La crisi del Pd

Angelo Cennamo

A poco più di due anni dalla sua fondazione, il Pd è oggi un partito sull’orlo di una crisi di nervi. Il discorso del Lingotto con il quale Walter Veltroni lo aveva battezzato come forza riformista, a vocazione maggioritaria, sembrava credibile, a tratti promettente. 20 anni dopo Craxi, la sinistra italiana pareva sul punto di darsi una nuova svolta, e di emanciparsi dagli schemi post comunisti della bolognina e dalle accozzaglie uliviste di prodiana memoria. Veltroni aveva progettato un partito nuovo, libero dai veti e dai ricatti delle altre formazioni della sinistra antagonista e giustizialista. Ma quel disegno durò ben poco. Andò ad infrangersi dapprima contro l’infausta alleanza con Di Pietro che, dopo aver promesso l’annessione alla vigilia delle politiche, si rimangiò, subito dopo il voto, la parola data, forte dell’insperato risultato elettorale raggiunto. Successivamente contro una storica perversione della sinistra: il killeraggio del proprio leader. In pochi mesi, infatti, Uòlter si ritrovò scalzato da Franceschini e quest’ultimo disarcionato da Bersani. Ma è soprattutto sul piano dei contenuti che il Pd ha clamorosamente fallito. La complicata coesistenza al suo interno tra le forze moderate cattoliche e le componenti diessine ( le stesse da oltre 20 anni) ha finito per ingessare il partito in un indecisionismo patologico, rendendolo talvolta subalterno ad altri gruppi dello stesso schieramento, in altri casi fatalmente contraddittorio anche rispetto a temi e dibattiti tradizionalmente di sinistra. Si pensi, ad esempio, all’insipienza dei democratici di fronte alla vicenda del referendum di Pomigliano. A poche ore dal voto, interpellato ai microfoni di un tg, Piero Fassino si era pronunciato a favore del sì attirandosi per questo gli strali di molti suoi colleghi. E così, dopo aver agognato invano la spallata parlamentare del 14 dicembre, con Gianfranco Fini nei panni del cavallo di Troia, il Pd oggiAggiungi un appuntamento per oggi è ridotto a vivacchiare all’ombra delle sciagure di Berlusconi : i processi di Milano, i presunti scandali sessuali, i cablogrammi inciuciati di wikileaks, i rapporti con Gheddafi ( oggiAggiungi un appuntamento per oggi compromessi da una frettolosa oltre che fallimentare interpretazione della crisi libica). L’ultimo spunto per certificare la propria esistenza in vita è il terremoto in Giappone. I danni subiti dalla centrale di Fukushima sono, infatti, serviti ad innescare l’ennesima polemica, stavolta sull’energia nucleare. Un modo come un altro per non staccare la spina e darsi alla resa.  

 

3 pensieri su “La crisi del Pd

  1. gargamella,e’ gia alla resa .il comunismo e’ finito ,e’lui,come un giapponese ,su l’isola deserta,crede ancora che, la guerra continua dopo ventanni.adesso si appella al disastro ,del terremoto , per illudersi di essere vivo. che tristezza

  2. a parlare di politica come se fosse cronaca si finisce per incappare in infinite contraddizioni e ad avere poca carica ideale.
    ualter lanciò una sfida e la sua idea era di combattere con l’avversario ad armi pari e con uno scopo comune: governabilità.
    il nostro small “sciupafemmine” a differenza di quanto avrebbe potuto non se la sentì di abbandonare “l’abbraccio” della lega allo stesso modo del nostro “tu uò fà l’ammericano de najartri” quando decise di andare senza i ricatti della sinistra.
    quella scelta, caro angelo, provocò una disaffezione dei votanti della sinistra storica da una parte e il cappotto dall’altra. però ala lunga quale è stato il risultato? io in questi due anni del b. ter vedo insabilità, improvvisazione e ingovernabilità. al di là dei tuoi occhi, troppo spesso accecati dalla luce del fan, non è stata fatta una riforma decente, la crisi è stata tutta gettata adosso ai più deboli e per il momento non è stato risolto un solo problema, e non ti parlo degli scandali di cui, al di là dello spirito di patata e della voglia di sminuirli, sono stati tanti e gravi e, per quanto mi riguarda, quello delle minorenni è solo l’ultimo e il meno grave.
    anche da un punto di vista strategico si sente la difficoltà nel gestire le scelte governative, l’imbarazzo per gheddaffi è evidente per quanto evitabile, sarebbe bastato un ricevimento normale senza pagliacciate, come l’imbarazzo sul nucleare è evidente, quando sarebbe bastato normalmente riflettere e scegliere e non fare dichiarazioni a difesa dell’esecutivo fuori luogo del tipo “non si torna indietro”, e perchè non bisogna tornare indietro se è sbagliato?
    a mio modo di vedere questi due partiti, pdl e pd, sono uno uno specchio dell’altro, hanno paura di maturare e di assumersi le responsabilità. e in questo mi dispiace, anche se a malincuore, devo riconoscere che ualter in qualche maniere se le era assunte.
    quanti rimpasti sono stati fatti in questi due anni?
    la verità forse è semplice per il nostro “mitrombopurelepecoremeglioseagnelle” ha troppo interesse a vincere per potersi permettere di perdere.
    salutoni

  3. Il fallimento del Pd – perchè è di fallimento che dobbiamo parlare – non ha niente a che vedere con il percorso del Pdl e le sue scelte politiche. Il Pd non ha una leadership ( non l’ha mai avuta), non ha un programma condiviso, anzi non ce l’ha affatto. Non ha prospettive, e non sa neppure cosa vuole. L’unico atto di opposizione che ha partorito fino ad oggi è stato quello di raccogliere le firme di Paperino e di Hitler per dimissionare Berlusconi.
    Il centro destra, con tutte le sue sciagure interne ( scissione di Fini, sulla quale ho scritto e riscritto, e non intendo tornarci) in questi tre anni di legislatura ha varato tre riforme importantissime : università, federalismo e giustizia. Grazie al “baciamano a Gheddafi” aveva ottenuto lo stop degli sbarchi a Lampedusa ( la sinistra a Lampedusa ci ha fatto arrivare di tutto), ha contrastato la mafia e la camorra come nessun altro governo ( quelli precedenti non hanno prorogato il 41 bis a centinaia di boss), mantenuto i conti in ordine. In 8 anni e mezzo di governo del centro sinistra abbiamo visto solo nuove tasse, nuove poltrone, la conversione della lira in euro a 1927,36 ed uno stato di polizia tribuatria in stile Germania Est.
    Tutto il resto sono sciocchezze e gossip.
    Saluti – Angelo Cennamo

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