“Orizzonti di Mezzanotte” di Ingenito32° 11 agosto 2011, giorni-31

                   Dal Capitolo 32 Dentro amore e morte Parte prima I corpi, le onde

Quando Ahmed entrò nella suite, il profumo inimitabile di Rania lo travolse. Il rito era iniziato. Come sempre, in assenza di lui. Pochi istanti dopo, bussarono alla porta. Fu introdotto il bagaglio. Due valige e un borsone di pelle. Tutti accuratamente chiusi. L’uomo aveva assistito personalmente alle fasi del suo trasbordo. Dallo yacht al gozzo, fino al trasferimento nella hall. Avviandosi in camera, portò con sé la preziosa quarantottore nera, mai persa di vista, neppure per un istante. Costabile, fedele a se stesso, osservò con distacco, senza trascurare alcun particolare. Prima di essere congedato incassò una lauta parte del compenso pattuito. Fu proprio Ahmed a pagarlo. Con discrezione, senza dare nell’occhio. A suon di dollari. Dandogli appuntamento per il giorno successivo. La suite era splendida, benché non modernissima. Lo stile arabo-moresco dell’albergo addolcì l’uomo. Sembrò a proprio agio, sentendosi a casa. Un’arcata molto ampia con balcone affacciava a picco sulla spiaggia sottostante. I colori intensissimi della luce si riverberavano in quella vasta distesa di mare, diluendosi nelle tonalità sempre più chiare, fino ad una linea estrema in cui finito ed infinito si baciavano. Il sole sottocosta era tramontato. Ma, a distanza, lo si vedeva dominare ancora. Alcuni mercantili lontani sembravano navi dipinte, ricoperte da una coltre d’oro. Si muovevano lentamente, concedendosi all’orizzonte come tanti piccoli, fortunati intrusi, minuscoli segmenti che lambivano l’ampio arco dominatore. L’arabo scrutò a lungo e con attenzione particolare l’immensa distesa di mare. Eppure non apparve prodigo di sentimenti nei confronti della natura e del panorama che gli venivano regalati con tanta generosità. Aprì la quarantottore e ne estrasse un binocolo di piccole dimensioni, ma assai potente. Fissò lo sguardo lontano, trattenendolo per diversi minuti. Annuì. Poi si ritrasse. Lo poggiò sul marmo del piccolo bar della suite, concedendosi un abbondante Martini dry liscio con buccetta di limone. Si distese sul divano e chiuse gli occhi. Si rilassò, ma senza abbandonarsi al sonno, nonostante la stanchezza accumulata nelle ultime ore. Avrebbe compromesso le fasi successive del rito. Il fruscio che avvertì poco dopo non lo scosse più di tanto. Il profumo si era fatto più intenso. Continuò a giacere. Il contatto fu impercettibile, o quasi. Di quel tanto, però, da fargli irrigidire il pene. Una pausa e la scena si ripeté. Due seni tondi e turgidi gli lambirono delicatamente il viso, sfiorandogli le gote con la punta dei capezzoli. Prima l’uno, poi l’altro. Fu a quel punto che aprì gli occhi. In ginocchio davanti a lui, provocante da morire nell’attillatissimo abito di seta rosso porpora, Rania gli apparve in tutto il suo splendore. La scia di quel profumo penetrante e familiare accrebbe in lui desiderio e voluttà.Dopo essersi riallacciato il reggiseno, la donna si alzò lentamente senza parlare, inseguita dallo sguardo concupito di Ahmed. Si avvicinò allo stereo, lo accese, inserì il CD da entrambi preferito. Lo avviò.La voce calda di Barry White inondò gli ampi spazi della suite dell’atmosfera giusta. I toni soffusi ingentilirono ancor più l’ambiente. L’uomo sollevò la schiena dal divano, sedendosi a gambe unite e con le mani poggiate sui cuscini. Lei cominciò a lasciarsi andare, ondeggiando sinuosa sui marmi splendenti dell’ampio salone, facendo vibrare il corpo longilineo con movimenti spontanei e provocanti. Danzando con estrema sensualità, lo sguardo rapito, il suo corpo trasmetteva brividi incontenibili di desiderio e di passione. Il capo ondeggiò ripetutamente all’indietro, ma sempre in maniera cadenzata e lenta. I capelli neri a caschetto fissati da una leggera lacca non si muovevano di un