“Orizzonti di Mezzanotte” di Ingenito 60°/56-v 08 settembre 2011, giorni-3

  (cont. dal capitolo 56, 5a parte) (…) L’auto sgommò, schizzando via in un baleno, diretta verso un luogo segreto. Quando si risvegliò, Ahmed si ritrovò solo, rinchiuso in una cella. Addosso aveva la classica tuta arancione dei prigionieri islamici segregati a Guantanamo. Ai piedi e alle mani un’unica solida catena che gli impediva di muoversi e di camminare liberamente, mentre l’ultima maschera gli fu strappata dal volto in maniera ruvida e senza tanti complimenti dai marines del carcere. Un triste presagio, che lo fece reagire violentemente. Scalpitò a lungo, battendo ripetutamente i pugni uniti contro la porta di acciaio, dietro la quale sarebbe rimasto a tempo indeterminato. Ma senza fortuna. Andò avanti così per circa mezz’ora, reagendo in maniera furiosa come animale in gabbia. Poi, sfiduciato e stan­co con le nocche ormai sanguinanti, si lasciò andare sul tavolaccio, in attesa degli eventi. Parte quinta23 agosto 2003 – “Nel lago di fuoco e di zolfo … ”Fu quella l’unica notte in cui il prigioniero riuscì a riposare in pace. Nessuno lo svegliò all’alba, e di soprassalto, come era sempre avvenuto negli ultimi giorni di permanenza in quella fogna. Neppure la luce del giorno osò disturbarlo, penetrando indiscreta con i suoi raggi di fuoco di primo mattino. Durante le ore notturne, dall’esterno della minuscola cella, qualcuno aveva provveduto a ricoprire il piccolo punto luce in alto per impedirgli di svegliarsi. Quando aprì gli occhi, erano le 9.00 inoltrate. Un quarto d’ora dopo la cella fu aperta da un marine, che lo scortò in una saletta per la colazione. Per la prima volta gli furono tolte le catene e servito un breakfast all’americana. Pietanze abbondanti, fresche, fumanti. Dopo cinque giorni di dieta forzata e di disagi di ogni genere, quel cambio improvviso di trattamento era certamente finalizzato a qualcosa di cui non fidarsi. Nonostante la spossatezza e le pessime condizioni generali, Ahmed non aveva perduto le capacità critiche e di orientamento. Da questo punto di vista era ancora sufficientemente in forze e, quindi, capace di valutare la situazione. Rimase in silenzio a lungo, mangiando con notevole appetito. Conosceva la tecnica. Ma lui si sarebbe preso solo il meglio di quel trattamento. Per il resto non avrebbe mai “cantato”, qualunque cosa gli avessero fatto, anche se era ancora presto per poterlo verificare. Quando O’Cronnolly gli si avvicinò, Ahmed fu tentato di colpirlo, schizzando in avanti. L’agente della CIA percepì immediatamente il pericolo, pronto a difendersi.— Bene, bene, bene! — esordì l’americano con forzata ironia. — Il grande giorno della resa dei conti sembra essere arrivato. Mi chiedo come farai a sopravvivere! Il prigioniero non rispose. Il suo sguardo feroce vomitò per lui tutto il suo fiele. Ma la sua ratio prevalse, inducendolo prudentemente a contenersi. Dopo una breve pausa, O’Cronnolly continuò con tono provocatorio:— Lo so bene che non saranno un buon sonno e un pasto abbondante a farti parlare! L’arabo non rispose neppure questa volta. I suoi occhi, rossi come il fuoco, sì.— Vuol dire che chi ti manda saprà che hai parlato lo stesso! Questa volta l’approccio verbale dell’americano fu più efficace. Ahmed sussultò con rabbia mal contenuta, poggiando le mani sul tavolo della colazione, pronto anche ora a scattare. Ma, per la seconda volta, si contenne. Non aveva grandi chances, del resto. Impostare tutto sulla rissa non sarebbe servito a niente. Dopotutto portava ancora i segni di quel tipo di approccio avuto con l’americano nei gabinetti della stazione napoletana. Decise, perciò, di accettare la sfida verbale, desideroso di capire dove volesse arrivare quel bastardo.— Non crederanno mai alle vostre verità. E, poi, dovreste provare tutto, a cominciare dalle mie presunte confessioni. … Da registrarsi, ovviamente!— La tecnica ha fatto passi da gigante, amico mio. Con i soldi, ti compri chi vuoi, ciò che vuoi, come vuoi, quando vuoi. Anche tra la tua stessa gente, anche tra i tuoi amici terroristi. Tutti pronti a confessare le cose che (non) hai detto.— Un altro buon motivo per chiamarvi infedeli. — Meglio infedele che assassino di innocenti.— Noi non uccidiamo innocenti, ma i figli degli infedeli. Quelli non sono mai innocenti. Come tali, è giusto che paghino anche loro per le colpe dei loro padri e i padri per quelle dei loro figli.— È Allah che dice questo, gran pezzo di stronzo? (…)