Ballare contro l’Alzheimer

di Rita Occidente Lupo

L’arte coreutica, recentemente balzata in primo piano, anche nella scelta del prosieguo degli studi. Se viaggiare sulle punte, con tanto di tulle bianco, il sogno di molte barbies, anche ad una rispettabile età, quando cioè, gli anta si fanno sentire, anche se lo spirito resta giovane, la danza continua ad affascinare. Ma il suo risvolto, recentemente messo in evidenza anche sotto il profilo dell’equilibrio. E per la terza età, un vero e proprio toccasana, nel rinvigorire capacità sensoriali, contro la degenerazione dei neuroni. In Gran Bretagna, nel 2008, il centro Dance Psychology Lab dell’università inglese dell’Hertfordshire, tra i primi a sostenere che le malattie neurodegenerative si possano curare ballando. In Italia, Gianni Pezzoli, direttore del Centro per il Parkinson a Milano, convinto che il morbo si possa combattere con tale disciplina, in quanto i parkinsoniani perdono la motilità automatica e devono quindi “volere” ogni singolo movimento. La danza risulterebbe meno tediosa della fisioterapia di routine. Anche dalla Washington University e dell’Albert Einstein College of Medicine di New York analoghe conclusioni, fino alla capacità di ritardare i sintomi dell’ Alzheimer o del Parkinson. Secondo gli esperti, mantenendo elastico e attivo il cervello, si può aumentare o tenere costante il numero di connessioni tra i neuroni e quindi conservare una certa ricchezza cognitiva, a dispetto dell’età e delle demenze. Il Parkinson porta a disturbi dell’equilibrio, tremore e ipertono “plastico”, spingendo all’isolamento, mentre la musica coinvolge sistemi forti emozionali e automatismi psicologici, legati a ricordi musicali e affettivi, soprattutto se il paziente già amante in passato del ballo.