La statua della discordia!

di Rita Occidente Lupo

Una statua che fa rumore! Mentre voleva essere un omaggio, nell’anniversario del Beato Karol Wojtyla, della Fondazione Angelucci, ideata dall’architetto Oliviero Rainaldi. Nella Piazza dei Cinquecento, di fronte alla stazione Termini, in Capitale, il monumento inaugurato alla presenza delle autorità religiose e politiche, continua a destare dissenso. A tal punto che il sindaco Gianni Alemanno, ha deciso di monitorare l’opinione pubblica a riguardo. Il rifiuto, per la mancata somiglianza col Pontefice, nelle sue espressioni più paterne. Per niente affine al sorriso, allo sguardo, alla dilatazione universale che l’uomo “vestito di bianco” ispirava al suo passaggio. Ma si sa, ogni artista, crea come può. E come vuole! La querelle, sembra destinata a non spegnere l’eco, anzi ad andare avanti, fino al punto da imporre una delocalizzazione dello stesso monumento. Ma, quando un’opera viene ideata, non sempre incontra il favore della critica. E non sempre s’avvicina all’idea che gli altri hanno nella propria mente di questo o quell’oggetto. Soprattutto quando si tratta di personaggi speciali, come Wojtyla, capaci di conquistare universalmente i cuori! Ma giungere a riempire anche i discorsi politici, di tale problematica, eccessivo. Senza nulla togliere alla libertà di pensiero dei singoli, come di Casini, che in pieno turbine elettorale, ha pensato d’intervenire ugualmente sulla vicenda. I monumenti, come le singole opere…sono sempre filtrati dal parere personale dei singoli autori: quello che conta, il messaggio da salvare e Wojtyla, con la sua grandezza da Beato!

Un pensiero su “La statua della discordia!

  1. Se proprio vogliamo essere onesti, quanto a immagini memorizzanti, io toglierei di mezzo Woytila, Padre Pio e tutti gli altri: figure carismatiche, ma stanziali, parziali, col piatto pronto a tavola a mezzogiorno, pur tra diecimila difficoltà di vita.
    Proporrei più un’immagine del Crocefisso, per ogni città, o meglio ancora la Pietà di Michelangelo: il poveretto, Cristo, visse, come la madre, mestizia, povertà, paura e pena, per ognuno dei suoi giorni (a parte ogni altra considerazione (guarire ammalati, resuscitare morti, etc, rimanere infine incompreso anche da Pietro).
    Un algerino, un etiope o un bimbo con malaria cerebrale che per avventura potessero venire da quelle contrade alle nostre, a parte necessari samaritani, troverebbero in quella immagine marmorea maggiore identificazione. Ciò sarebbe vero anche per qualche vecchietto in zona, cui nessuno pagasse la bolletta della luce, o per qualche altro disperato.
    S. Paolo poi lo diceva: “Uno solo è santo: Dio!”.

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