di portare un dono alla kilangà che si riunirà con tutte le altre per gioirne insieme con un bel pasto. La prima moglie, data la sua età e la sua esperienza, diventa come una scuola per le altre. Quando il figlio della prima moglie si prende la sua donna, quella tua prima moglie diventa in automatico tua madre e non più tua moglie: non è più tua moglie e anche se per necessità condividete il medesimo letto, non puoi avere contatti con lei. Tale moglie allora diventa la kalangà, la guida, delle altre sue sorelle perché tutto proceda nella concordia e il comune signore sia veramente soddisfatto e contento. E’ la prima moglie a custodire tutti i beni del marito. Anche la dote ricevuta per le figlie delle altre mogli viene conservata dalla prima, la quale, a sua volta, la dividerà con le altre “sorelle”.  Molti poligami sono divenuti tali attraverso una certa eredità, detta kyana o kupyana: se tuo fratello muore e lascia la moglie con figli, questa entra nella casa del fratello divenendo così, senza altre formalità, sua seconda moglie. Se poi questa è ancora giovane, sarà suo diritto procreare, presso il nuovo marito (cfr. legge del levirato presso gli Ebrei), quanti figli le sarà dato di generare. Altri diventavano poligami attraverso un’altra pratica abbastanza diffusa tempo fa, chiamata kubandà. Non tutti, contratti i debiti, avevano la possibilità di pagarli; alorra si impegnava una figlia, anche appena nata o ancora nel seno materno, sicchè quest’ultima apparteneva al creditore fino a che il padre non avesse trovato la possibilità di pagare…in molti casi, per sempre. Ciò avveniva pure per avere il necessario per pagare la dote: si impegnava tale bambina e si riceveva in cambio parte della dote o mezzi di sussistenza.