Noi ed il multiculturalismo
“Sotto la dottrina del multiculturalismo di Stato, abbiamo incoraggiato culture differenti a vivere vite separate, staccate l’una dall’altra e da quella principale. Non siamo riusciti a fornire una visione della società, alla quale sentissero di voler appartenere” (David Cameron -Conferenza sulla sicurezza- Monaco)
Giuseppe Lembo
Cameron dice basta alla tolleranza passiva. I diritti delle minoranze etniche e religiose – è quanto afferma – vengono dopo il dovere, che esse hanno di imparare e rispettare le norme etiche e giuridiche della società e dei Paese democratici dove vivono. Nelle relazioni fra le civiltà e soprattutto fra le civiltà occidentali e la civiltà islamica, occorrono nuove strategie. Non è più possibile, né tollerabile, è questa la lezione che ci viene dall’Inghilterra, una condizione umana fatta di contesti urbani vicini ma distinti, seguendo i canoni morali e di costume imposti dalle rispettive storie. Non è più possibile la visione della società unica; non è altrettanto, pensabile che le diversità umane possano agire contro chi li accoglie. È necessario che del Paese di accoglienza se ne condividano i valori fondanti quali l’uguaglianza fra i sessi, la democrazia politica, la libertà. È su queste basi che si deve pensare di poter integrare l’immigrato che deve liberarsi del fanatismo ideologico, aprirsi agli altri che li devono ricevere ed evitare di chiudersi, rifiutando così di capire e di adeguarsi agli stili ed ai valori del vivere occidentale. Tanto serve all’Europa ed all’Occidente per evitare il diffondersi delle ideologie estremistiche islamiche e per contrastare le derive terroristiche che non rappresentano tutto l’Islam, ma il solo fondamentalismo integralista, pericolosamente sbilanciato e fortemente contrario ad un mondo di pace, il frutto del dialogo attivo ed operoso tra le diversità umane. È un pericolo per tutti, la tolleranza passiva. L’umanità delle diversità deve camminare insieme ma nel rispetto reciproco. Per guardare al futuro di pacifica convivenza umana, bisogna saper dire basta alla rassegnazione ed alla cautela che è di fatto, impotenza. Una società passivamente tollerante, rimane neutrale tra valori differenti. Assume un ruolo pericolosamente perdente. Un paese che sa interessarsi alle diversità, credendo nei valori fondanti dello stare insieme solidale, deve attivamente promuovere il dialogo, il confronto. L’Europa e l’Occidente in generale sono ormai realtà multietniche e come tali devono adoperarsi per un insieme umano che non si trasformi in ghetto ed in luoghi di incomprensioni e solitudini. Sono tanti che vivono da “sradicati” lontani dai paesi di origine. Sono, soprattutto, i musulmani a vivere, come detto da Magdi Allam una condizione da “schizofrenia identitaria” nei luoghi che li ospitano, ma che considerano estranei se non addirittura nemici. Le nazioni multietniche, compresa l’Italia, devono sapersi inventare il futuro. Il nostro futuro è multiculturale e multirazziale; stando così le cose, dobbiamo saper coinvolgere chi viene da noi, in un progetto di vita comune nelle diversità dell’appartenenza. È questo il volto della nuova Italia, della nuova Europa e del nuovo Occidente. È questo il nuovo volto del mondo. Dobbiamo pensare a politiche di insieme umano, per un progetto comune che non badi alla sola esteriorità delle diversità, ma prioritariamente all’uomo, alla sua identità di uomo che è al di sopra ed al di fuori di tutte le differenze. Per questo progetto comune, occorre la disponibilità di tutti; le diverse parti in campo devono attivamente adoperarsi, per affrontare e vincere la grande sfida del Terzo Millennio, dove la multietnicità è già una realtà. In nessuna realtà d’Europa e/o dell’Occidente, è più pensabile lo sviluppo di “comunità separate”, finalizzate ad azioni contro, alimentate da possibili forme di fanatismo fondamentalista che non vuole il dialogo, il confronto, ma la distruzione dell’altro. Questo non è il nostro obiettivo di vita; contro questo assurdo obiettivo di eliminazione dell’altro, noi dobbiamo opporci con la dovuta fermezza, senza punto ferire, cercando di trasformare anche il fanatismo violento, in un possibile dialogo con l’altro, in quanto uomo della Terra.