centimetro. Con incursioni sempre più frequenti, i suoi occhi si rivolgevano in direzione di lui, del suo corpo, del suo pene. Durò circa mezz’ora questa strana danza dell’amore. Durante tutto quel tempo, Ahmed cominciò ad agitarsi sempre meno lentamente, nel tentativo di resistere alla dura prova del fuoco. Per Rania un rito di iniziazione fortemente desiderato, attraverso quello irrinunciabile della seduzione. Guai se l’avesse distolta, interrotta, distratta. Ne avrebbe spezzato l’incantesimo. Muovendosi con le mani allungate nel vuoto, la donna, travolta dall’estasi, aumentò il ritmo e l’intensità della sua danza. Poi, piano piano, si slacciò la cintura che le cingeva la vita e la lanciò con tocco morbido e spontaneo verso di lui.Sadica, perversa, provocante, non le importò nulla della crescente, sofferta eccitazione dell’uomo, sempre più difficile da contenere. Tutto era preparatorio all’amplesso, al godimento, all’estasi. Ma solo ed esclusivamente attraverso l’esercizio del suo dominio erotico. A nessuno, neppure a lui, era consentito ogni benché minima accelerazione o riduzione delle fasi del rito da parte di chi ne era dominatrice e padrona. Fu la volta dei bottoni. Li slacciò, uno dopo l’altro, lentamente, fino alla vita. La parte superiore dell’abito si aprì, offrendo ad Ahmed una magnifica visione. Il seno era protetto da un tessuto così sottile e leggero, da apparire quasi integralmente visibile in tutta la sua procace bellezza. Poi toccò alla parte inferiore dell’abito. La musica di White, pienamente percepita nella sua intensità, sembrò sedurre definitivamente la donna. Sinuosa e morbida, continuava a torcersi nel corpo come un serpente in amore. Il vestito sottilissimo toccò il pavimento. Non era ancora completamente nuda. Il perizoma nero le copriva la più ambita delle intimità. Così, in apparenza, il minuscolo reggipetto i due seni. Il colore dorato della pelle esaltava la bellezza del corpo, corteggiato e inseguito dai fasci di luce intensa che, filtrando attraverso l’ampio balcone, si riverberavano direttamente sulle sue nudità. Ahmed si distese definitivamente sul divano. La sua resistenza era ai limiti. Ad un tratto si alzò in piedi per afferrare la preda. Ma non osò. Si trattenne giusto in tempo. Sapeva di non potere andare oltre. Nel gioco erotico e conturbante che da sempre si rinnovava tra loro, non gli era consentito avvicinarsi in quella fase. Se lo avesse fatto, il rito sarebbe stato infranto e tutto rinviato. Si appoggiò claudicante alla colonna tra il bar e il divano, sfilandosi la camicia. Lentamente, come lei voleva. Poi i pantaloncini da spiaggia. Fino a fermarsi. Conturbante più che mai, Rania si riavvicinò a lui, ritraendosi all’istante per tornare a danzare. Da sola, con il capo e le mani poggiate per terra, all’indietro, in pieno abbandono. Il corpo flessuoso riverso ad arco, lo sguardo magnetico di due occhi semichiusi in segno di sfida, le mani che, sollevandosi lentamente, una dopo l’altra, slacciarono delicatamente il reggiseno. Ahmed osservò fremente, in preda a forti emozioni, ad indicibili sofferenze. Ma resisteva ancora. Rania si avvicinò improvvisamente a lui, sedendosi a gambe aperte sulle sue ginocchia. L’uomò si eccitò ancora di più. Provò ad afferrarla dietro la schiena, per attirarla a sé e stringerla. Ma lei si ritrasse decisa, bloccandogli i polsi e sollevando in pari tempo le proprie braccia verso l’alto. S’irrigidì nelle spalle tirate leggermente all’indietro e puntò le mani a palme aperte verso il basso, in direzione del suo volto. I suoi occhi, fieri e seducenti, penetrarono quelli dell’uomo, provo­candolo atrocemente. Con gli aculei puntati sulla preda, la mantide lanciò finalmente la sua sfida, dichiarandosi pronta alla lotta. L’orologio a pendolo rintoccò tre volte i quarti, sei volte le ore. Le diciotto e quarantacinque. Le lanciò uno sguardo più intenso e implorante del solito. Fu a quel punto che lei lo attrasse a sé.  