“Orizzonti di Mezzanotte” di Ingenito 1 agosto 2011, giorni:-41

 Parte 22 Il castigo dell’agnello Parte prima Sofia Il mezzogiorno seguente il taxi della OK proveniente dall’aeroporto si accostò a destra del lunghissimo boulevard, proprio dinanzi all’ingresso dell’Hotel Maria Luisa di Sofia.  Ne discese un uomo in abiti occidentali, ma di origine visibilmente araba. Varcò rapidamente la soglia d’ingresso, tenendo ben stretta tra le mani una quarantottore di pelle nera. Quel luogo era davvero piccolo, come gli era stato anticipato. Dietro il minuscolo banco sulla destra entrando, la receptionist, una graziosa ragazza bulgara in tailleur nero con spilla dorata sul petto, accolse il nuovo ospite con un largo sorriso. Dopo averle consegnato il passaporto diplomatico per la registrazione, il cliente si diresse in stanza, preceduto dal giovane di portineria incaricato di trasportare il resto del suo bagaglio. Salirono i quattro scalini di marmo bianco davanti all’ascensore ed entrarono. Pochi minuti dopo, Ahmed si ritrovò nella confortevole suite, lieto di potersi riposare prima del pranzo. Fece una doccia veloce, rinviando a sera il bagno nella grande vasca idromassaggio a sua disposizione. Mezz’ora dopo si accomodò al ristorante dell’albergo, situato nell’interrato. Nel pomeriggio riposò per circa due ore. Al suo risveglio, il telefono squillò. Dall’altro capo del filo una voce araba, magnetica e anonima, pronunciò solo poche parole: — Domani, ore 14, via Moskovska 29, da Luciano. Ahmed provò ad interloquire. Ma, dall’altro capo del filo, la comunicazione fu subito interrotta. L’indomani uscì dall’albergo intorno a mezzogiorno, dopo essersi sottoposto ad una sauna e ad un massaggio rigeneratore. Avvertì un profondo senso di benessere, confortato dal contatto diretto con l’aria fresca e pungente del mattino. Si diresse a piedi verso il centro. Passò davanti allo Sheraton. Poi, all’altezza della rotonda St Georg, deviò in direzione della galleria d’arte nazionale, del museo etnografico e di quello archeologico, del palazzo presidenziale. Entrò nel cuore della bellezza artistica di Sofia e dei suoi monumenti più prestigiosi. Là dove, in breve spazio, erano concentrati esempi di grandissimo valore storico, culturale e religioso; in prevalenza chiese di varie epoche, stranamente fuse da un’armonia architettonica di solito difficile da conciliare. Alla fine del Tsar Osvoboditel Boulevard, notò la bella piccola chiesa alla sua sinistra, preziosa testimonianza dell’arte religiosa russa. Erano le 13.30. Passò oltre. Voltandosi casualmente a destra del celebre tempio, notò l’insegna appariscente di un ristorante italiano, Belinda, forno a legna. Di poco in alto campeggiava una lunga striscia a tre colori – bianco, rosso e verde – illuminata dalle luci al neon. Lo stimolo della fame reagì istintivamente. Altrettanto istintivamente, decise di entrare per una breve pausa a base di sandwiches e di un caffè. Venti minuti dopo era di nuovo fuori. Fatti pochi metri, la sua attenzione fu colpita da una bellissima costruzione antica, preceduta da un ampio giardino assai ben tenuto. Si chiese cosa fare. Oltrepassando un cancello nero fresco di pittura, la sua curiosità rimase subito soddisfatta. L’incisione in corsivo sulla bella targa dorata non lasciava dubbi: “Ambasciata d’Italia”!— «Solo coincidenza.» — pensò Ahmed, un po’ sorpreso. Proseguì fino all’ampia rotonda a semicerchio, di fronte alla quale, proprio al centro, spiccava il grande Hotel Radisson. Si arrestò un attimo per rendersi conto della situazione. Mancavano meno di dieci minuti alle 14.00. Guardò la mappa della città e voltò deciso a sinistra. Salì in direzione della splendida Cattedrale di Sant’Alessandro Nevski e della Basilica cristiana di Santa Sofia.  Sempre lì, nella medesima area, affluivano il teatro dell’opera, la galleria d’arte internazionale, l’università della capitale, la biblioteca nazionale, il palazzo del parlamento. Ad Ahmed quel tipo di civiltà interessava poco. In realtà non era affatto attratto dall’arte. Era un uomo d’azione, poco incline a quelle che considerava inutili perdite di tempo.  Proprio per questo, per quanto motivato, cominciò a sentirsi stanco di tutti quei contrattempi che, di recente, lo avevano portato a scorazzare da una parte all’altra dell’Europa e di altri paesi del mondo. Passò velocemente davanti al mercatino ambulante a sinistra della grande cattedrale, attraversò i giardini e accelerò il passo, camminando lateralmente a Via Moskovska. Controllò via via i numeri civici. Al numero 29 si fermò. (…)