Credere alla Padania

Angelo Cennamo

La notte del 5 gennaio del 1975 avevo 7 anni, e come ero solito fare in quella ricorrenza, mi nascosi in corridoio nella speranza di sorprendere la befana che mi portava i doni, gli stessi che avevo indicato un mese prima in una lettera, premurosamente affrancata, imbustata e indirizzata a “Viale del paradiso n. 1”. Quella notte, però, le cose andarono diversamente : a posizionare dietro la porta d’ingresso lo scatolone con la tastiera Bontempi ( giocattolo molto in voga in quegli anni) non fu la simpatica vecchietta con la scopa, ma un signore in pigiama che, con passo felpato, si prestò silenziosamente e goffamente all’operazione sorpresa. Quella notte fui colto da un amaro disincanto :  capii che la befana era mio padre. La premessa, insolitamente personale, mi serve per introdurre un argomento che con l’epifania ha delle analogie: la Padania, ovvero quella vasta area geografica del nord Italia che si estende oltre la linea del Po e che gli elettori della Lega considerano la loro vera patria. Quella regione così identificata, come sanno anche gli scolaretti di prima elementare, non esiste, benchè io continui a scriverne il nome con la “P” maiuscola. Eppure i leghisti si ostinano a certificarne l’identità attraverso festival folcloristici, manifestazione culinarie e gare sportive. Il giro della Padania, in questi giorni di fine estate, è stato l’evento più sentito tra i lumbard. Alla competizione, sostenuta e riconosciuta perfino dal Coni, hanno partecipato alcuni tra i ciclisti più noti del panorama professionistico. Lo svolgimento delle tappe, tuttavia, è stato costellato di incidenti e di contestazioni, spesso violente, organizzate da centri sociali e da altri simpatizzanti di sinistra, che, al grido di : “la Padania non esiste”, si sono intrufolati tra i corridori e le auto degli sponsores per boicottarne la riuscita. Veniamo ora al dunque : è lecito organizzare una gara ciclistica denominata “Giro della Padania”? Sì. Lo è anche menare i ciclisti o gli organizzatori, in nome di una presunta purezza identitaria violata e disconosciuta? No, non lo è. Credere nell’esistenza della Padania e festeggiare delle assurde ricorrenze di stampo celtico potrà sembrare alla stragrande maggioranza dei nostri connazionali una buffonata, o peggio un’offesa all’italica patria, ma non è certamente reato. Così come non si rischia la galera se la notte del 5 gennaio si decidesse di attendere invano l’arrivo di una nonnina ricurva e prodiga di regali, tanto per dare sfogo all’immaginazione e proiettarsi in una più benevola realtà virtuale. E allora lasciamo che i nostri amici leghisti continuino liberamente a coltivare il falso mito di Peter Pan, e asteniamoci da contestazioni villane e poco credibili, specialmente se attuate da chi il tricolore ha iniziato a sventolarlo solo da qualche anno.  

 

6 pensieri su “Credere alla Padania

  1. più della befana mi piace molto il collegamento a peter pan. ora a te indovinare chi è la fatina trilli. sai quella con la polvere magica….. se ci credi puoi volar, puoi volar, puoi volar… un aiutino è una fatina e una farfallina insieme…
    ridiamoci su

  2. @Angelo:

    intanto, sono ovviamente in totale disaccordo con i cretini (ché di cretini trattasi) che sono andati a regalare ulteriore visibilità ad un evento inutile come quello del giro in questione.

    Sul tricolore, però, vorrei dire una cosa: Veneziani la settimana scorsa diceva lo stesso che dici tu, se non erro su ‘Il Giornale’.

    Beh, ma allora si dovrebbe capire cosa ne ha fatto il centrodestra dello sventolamento del tricolore: chi è rimasto a sventolarlo? Tralasciando il lungo discorso sul “senso dello Stato”, Berlusconi invita un ricercato a stare fuori dal Paese, definisce il nostro paese “paese di merda” e definisce se stesso “premier a tempo perso”. La fronda di Fini va verso il centro, tra i mormorii del partito che ha fondato di recente. La destra di Veneziani sembrerebbe non avere i numeri per poter sventolare alcunché se non al proprio balcone in occasione di qualche partita. Bossi e compagni sventolano bandiere di altri paesi.

