“Orizzonti di Mezzanotte” di Ingenito 37°16 agosto 2011, giorni-26

   Dal Capitolo 37 Il ricco stolto   Parte prima Notte di tentacoli-Da quel luogo illuminato da mille colori, maestoso e suggestivo in tutta la sua capacità di rifrangersi lontano, lo sguardo avido di ogni viandante di mare veniva abbondantemente ripagato da un alleato nobile e fedele come la notte. In notti come quella, senza luna, l’orizzonte disegnava per sé una curva, due curve. In direzione delle luci l’una, la più sicura; verso l’infinito l’altra, di maggior fascino, benché indistinta e di assoluto timore.Il godimento era comunque duplice, nell’eterno mistero che avvolge a lungo uomini e cose prima dell’inizio di un nuovo giorno. Al largo della costa tra Conca dei Marini e Amalfi, due diversi orizzonti erano perfettamente godibili tra loro per chi, protetto dalle ombre della mezzanotte, si lasciava appagare dallo spettacolo della natura nella pace e nel silenzio dell’animo.Il fruscio delle onde che battevano sottobordo di ogni imbarcazione, specie di quelle all’ancora in mare aperto, e il riflusso conseguente, erano gli unici, muti testimoni di una presenza piuttosto inconsueta, a dispetto di baie e porticcioli non lontani. Questi pensieri non appartenevano agli uomini del grande yacht. Erano romanticherie d’altri tempi o, meglio, di altre età, di altri interessi. Interessi puliti, non compromessi.Le luci di posizione erano state accese a tre miglia di distanza da quel presepe naturale. Una distanza non di sicurezza, certo, ma più che sufficiente per rendere superflua qualsiasi indiscrezione a occhio nudo o a quella di binocoli commerciali, anche se particolarmente attrezzati alla vista notturna.Ogni passaggio di imbarcazioni in mare aperto era perfettamente visibile da una parte e dall’altra grazie ai radar di bordo, nonostante il buio che la faceva da padrone.Decine di barche di pescatori di totani erano nei paraggi, ma molto più sottocosta. A molti di loro non sfuggì l’imponente sagoma di quell’imbarcazione da sogno uscita dalla baia in un’ora inconsueta e rientrata dopo una breve escursione.Anche Alberto la notò, benché distrattamente, proprio nel momento in cui dava uno strattone alla lenza. Un totano di grosse proporzioni aveva forse abboccato. Lo avvertì dal peso dopo avere mollato di poco quell’invisibile e mortale filo di nylon.Cominciò a tirarlo su con calma, senza farsi prendere dall’ansia. Era quello il momento più delicato. Un piccolo errore e la preda, non ancora bene agganciata all’esca, avrebbe potuto facilmente liberarsi e scomparire velocemente tra le profondità del mare. Non era il primo totano della serata.Avevano abboccato già una decina, ma tutti di piccole proporzioni. Questo, invece, doveva essere davvero grosso, molto pesante. Il giovane mise in guardia la ragazza. Una forte eccitazione cominciò ad impossessarsi di entrambi, specie di Virginia che, sporgendosi oltre il basso bordo di legno, seguì incuriosita le fasi finali dell’operazione, le più delicate — Che bello! Attento, non fartelo scappare! — esclamò emozionata.— Stai tranquilla. — rispose Alberto. — Ma appena lo tiro dentro, cerca di stare lontana se non vuoi farti il bagno.Il gas della lampada ad acetilene illuminava bene il fondo del lanzino, dal lato di prua. Attratto dai riflessi della luce proiettati sul fondo buio marino, il totano aveva abboccato con ingordigia all’esca gustosa e profumata.Un’acciuga grossa e succulenta nascondeva perfettamente molti ami sottili e acuminati, invisibili alla preda ingorda. L’ingenuo bestione s’avventò con voracità su quel boccone insperato, imprimendovi tutte le sue energie. Fu un errore mortale.La fame aveva prevalso sull’esperienza di tante trappole analoghe, alle quali era sempre riuscito, fino a quel momento, a sfuggire in maniera indenne. Gli ami aguzzi gli si conficcarono dentro impietosi. Liberarsene sarebbe stato assai difficile. Molto dipendeva dalla bravura del pescatore, l’uomo, il suo sfidante eterno e più pericoloso.Più Alberto tirava la lenza, più la lasciava scivolare sul fondo, in quel sadico gioco di caccia. Per poi riprenderla di nuovo con strattoni forti e sempre più vigorosi. Trascorsero molti minuti prima di intravedere affiorare sull’acqua la sagoma di un totano di circa due chili, che si dimenava senza speranza.Era stanco, ormai, e disperato. Nell’abile gioco del tira e molla esercitato come un consumato pescatore, Alberto era riuscito a sfiancare le energie del forte lottatore per la vita. Il momento più emozionante era ormai giunto, ma anche il più delicato. Quello dello strappo finale, che consente di issare a bordo la preda.Sono gli attimi durante i quali si misura la vera abilità del pescatore. Il rischio del fallimento si concentra in quei pochi secondi soltanto.— «O la va o la spacca.» — pensò il giovane.— Attenta! — esclamò, rivolgendosi alla ragazza. — Ora lo tiro dentro. Non avere paura. Cerca solo di rimanere dove sei, senza avvicinarti.— Perché? — rispose lei tra paura e curiosità.— Lo capirai tra un istante. — sorrise allegramente il giovane.L’acqua sotto bordo s’illuminò di verde grazie ai riflessi della lampada ad acetilene. Il rosso purpureo della bestia in trappola rendeva ben visibili i tentacoli impazziti. Si agitavano d’improvviso, di qua e di là, appiccicandosi da una parte e dall’altra tra il bordo esterno e quello interno della barchetta. La scena, fortemente suggestiva, si impresse indelebile nella mente della ragazza. Il rimpianto iniziale per quella battuta di pesca in sostituzione di Adriano svanì come per incanto.Alberto colse il suo stato d’animo e se ne compiacque. Era certo che, se la battuta avesse avuto il successo pieno, Virginia non avrebbe mai più dimenticato quell’esperienza. Così fu.Il giovane si concentrò per qualche attimo. Allentò più volte la lenza, pronto a strattonarla d’improvviso per lo scatto finale.In quel contesto naturale, in cui le immensità del mare e della notte sembravano dovere inghiottire da un momento all’altro la minuscola imbarcazione di legno e i suoi due avventurosi sfidanti, aleggiò per molti istanti la paura.Anche Alberto, benché abituato da anni a quelle esperienze, avvertì un senso di smarrimento e di solitudine. Le onde scivolavano sotto la barca senza creare particolari problemi. Ma erano onde lunghe e l’oscillazione era diventata molto più frequente con il passare delle ore.Dal bordo più alto rispetto al livello del mare, quello di prua, lo separavano soltanto trenta o trentacinque centimetri di distanza. Un movimento irregolare o uno spostamento improvviso in concomitanza con l’onda lunga e il rischio di capovolgersi sarebbe stato concreto.  Nessun timore anche in quel caso. Erano entrambi nuotatori esperti e la distanza dalla costa non eccessiva. Ma, se anche uno di loro si fosse lasciato cogliere dal panico, tutto sarebbe potuto accadere. Lo strattone finale che Alberto impresse alla lenza allontanò, come per incanto, tutte le sue paure. La magnifica bestia fu issata con molta fatica e attenzione a bordo e gettata sul fondo del lanzino. (…)