“Orizzonti di Mezzanotte” di Ingenito 51° 30 agosto 2011, giorni-12

 Dal Capitolo 51 Cambio di rotta Parte prima Totò e il presidente. Prima di uscire dalla sua splendida abitazione romana, il presidente si avvicinò al mezzobusto in marmo di Totò ben esposto sul cassettone in noce dell’ingresso e lo accarezzò a lungo sul capo. Al responsabile della scorta non sfuggì il curioso particolare. Benché a conoscenza della sua superstizione, non glielo aveva mai visto fare. Da quando, almeno, era stato destinato alla sua sicurezza personale, La cosa, quindi, suscitò in lui curiosità e motivo di riflessione. Era un elemento da tenere a mente. Poteva non significare nulla. Ma, per chi conosceva bene il suo capo, come lo conosceva lui dopo tre anni, ormai, di dedizione assoluta, non faceva mai nulla a caso. Non ebbe più il tempo di pensare. Erano pronti per la partenza. Toccava a lui dare l’okay definitivo. Mentre il presidente varcava la soglia per uscire, il capo-scorta lanciò un’occhiata furtiva all’immagine del famoso comico napoletano, “accarezzandola” a sua volta con lo sguardo. Durante la breve, imprevista pausa di lavoro del capo, il poliziotto aveva disposto l’uso di un’altra macchina per la signora e per le due giovani figlie. Contemporaneamente, sempre per motivi di sicurezza, decise di cambiare piano, rinunciando al trasferimento in elicottero e optando, invece, a favore dell’auto per raggiungere l’aeroporto.Il corteo giunse a Ciampino in meno di venti minuti, arrestandosi direttamente ai piedi della scaletta dell’aereo. Le operazioni di imbarco furono rapidissime. Il comandante del DC9, un giovane maggiore dell’aeronautica militare, accolse il presidente con un largo sorriso, scattando sugli attenti. Una hostess consegnò alla signora uno splendido fascio di rose gialle orlate di rosso e alle figlie due confezioni di caramelle di gelatina, prima di accompagnarle verso le rispettive poltrone.  Pochi minuti dopo avvenne il decollo. Tutto filò liscio e in assoluta tranquillità. L’aria irrespirabile della capitale divenne più sopportabile avvicinandosi al sole, con i passeggeri rilassati tra i loro pensieri liberi e distratti. Erano trascorsi appena venti minuti di volo, quando il presidente chiamò il capo-scorta. L’uomo si alzò dalla poltrona, percorrendo rapidamente il breve tratto di corridoio. Sollevò la tenda che faceva da separé e gli si avvicinò:— Ma cosa fa, Del Toro? — gli disse il capo. — Ancora in giacca e cravatta? Con questo caldo? Non sarà mica che all’atterraggio dovrò prenderLa in braccio per non farLa svenire dal caldo! Suvvia, se le tolga. È un ordine. Che vale anche per gli altri agenti. — aggiunse con il suo solito sorriso accattivante, che, naturalmente, non ammetteva repliche.— Grazie, signor presidente. — rispose imbarazzato il poli-ziotto. — Ha bisogno di qualcosa?Ah, sì! — replicò allegro. — Non si va più ad Olbia, ma a Napoli! — aggiunse serafico, sperando che i toni adottati fossero quelli giusti per ammorbidirne la prevedibile, ancorché contenuta reazione. L’ultima cosa, infatti, che avrebbe voluto vedere in quel momento era il volto del suo uomo più fidato, immaginandone l’espressione contratta e contrariata. In cuor suo sorrise, sapendo che solo il ricorso al buonumore avrebbe potuto tamponare, sia pure in minima parte, gli effetti di quella decisione.