I ventriloqui di Montanelli

Angelo Cennamo

Dieci anni fa ci lasciava Indro Montanelli, il più grande giornalista italiano di sempre. Forse. La sua lunga esistenza ha attraversato l’intero novecento. Il decano ne è stato acuto osservatore, testimone e narratore esemplare. Con Montanelli è nato e si è pure estinto uno stile descrittivo unico ed irripetibile, denso di coraggio e di una indipendenza a tratti sfrontata e maniacale. La sua eleganza sobria, asciutta e magrissima nel fisico come nella scrittura, simboleggiava, meglio di qualunque altra cosa, la buona borghesia milanese. Quella colta, raffinata, liberale e conservatrice, operosa ed eticamente inamovibile. Montanelli fu un grande italiano, ma con l’italiano medio ebbe poco da spartire. Ne detestava la superficialità, l’incoerenza, la mancanza di ideali e la triste inclinazione al compromesso. Lui non era così. Il 1974 fu un anno importante per la sua storia personale. Piero Ottone, l’allora direttore del Corriere della sera, testata per la quale Montanelli scriveva i suoi editoriali, decise di schierare il giornale con la sinistra del Pci. Uno smacco per il liberale Indro, che, senza tentennamenti, radunò uno sparuto gruppo di giovani redattori e si trasferì in via Negri, dove fondò “Il Giornale Nuovo”. Erano gli anni di piombo, le brigate rosse stavano per spargere fiumi di sangue in giro per l’Italia, e chi non era allineato alla causa operaia e si sottraeva al culto della rivoluzione, rischiava la pelle. Il Giornale, al contrario, era un quotidiano anticonformista, preferiva cioè dare voce a quella borghesia conservatrice che non si riconosceva nel movimentismo rosso, che, anzi, combatteva. Fu per questo che venne etichettato come giornale “fascista”, e chiunque se ne andava in giro con una copia sotto il braccio veniva insultato, se non percosso. A cominciare dal suo fondatore, gambizzato proprio dalle br. Il giorno dopo qualcuno riportò la notizia con le seguenti parole : “gambizzato un giornalista”. Il titolo la dice lunga su come Montanelli sia stato bersagliato nel corso di quella stagione dalla intellighenzia di sinistra e dall’editoria imperante. Lui, Montanelli, un giornalista anonimo come tanti altri! Oggi quella stessa schiera di colleghi e di intellettuali ne tesse le lodi, preferendo ricordare la fase conclusiva della sua carriera, quella contraddistinta dall’incontro professionale con Silvio Berlusconi, piuttosto che l’idiosincrasia che il maestro nutriva per il postcomunismo dei Natta e dei Berlinguer. Montanelli e il Cavaliere erano molto legati tra di loro. Il giovane imprenditore Silvio non risparmiava elogi per il grande maestro, il quale non perdeva occasione per ricambiare tanto affetto e tanta stima per l’intraprendente editore, sempre prodigo nel ripianare le perdite che negli anni accumulava il suo Giornale. Ma poi venne un giorno, quel giorno. Berlusconi decise di scendere nel campo della politica e chiese a Montanelli di sostenerlo. “Non ci penso nemmeno!” : la risposta del direttore fu più o meno questa. E così l’idillio degli anni precedenti si ruppe in modo irreversibile. Berlusconi, che nel frattempo divenne il bersaglio preferito di Repubblica, non sopportava che proprio il suo Giornale rinunciasse a rispondere colpo su colpo a quelle dure invettive. Con Montanelli che, non solo evitava di polemizzare con il collega Scalfari, ma sembrava addirittura incuriosito dal progetto politico di Occhetto, attirandosi per questo gli strali di alcuni suoi colleghi ( Liguori e Fede), e le critiche di volta-gabbanismo da parte di Vittorio Sgarbi. Non c’era verso : Montanelli e Berlusconi erano diventati del tutto incompatibili. Indro lasciò Il Giornale che aveva fondato, e al suo posto fu insediato un giovane direttore ( Vittorio Feltri), reduce da un vero e proprio miracolo editoriale : aver riesumato l’Indipendente portandolo ad una tiratura di oltre centomila copie! Feltri non ebbe difficoltà a sposare la linea di Forza Italia, già avallata nella precedente redazione, e così ripetè il miracolo compiuto qualche anno prima : Il Giornale, in quattro e quattr’otto, raddoppiò le copie vendute recuperando parte del deficit accumulato con la precedente gestione. Montanelli, nonostante l’età non più giovanissima, non si perse d’animo e fondò un nuovo quotidiano : La Voce. Ma quell’esperienza si rivelò ben presto un fallimento e dovette mollare tutto. Gli ultimi anni della sua epica carriera li trascorse al Corriere della sera, che, dopo la parentesi degli anni ’70, aveva riguadagnato posizioni più moderate e rispettose della propria tradizione. Oggi tutti lo commemorano – anche i suoi più acerrimi detrattori – talvolta onorando la verità, in altri casi strumentalizzando la sua repentina avversione per il Cavaliere

3 pensieri su “I ventriloqui di Montanelli

  1. @Cennamo:

    mah, veramente negli anni di cui parli chi circolava con l’Unità sotto il braccio riceveva spesso lo stesso trattamento (famosa la canzone di un noto cantautore dell’epoca che diceva: “e alcuni audaci con in tasca l’Unità”…).