Le mani dell’uomo, benvenute, chiusero dolcemente il supplizio. Il perizoma di Rania scivolò tra le sue mani e lei si lasciò andare. Ahmed la prese tra le braccia e la portò in bagno. La depose con dolcezza nella vasca, in realtà una mezza piscina idromassaggio, in precedenza interamente riempita dalla ragazza. Era la seconda parte del rito. Quello della purificazione, che precedeva l’amplesso vero e proprio. Fumi e profumi avevano invaso l’ambiente. L’uomo, al culmine dell’eccitazione, cominciò ad accarezzarla con il mento nelle parti del corpo più facilmente accessibili, in quelle più intime. La baciò dappertutto. Con impazienza. Gli effetti della tortura, infatti, si avviavano a diluirsi dolcemente. Avrebbe voluto ripagarla in questa fase con la stessa moneta. Ma non ci riuscì. Preferì lasciarsi andare, la lasciò andare. … La travolse. Si travolsero. Fu l’apoteosi. Si trasferirono a letto ancora bagnati. Gli amplessi che seguirono rivelarono il vero volto di lui. I ruoli, ora, si capovolsero. Nel sesso sfrenato che continuò a possederli, Ahmed agì da amante consumato. Ma anche da padrone indiscusso di quel corpo ubbidiente e sottomesso. Le provocò con pari indifferenza piacere e dolore, fino a farle violenza. Lei non fu da meno nel resistergli, ripagandolo con eguale moneta. Fino a quando, almeno, non fu vinta dalla forza bestiale di lui che, nel finale, ebbe inevitabilmente il sopravvento.  Fu una scena selvaggia. Di sesso puro e incontrollato, bandito da ogni sentimento e da ogni emozione. Rania lo sapeva. E lo accettava.In questo caso, però, fu diverso. Fu quando lei si alzò di scatto dal letto, dove Ahmed continuava a giacere immobile e spossato, per tornare in bagno. S’infilò sotto la doccia, lasciando scorrere a lungo l’acqua fredda. Il turbamento era profondo. Per la prima volta dall’inizio della sua storia con Ahmed, si ritrovò il volto inumidito dalle lacrime. L’acqua impietosa se le portò via, senza lasciare tracce. Tranne che nel suo cuore. Avvertì, infatti, qualcosa di molto simile a quella forza maestosa di cui aveva sempre sentito parlare. L’amore. Una proiezione intensa, indomabile, che le dilatava lo spirito e la rendeva felice. Per quell’uomo, ora, avrebbe scavalcato all’istante l’ampio balcone. Fino a tuffarsi nel mare sottostante, precipitando leggera e sicura tra le acque amiche, che l’avrebbero certamente raccolta e purificata. Questo sentiva, questo avrebbe fatto, se solo ce ne fosse stato bisogno, se solo lui glielo avesse chiesto. La radice più profonda dei suoi pensieri, delle sue emozioni, di tutta se stessa si ritrovò unita a quella dell’altro, ignorando volutamente i contorti percorsi umani che avevano determinato dentro di lei quello strano e indissolubile intreccio ad incastro. Di fronte all’inspiegabile, non osò più porsi domande. Aveva trovato la risposta da sola. Senza sapere come, senza chiedersi perché. Forse, certamente per la prima volta nella sua vita, aveva aperto il proprio cuore alla verità intima e profonda, che fino allora l’aveva accompagnata e che, con cocciuta e riconosciuta ostinazione, aveva sempre rifiutato, sempre respinto. D’ora in poi, la repressione crudele e accanita contro se stessa non l’avrebbe più coinvolta durante gli amplessi con l’uomo che amava. Le gioie inespresse del godimento che, durante il coito, superavano da tempo il desiderio di un canto umano e liberatorio, non sarebbero rimaste più tali: soffocate e mute. Se quello era l’amore, così lo avrebbe vissuto per tutto il tempo della sua unione con Ahmed. Autentico, pieno, coinvolgente, travolgente. Senza i limiti dolorosi e insignificanti della repressione e della paura. Un pianto liberatorio e a dirotto la travolse, ponendo fine per sempre alle tragiche premesse del suo destino, ai condiziona­menti di un’origine complice e protagonista insieme dei suoi complessi e delle sue sfortune. (…)