“Orizzonti di Mezzanotte” di Ingenito 29 luglio 2011, giorni-44

Dal Capitolo 19 La lunga via del tradimento Chi lotta con i mostri deve guardarsi di non diventare, così facendo, un mostro.  E se tu scruterai a lungo in un abisso, anche l’abisso scruterà dentro di te. (Nietzsche, Aldilà del bene e del male)    Parte prima    Inizi di gennaio 2003 – Estradizione Abdullah uscì dal carcere una fredda mattina di primo gennaio 2003. C’era un sole diverso a Miami. Il meno ricercato dai ricchi pensionati americani. Ma per lui faceva lo stesso. Stava per tornare in patria, benché con una condanna penale sulle spalle. Eppure era felice. Di tanto in tanto si accarezzava la ferita sulla guancia destra, ormai cicatrizzata. Un velo di tristezza gli rabbuiò per pochi attimi il viso per quella novità indesiderata da non potere nascondere ai familiari e agli amici. Per il resto, non gliene importava niente. Aveva evitato cinque anni di carcere duro. E ciò gli bastava. Andava bene così. Smunto e infreddolito, si lasciò tranquillamente accomodare all’interno del furgone della polizia, per essere accompagnato all’aeroporto. Tra le mani un foglio di via e un biglietto aereo di sola andata sulla tratta Miami-New York-Damasco. Le manette ai polsi non gli dettero eccessivamente fastidio. La causa, invece, sì, e parecchio. Nel corso del trasferimento, rivisse brevemente l’episodio della rissa nel locale di Miami, che l’aveva visto tragico protagonista. Non poté fare a meno di riprovare i brividi di una esperienza eccitante e maledetta. Cibo scadente, ma musica cubana che acchiappava i sensi. Avvinghiato maldestramente alla donna di quel dannato e influente boss locale a lui sconosciuto, si era abbandonato ad una danza sfrenata, pagata a caro prezzo grazie ai fumi dell’alcool. Era sfuggito alla condanna più dura solo per miracolo. O, meglio, per l’amore disinteressato verso il prossimo da parte di un giovane diplomatico mai visto fino allora.A quell’uomo doveva tutto, incluso il debito di riconoscenza, che, dentro di sé, cresceva. Non lo avrebbe mai dimenticato. Anzi, avrebbe fatto di tutto per dimostrarglielo. Lo avrebbe cercato per questo fino in capo al mondo, se solo ne avesse avuto la possibilità. Anche qui, come spesso accade, il destino giocò la propria parte. Favorevolmente questa volta, come ultima, veritiera sponda di una volontà superiore che, per gli arabi, si traduceva, in essa vivendo, in una sola frase: “Insh’Allah!” Appena rimpatriato a Damasco, si recò presso la famiglia del suo salvatore. Non lo trovò, né ebbe notizie certe su di lui. Abdullah non poteva attendere oltre. Era in procinto di emigrare in Europa, forse in Germania, in cerca di lavoro.— Non so se, in futuro, avrò la fortuna di incontrare vostro nipote. — esclamò, rivolgendo un profondo inchino agli anziani nonni paterni di Alì. Il padre, infatti, evitò di riceverlo. — Vi lascio, però, l’indirizzo della mia famiglia, che saprà sempre come rintracciarmi. E le mie benedizioni! — aggiunse commosso.Dinanzi a sentimenti di gratitudine così profondi che quell’uomo, semplice e modesto, era riuscito ad esprimere, i due vecchi si guardarono negli occhi, fieri e orgogliosi del proprio nipote.— Stia tranquillo. — lo rincuorarono sulla soglia di casa. — Riferiremo a nostro nipote tutte le Sue espressioni di affetto e di riconoscenza. Una per una, parola per parola. E non si preoccupi per il futuro. La vita separa, non il ricordo! Abdullah provò un grande sollievo. Si allontanò dalla casa dei congiunti più stretti del proprio benefattore, muovendosi all’indietro e inchinandosi più volte. Fin quando l’uscio non fu chiuso definitivamente. Era il 12 gennaio 2003.Nessuno, intanto, tra le autorità diplomatiche siriane, sembrò avere fatto caso al colpo di fortuna del connazionale accoltellato in quel locale di Miami. La Newsletter che, mensilmente, faceva il giro delle ambasciate di Damasco nel mondo, con notizie relative a fatti e avvenimenti riguardanti i connazionali all’estero, aveva riportato nei dettagli l’episodio di cronaca nera.Pochi lo avevano notato. Nessuno, però, si era chiesto, così sembrava almeno, come mai tanta generosità da parte della giustizia americana, pur essendo in quel periodo particolarmente spietata nei confronti degli arabi, soprattutto di iracheni, iraniani e siriani. I rapporti tra USA e Siria, poi, erano diventati pessimi nell’ultimo decennio.Nonostante ciò, anche il numero successivo della Newsletter, dove veniva trionfalmente evidenziato il successo dell’azione diplomatica e legale siriana grazie alla quale Abdullah Khamal Hassan era stato condannato a soli due anni di carcere con conseguente, immediata espulsione dal suolo degli Stati Uniti, passò quasi inosservato. Solo ad uomo quella notizia non sfuggì, annotandola, per questo, nella spazio più recondito della propria memoria. (…)