— A Napoli? Ma signor presidente … . Sono le 15.20. Come si fa ad organizzare un servizio di sicurezza adeguato? Non c’è più tempo ormai! Poi, implorandolo con gli occhi, aggiunse:— Non è possibile rinviare il tutto a domani con un nuovo volo? Sarei in grado di garantirLe lo stesso livello di sicurezza attuale. Ma, in queste condizioni …— Non dica nulla. — lo interruppe il presidente. — Lo so cosa sta pensando! Ne sono perfettamente consapevole. Ma si va a Napoli comunque, Napoli-Capodichino. E, poi, a Positano, nella mia nuova villa. Mi assumo tutte le responsabilità di tale decisione. Ne informi subito il comandante e mi dia conferma che è tutto okay! Il presidente non gli lasciò alternative. Il capo-scorta rimase perplesso, leggermente piegato in avanti, in direzione della poltrona del capo. Sperò fino all’ultimo in un suo ripensamento. Che non venne, ovviamente. Giocoforza dovette arrendersi.— Come desidera, signor presidente! — aggiunse con la dovuta deferenza.«Tutta colpa di Totò, della cabala e del cavaliere-cabaliere!» sbottò dentro di sé.In verità, pronunciò queste parole tra i denti. Recandosi dal comandante per informarlo del cambiamento del piano di volo, mancò poco che non glieli digrignasse in faccia. La cabina era aperta e, dalla poltrona in cui era seduto, il presidente notò il lungo confabulare tra i due. Poco dopo, il giovane maggiore lo raggiunse per confermargli l’avvenuto cambio di rotta.Nello stesso istante, come ali di sparviero librate in volo, l’aereo effettuò un’ampia virata a sinistra, lasciando che l’ala destra si illudesse di sfiorare il cielo. Il capo-scorta, intanto, era tornato al proprio posto infuriato. Solo chi faceva il suo mestiere poteva capirlo. Aveva bisogno di sfogarsi. Lo fece con il primo collaboratore che si ritrovò a fianco.— E togliti anche tu la giacca, e pure la cravatta! — sbottò. Il collega lo guardò stupito. Ma, prima che potesse chiedergli spiegazioni, l’altro aggiunse infuriato:— Ha cambiato idea. Capisci? Ha cambiato idea sul percorso da fare. Ora ha deciso di andare sulla costiera amalfitana, nella sua nuova villa di Positano! Hai capito che roba? E tutto questo perché? Ufficialmente perché, la prima volta che va in una nuova residenza, nessuno deve entrarci se non lui con moglie e figli. Così, perché lui è cavaliere! La verità, invece, è un’altra. Sai qual è? Prova a indovinarlo! — aggiunse, chieden­do un Kleenex per ripulirsi dal sudore.— La scaramanzia! Pura scaramanzia. — rispose pronta-mente il collega.— Per questo è cabaliere, cioè uno che crede nella cabala. — gli subentrò Del Toro.— Cabalone vuoi dire? Ma cabalone vuol dire imbroglione!— No, vuol dire anche chi crede nella cabala!— Sì, ma sempre cabalone si dice!— Macché, in italiano forse! Ma il napoletano di cabalone è cabaliere. Che non vuol dire soltanto imbroglione. Vuol dire anche superstizioso. Almeno nel nostro caso.— Sarà. — rispose il collega milanese, non troppo convinto.— Non sono napoletano come te e forse hai ragione tu. Comunque, siamo lì. I due significati non devono poi essere tanto diversi tra loro, visto che l’uno richiama l’altro. ― proseguì il poliziotto. ― Anzi, no. ― aggiunse. ― Aspetta un momento. Una cosa è essere superstizioso, altra imbroglione. In questo caso è il primo significato quello che vale. E non riguarda solo il nostro presidente. Da questo punto di vista, i suoi predecessori sono tanti e non meno illustri!— Hai ragione tu, lo riconosco. — precisò sorridendo Del Toro. — Vedo, comunque, che sei molto istruito. Mi fa piacere per te.— Ho una laurea in lettere, ricordalo. Ma torniamo a noi. La situazione si fa delicata. Non è mai successo che il presidente cambi programma così repentinamente. Diamoci da fare, quindi.— Eh sì, diamoci da fare … Parli bene tu, … come se fosse facile! … Va bè … Diamoci sotto. (…)