    Poi, se Montanelli si è “incuriosito” per qualcosa di diverso da quello che era stato, non vedo grossi problemi, trattandosi di una persona di grande intelligenza, a prescindere dalla propria visione del mondo.

    Che ti devo dire: evidentemente qualcuno lo aveva deluso, il che è anche comprensibile: la discesa in campo NON è stata un mezzo per salvare l’Italia, ma un mezzo per salvare se stesso e le proprie aziende dal tracollo. Non ha portato nessun tipo di liberalità, né maggiore democrazia, né maggiore libero mercato (peggio ancora, nessun maggior libero mercato nell’ambito delle televisioni e della pubblicità). Ha riempito il suo partito di reperti della prima repubblica, presi a piene mani da DC, PSI, PSDI, addirittura qualcuno di estrema sinistra. Veramente nulla di nuovo e di originale e io sinceramente non ho MAI visto un vero progetto, solo chiacchiere, che, assieme a indecorosi comportamenti istituzionali, ci hanno danneggiato come Paese per quasi venti anni. Tutto per fare fessi (e ci è riuscito) anticomunisti e liberali, che avrebbero potuto essere meglio rappresentati.

    Volevo fare un piccolo appunto, anzi due. Fai spesso riferimento alla intellighenzia della sinistra ecc.ecc. ma mi tocca ricordarti che se c’è una intellighenzia essa non ha contato granché, dal momento che per 50 anni ha governato la DC e per tutto il resto del tempo ci ha pensato l’Unto, con piccole parentesi del centrosinistra. L’altro appunto è l’invito a non confondere il PCI e le BR: il PCI era del tutto estraneo all’attività delle BR ed è un fatto storico che ha combattuto il terrorismo come e anche più di tutte le altre forze parlamentari.

  2. tanto per precisare, montanelli non era lombardo o milanese, era toscanao (toscanaccio) di fucecchio. e in quanto tale si esprimeva come ancora oggi si esprimono molti boerghiesi toscani: asciutti e puntuti.
    secondo appunto, non credo che montanelli sia stato il più grande giornalista italiano, a quanto mi risulta ancora non è stata fatta la misura e perchè l’italia di montanelli poteva vantare grandissime firme altrettanto valide (mi viene in mente biagi).
    infine oggi, nel vedere quello che sta succedendo in inghilterra, avrebbe dato ulteriori opportunità a montanelli per dimostrare, in maniera semplice e divulgativa, al popolo italiano di destra cosa significa essere conservatori e come bisogna comportarsi.
    vedi lui avrebbe sminuito i fatti sessuali del nostro petit ed attempato satiro dal culo flaccido, ma avrebbe messo in croce chiunque avesse utilizzato il suoi ruolo istituzione per raccontare frottole a pro-domo sua.
    mentre tu, ancora oggi, sei come il giapponese dimenticato in un’isola del pacifico che combatte ancora la seconda guerra mondiale!
    sempre affettuoso. michele zecca

  3. @michelezecca:

    nulla contro Cennamo, ma varie volte ho avuto anche io l’impressione del giapponese: conoscevo persone che la pensavano come lui negli anni immediatamente precedenti Tangentopoli e all’epoca le sue idee attuali erano molto di moda e considerate il diverso modo di pensare rispetto alla sinistra dell’epoca. Pensarla come Angelo faceva “moderno” e alcuni, anche schierati con il PSI, ne accoglievano le tesi e le facevano proprie. Non dico che Angelo pensi in maniera “sbagliata”: in generale credo che nessun proprio pensi qualcosa di sbagliato in sé. Penso, però, che dopo l’11 settembre e la prepotente entrata in scena della Cina il mondo è molto cambiato e che ridurre la politica ad una lotta tra destra e sinistra, “comunisti” e “liberali” è anacronistico, tanto più che negli ultimi 20 anni, sia di comunista che di liberale in Italia abbiamo visto ben poco, nonostante i proclami.

    Credo che quasi nessuna delle vecchie categorie che abbiamo utilizzato sia valida per descrivere l’attuale stato del Mondo e dobbiamo partecipare alla ricostruzione di un pianeta che non è lo stesso di quando siamo nati, consci del fatto che molto, quasi tutto, di quello che abbiamo teorizzato NON ha funzionato.

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