    Insomma, forse il centrosinistra e alcuni presidenti della Repubblica hanno preso a sventolare una bandiera che non interessa quasi più a nessuno: se non lo facessero almeno loro questo paese potrebbe tranquillamente essere sciolto e tornare allo stato di cose preunitario. 🙂

  3. Se la classe politica, tutta, di questo Paese avesse colto il disagio del nord che si è stufato di fare da traino all’economia nazionale mentre al sud si campa solo di pubblico impiego e di altre forme di assistenzialismo, la Lega non sarebbe mai nata.
    Se l’Italia si fermasse al Po, sarebbe tra i Paesi più ricchi e funzionali del mondo. Se poi vogliamo abbandonarci alla storia e ripescare le storie sul vecchio banco di Napoli, facciamolo pure.

    cennamo@tiscali.it

  4. @Angelo:

    Angelo, la Lega ha sicuramente un suo perché, ma alla Lega sfugge sempre che il Sud ha contribuito in maniera sostanziale alla crescita dell’economia del Nord del dopoguerra: quante persone del Sud hanno fatto la classica “valigia di cartone” e sono andate al Nord a fare qualunque tipo di lavoro pur di sopravvivere? Tante, se consideri che la FIAT a un certo punto è arrivata ad impiegare decine di migliaia di operai. E ovviamente non c’era solo la FIAT: la gente, non trovando nulla qui se n’è andata lì (gli indigeni lombardi, piemontesi e veneti non saranno stati il massimo della simpatia, ma sempre italiano parlavano e lo stipendio era garantito, e così il sostentamento delle famiglie).

    A questo va aggiunto un altro dato: e cioè il fatto che il mercato del Nord Italia siamo noi: a chi venderebbero pasta, automobili, merendine e quant’altro se non a noi? Ma tu davvero credi che un industriale di merendine lombarde farebbe volentieri a meno di raggiungere 2 milioni di consumatori napoletani (città+hinterland)? E credi che un austriaco gli comprerebbe così facilmente i suoi prodotti?

    Il Paese del Nord ricco e funzionale di cui parli è ricco e funzionale perché i morti di fame del Sud, anche quelli con i loro pubblici impieghi, acquistano i prodotti del ricco Nord quotidianamente. Se da domani da Roma in giù nessuno comprasse più nulla, il Nord dovrebbe cercare di capire di cosa vivere in futuro, a chi vendere (ai cinesi?) i propri prodotti, come fare, insomma, a fare a meno di un gigantesco mercato di milioni di consumatori del Sud che sono clienti abituali da oltre 60 anni. Come essere competitivi.

    Sul posto pubblico vorrei dire una cosa: il posto pubblico, più o meno lecitamente, deve essere conquistato. Io non vado al Comune di Salerno e dico: “da oggi sono assunto”, dal momento che nessuno si auto-assume. Esistono dei concorsi: quando serve personale c’è il concorso (ovviamente escludendo porcherie clientelari, pure successe in passato).

    Ora: che colpa ne ha uno del Sud se vince un concorso pubblico? C’era un bando, si è fatto un concorso, una o più persone hanno vinto. Ci si può permettere, in un territorio che non dà lavoro di alcun genere, di NON andare a fare un concorso pubblico?

    Io sono stato sempre nel privato e non ho fatto concorsi pubblici, ma non mi sono mai trovato nelle condizioni di doverlo fare e non giudico qualcuno dal lavoro che fa. Nel pubblico, oltretutto, non ci sono solo degli scaldasedie, ci sono medici, gente che rischia la pelle nei SERT e nelle carceri.

    Se la gente venisse responsabilizzata (e non avesse come unico compito quello di aprire e chiudere porte o cartelline) vedresti che il numero dei solitari su Windows diminuirebbe drasticamente.

  5. Billy, io non ce l’ho con i dipendenti pubblici del sud, sia chiaro. Ho scritto una cosa diversa : che ce ne sono troppi. Al sud ci sono enti locali di pochi abitanti che hanno un numero di dipendenti elevatissmo, ed altri al nord con più abitanti che ne hanno la metà. Ti sembra normale che la Regione Sicilia abbia circa 25.000 dipendenti e la Lombardia meno di 4.000?
    Sul resto sono d’accordo. Credo, tuttavia, che i meridionali i prodotti del “nord” li comprerebbero anche se facessero parte di un’altra Nazione.

    cennamo.angelo@tiscali.it

  6. @Angelo:

    no, ma sono d’accordo sul fatto che i dipendenti pubblici siano davvero troppi ed è del tutto anormale la cifra di dipendenti pubblici che riporti per la Sicilia (anche la Campania non sta esattamente una meraviglia). Non credo si dica una falsità quando si parla di “serbatoi di voti”, clientele e altre “belle” cosette, ma è probabile anche che le regioni del nord per alcuni servizi si organizzino affidandoli a servizi privati, con accordi, appalti e altro (è solo una mia ipotesi).

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