S. Alferio con il modellino della Badia di Cava e con la regola benedettina

I santi fondatori di chiese ed abbazie vengono di solito raffigurati dagli artisti  con il modellino della chiesa o dell’abbazia che fondarono in una mano. Questo oltre ad essere l’attributo iconografico che li fa ben individuare è il simbolo del loro titolo di merito principale davanti a Dio: l’aver contribuito ad elevare il mondo con la costruzione  di un edificio sacro come centro di spiritualità e di cultura cristiana. Non è sfuggito a questo tipo di raffigurazione S. Alferio, il fondatore della Badia di Cava de’ Tirreni,  in un dipinto del Seicento cui si ispirò l’artista benedettino d. Raffaele Stramondo, scomparso nel 1997, per un suo dipinto dello stesso santo.  Lo Stramondo apportò poche variazioni all’originale cui si  ispirava.  In lui come nel suo modello Alferio appare come un vecchio dalla  barba e dai capelli candidissimi. Sta nella grotta Arsicia con il modellino della Badia nella mano destra che non era alla sua morte certamente così grande come il modellino fa credere.  Alferio ha gli occhi al cielo in un assortimento composto, non tremendo quale quello che ha in Pietro Annigoni ( il pittore dell’abbazia di Montecassino risorta sulle sue ceneri dopo la distruzione dei bombardieri americani).  E mentre contempla una Badia che certamente non è quella che vide  Alferio è anche  in uno dei cinque dipinti realizzati recentemente dall’artista Antonio Lamberti all’interno del Bar Garibaldi a Cava de’ Tirreni. La Badia infatti uscita dai pennelli del Lamberti ha la facciata settecentesca che ancor oggi si ammira. Originalissimo è invece il disegno ad inchiostro realizzato lo scorso anno dall’artista salernitana Laura Bruno per il libro di mio padre “ S. Benedetto a Salerno. S. Benedetto nell’arte contemporanea”.  La Bruno, che si è ispirata al dipinto dello Stramondi, apporta più significative variazioni al suo modello di quante ne abbia apportato lo Stramondi al suo, variazioni che manifestano un’ attenta riflessione sulla figura del santo ed una maggiore modernità.   Innanzitutto il suo è un Alferio più giovane nei lineamenti e nel colore dei capelli e della barba non proprio candidi. Ad indicarne la giovinezza dello spirito? E’ evidente. Poi in quest’artista la grotta Arsicia non ha l’importanza che ha nello Stramondi. Il santo primo abate della Badia di Cava  ha  nel disegno della Bruno  alle sue spalle il monte S.Elia di cui nel dipinto dello Stramondi si vedono appena le pendici. Ma in effetti è  sul monte S. Elia che nacque la Badia di Cava. Fu lì che nacque in Alferio l’idea di costruirla, o meglio fu lì che Alferio ebbe da Dio l’ordine  di costruirla nei pressi della grotta Arsicia.  Infine nell’opera della Bruno Alferio non ha nella mano destra il modellino dell’ edificio sacro da lui fondato ma una copia della Regola benedettina da lui fedelmente seguita, individuabile dal motto “ Ora, Lege et Labora”. Non abbiamo trovato finora raffigurazioni di S. Alferio con la regola benedettina in mano, ma certamente non ce ne sono di quelle che presentano un Alferio con una regola che ha sul frontespizio i tre imperativi che abbiamo riportato. Per secoli la regola benedettina è stata sintetizzata col motto “Ora et Labora” , è da poco invece, dopo che importanti studi hanno evidenziato il rilievo che S.Benedetto in essa dà alla lettura meditata di brani della Sacra Scrittura, che la si sintetizza  frapponendo ai due imperativi “Ora et Labora” rivolti ad un ideale monaco che voglia seguirla anche l’imperativo “ Lege”.

Maria Rosaria Adinolfi