“Orizzonti di Mezzanotte” di Ingenito 23 luglio 2011, giorni- 50

Dal Capitolo 13   Naufragio   Parte prima 2-3 dicembre 2002 – Bufera- La Jamila giunse nottetempo al largo del golfo di Salerno. Appena entrata in acque territoriali italiane, il comandante contattò via radio la capitaneria di porto della città costiera richiedendo l’autorizzazione all’ingresso. Dall’altro capo del filo gli fu chiesto di dichiarare la rotta originaria e le ragioni della sosta inattesa.— Il timone non risponde — mentì Hamid — e il nostromo fa fatica a manovrare la nave. Seguì un lungo silenzio. Poi la radio gracchiò acidula:— Proseguite per il porto di Castellammare di Stabia, a poche miglia da Napoli. Ci sono cantieri attrezzati per la manutenzione. Lì sapranno risolvere il vostro problema.— Impossibile. — insistettero dalla Jamila — Il timone è praticamente bloccato e a stento potremmo raggiungere il vostro porto. Ci fu una pausa piuttosto lunga. Poi il contatto riprese:— Va bene, procedete al minimo e ancorate a due miglia dalla costa nell’attesa di ricevere ulteriori istruzioni.— D’accordo! — rispose Hamid. Al suo fianco il siriano non si mosse di un centimetro per tutto il tempo della trattativa.— Siamo in balìa della situazione. — gli disse il giovane comandante.— Non dobbiamo muoverci di qui, — insistette Mohammed — qualunque cosa accada.— Ci proveremo. — gli fece eco Hamid, sempre meno convinto. Nel frattempo le condizioni del mare peggiorarono terribilmente e il cargo cominciò a beccheggiare e a rollare insieme, sempre più pericolosamente. Prima dell’imbarco, l’ingente carico di riso era stato allestito nel modo migliore. Ma, in quella situazione di non governo della nave sballottata da una parte e dall’altra benché tuttora all’ancora al largo, gli ulteriori spostamenti rischiavano di comprometterne definitivamente la stabilità. Intorno all’una del mattino, la capitaneria di porto riprese il contatto con la sala radio della Jamila. — Siete autorizzati a rimanere fino a quando le condizioni del mare non miglioreranno. Poi, vi faremo trainare con un rimorchiatore fino al porto di Castellammare di Stabia per le riparazioni. Tentate di avvicinarvi ancora per un miglio sotto costa, se ci riuscite. Non di più. Procedete con i motori al minimo. Se siete impossibilitati a farlo, rimanete pure al largo. Scarrozzerete un poco, ma non ci sarà alcun pericolo! Gli occhi di Mohammed s’illuminarono. — Questo è il momento. — disse al giovane comandante. — Chiamami il responsabile della sala macchine. Di lì a pochi minuti salì in coperta un altro membro della squadra, giovane anche lui, con il volto pieno di fuliggine. Entrò con deferenza nella piccola sala-comando e, inchinandosi dinanzi all’ospite, disse:— Sono ai tuoi ordini. — Il suo nome è Abdallah Naef Aziz. — soggiunse Hamid in tono sommesso. Guardandoli in viso, il capo riconosciuto della missione accennò a parlare con accento severo, quasi ieratico. Sembrava addirittura assorto, come un eroe votato alla morte negli istanti che precedono il sacrificio supremo. — Stiamo per entrare in una delle fasi più delicate di una grande missione operativa guidata personalmente dal grande principe degli imam. Il momento è solenne. Non dobbiamo deluderlo. Ne va della nostra causa, della causa per la quale tanti nostri fratelli soffrono e sacrificano la vita nel mondo. Questa nave tra poco naufragherà sulla costa di fronte. Ma deve apparire come un incidente causato dalla rottura del timone. — Il guasto è stato già segnalato alle autorità locali di questo porto. — lo interruppe Hamid.— Orienta la rotta verso questa piccola spiaggia.— disse il siriano, indicando sulla carta nautica una breve striscia di sabbia sopra la quale insisteva un grande albergo. — Subito dopo, — aggiunse — manometti il timone, dopo esserti assicurato della giusta direzione della prua. — Sarà difficile governarla del tutto, — replicò il comandante — una volta forzato il timone. Il mare sta raggiungendo forza sette e per il cargo è quasi impossibile reggere la rotta per due miglia nella direzione prescelta. In ogni caso, non arriveremo mai sulla spiaggia. Ci areneremo molto prima a causa del pescaggio troppo basso. — Non importa. — insistette Mohammed. — Quel che conta è naufragare nei pressi del litorale. Vuol dire che la manomissione del timone avverrà a qualche centinaio di metri prima dell’impatto o subito dopo! — D’accordo. — risposero i due giovani quasi all’unisono.— Faremo come tu vuoi, fratello! Allontanatosi Abdallah, il siriano trattenne Hamid per un braccio. — Ascolta ora. Non appena la nave si sarà arenata, io mi tufferò in mare e scomparirò tra i flutti. Non dovrete preoccuparvi di me per nessun motivo. Indosserò una tuta da sub e, a spalle, mi porterò il grosso zaino che è qui nel mio bagaglio. È fondamentale che il naufragio appaia come un vero incidente provocato da motivi tecnici. Il mare così agitato ci agevolerà nella messinscena, consolidando ulteriormente il vostro alibi. Una volta superato il limite imposto di un miglio, lancerete anche l’S.O.S. Così la sceneggiata sarà completa e nessuno potrà accusarvi di una manovra dolosa. Solo allora il giovane comandante comprese appieno le ragioni per le quali, già ad Alessandria, Mohammed si era informato delle condizioni del tempo e del mare, insistendo per un approdo in quella località in piena bufera. Era una mente decisamente diabolica. Diabolica e perversa. Ma, qualunque fossero le sue ragioni, erano comunque giustificabili e benedette, attese le motivazioni politiche e di lotta che le ispiravano contro i nemici infedeli. Intanto, le cattive condizioni del mare e quelle meteorologiche in generale peggiorarono ulteriormente. La nave pakistana barcollava come un fuscello. Le ancore la trattenevano, ma non saldamente. Fulmini e saette si abbatterono su di lei e su altri tre mercantili nella attesa di entrare in porto. Operazione rinviata anche per loro all’indomani o al momento in cui tempo e mare avessero ritrovato un po’ di pace. (…)