Il difficile confronto con il senso di colpa

Giovanna Rezzoagli

Il senso di colpa è un’emozione con cui tutti nella vita, presto o tardi, ci dobbiamo inevitabilmente relazionare. Esistono moltissime differenze sulle modalità di confronto del singolo soggetto col senso di colpa, una parte delle quali sono determinate dal temperamento caratteriale, altre sono fortemente condizionate dal tipo di educazione primaria ricevuta e dal contesto culturale in cui si vive. Nella mia seppur modesta esperienza professionale riscontro, nella quasi totalità delle Persone che espongono le loro problematiche, una tendenza molto forte, quasi un imperativo categorico, ad auto-colpevolizzarsi dei disagi che vivono. Senza scendere nello specifico delle tecniche utilizzate in un colloquio di counseling per aiutare un soggetto a relazionarsi con se stesso e le proprie tematiche interiori, è possibile e, spero utile,  porre in essere riflessioni di carattere generale che aiutino a meglio comprendere le dinamiche interiori alimentanti i meccanismi spesso perversi del senso di colpa. Partiamo dal concetto di “colpa”. Cos’è una colpa? Come si stabilisce, e soprattutto chi stabilisce, cosa sia da considerarsi una colpa? Ovviamente mi riferisco alla colpa morale percepita a livello soggettivo, non certo a quella concreta oggettiva e regolamentata attraverso le istanze giuridico-istituzionali. A livello interiore e soggettivo, molte persone reputano “colpa” tutto ciò che in realtà percepiscono come loro mancanza nei confronti di soggetti a loro vicini, non di rado mascherando con questo sentimento una rabbia ben più nascosta e molto più difficile da accettare. Mi spiego con un esempio concreto. Una donna non più giovane ma in ottime condizioni di salute, diventa parzialmente non autosufficiente dopo un intervento chirurgico; una vita normale, dedicata a marito e figli che improvvisamente va in un cortocircuito esistenziale potenzialmente devastante. Alla paura di non riuscire a recuperare la propria condizione fisica si aggiunge prepotente il senso di colpa di essere “di peso” ai propri cari. Nel vissuto di questa Persona vi è l’assistenza prolungata verso due genitori che l’hanno generata in tarda età, evento che ha profondamente segnato la gioventù del nostro soggetto. Dietro il senso di colpa verso figli e marito si nasconde una rabbia accettabile verso un avverso evento della vita, ma anche una marcata identificazione con le figure gentoriali “colpevoli” di aver messo al mondo una figlia in tarda età, figlia costretta suo malgrado a diventare infermiera dei genitori. Rabbia, quest’ultima, inconfessabile perché moralmente inaccettabile, eppure vero motore della sofferenza della Persona il cui caso ho preso ad esempio. La colpa morale è strettamente connessa alla cultura di appartenenza, e ciò si evince anche nel nostro contesto sociale, ove la percezione di colpa verso chi, ad esempio, elude il fisco è sostanzialmente bassa, mentre in altre culture, specie in quelle anglosassoni, è molto alta. In buona sostanza, i sensi di colpa morali sono molto condizionati dalla cultura e, pertanto, relativi. Ciò non toglie che soggetti particolarmente fragili e con un livello di autostima basso risultino particolarmente suggestionabili ed influenzabili, con gravi ripercussioni nel vissuto. Questo scritto può, all’apparenza, sembrare dedicato agli addetti ai lavori, ma non è così. Chi è genitore, chi svolge lavori in ambito sociale, educativo, chi occupa posizioni di visibilità in ragione delle quali gode di referenzialità, a torto o a ragione, non dimentichiamo mai di essere in Italia…, non dovrebbe moralmente esimersi dal riflettere sull’influenzamento che esercita su chi lo circonda. Parimenti tutti noi, semplici esseri umani, deboli, fallaci e straordinariamente unici, dovremmo volerci abbastanza bene per non permettere a nessuno di alimentare sensi di colpa che, spesso, sono unicamente finalizzati a controllare le nostre vite.

 

 

 

 

 

 

4 pensieri su “Il difficile confronto con il senso di colpa

  1. Cara Dottoressa Giovanna,
    Penso che il senso di colpa lo dovrebbe avere soprattutto chi ha un cuore che si contrappone alle regole sociali. Sono proprio tra questi i soggetti abominevoli che poco riescono ad assimilare il concetto del vero senso di colpa.
    Solo quegli esseri umani che non hanno mai eluso la propria coscienza, possono dire di non avere nell’anima sensi di colpa. Tuttavia, stando al credo religioso, pare che si nasca già con la colpa del peccato.
    Credo anch’io che un senso di colpa può condizionare la vita di una persona. Molta gente, però , fa fatica a definire tale termine , vuoi per il suo modo di vivere che dalle persone da cui è circondato, Direi anche che vi sono sensi di colpa lievi e quelli pesanti che attanagliano il cuore di chi ne è l’autore , quest’ultime , credo che siano di maggiore gravità , capace di appesantire l’anima fino a procurarsi la morte per il peccato che lo strugge l’anima . Ce ne liberi Iddio!
    Ma vi è un rimedio che funziona bene : evitare di avere troppe colpe: è quello di non fare del male al prossimo; di cercare di essere sempre onesti con se stessi e con gli altri che ci circondano, e di essere sempre leali , altruisti e privi di forme pregiudiziali nei confronti degli altri. Inoltre stendere la mano caritatevole a chi piange e si dispera.
    Cordialità

  2. Carissimo Alfredo, Lei ha perfettamente ragione quando afferma che un buon rimedio per non doversi confrontare con i sensi di colpa è quello di vivere rettamente. Io però desideravo riferirmi ai sensi di colpa che vengono indotti dalla società, o dai genitori, più in generale dalla cultura, non quindi riconducibili ad azioni vere e proprie. Noi abbiamo inculcato il concetto di “rassegnazione” e di “sopportazione” degli affanni, per cui chi non riesce a farvi fronte spesso sviluppa sensi di copla che non hanno ragion d’essere. Non siamo nati per soffrire, e di fronte alla vita tanti reagiscono come meglio possono in base alle loro risorse. Si può essere sofferenti senza sentirsi in colpa per non riuscire ad accettare la sofferenza. Questo è in sintesi il concetto che volevo trasmettere. In questo senso, la nostra cultura è estremamente arretrata. Grazie Alfredo caro per il Suo bellissimo commento.
    Con sempre tanta stima
    giovanna

  3. Articolo profondo e denso di contenuti. Peccato che me ne sia accorta dai commenti.
    Sara

  4. Gentile Sara, in un mondo costruito sull’apparenza, io mi sforzo di puntare sulla sostanza. Sono perfettamente consapevole che è più complicato, ma credo che la qualità sia vincente sulla quantità, almeno in un contesto di serietà e professionalità. Purtroppo basta guardarsi attorno per osservare che è spesso vero il contrario. Nel mio piccolo però, sono felice di non essere affetta da quella che chiamo “sindrome del gregge”, ovvero sono ben consapevole di avere il coraggio dei miei pensieri, di non dover vivere di vicariato e di non avere un prezzo, letteralmente, per i miei pensieri.
    Cordialmente.
    Giovanna Ganci

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