Gli italiani? Statalisti

Angelo Cennamo

 Prendo spunto da un articolo di Angelo Panebianco, apparso sul Corriere della sera, per fare alcune considerazioni su come molti nostri connazionali intendano la politica e si relazionino con le istituzioni pubbliche. La premessa è incentrata sulla rivoluzione liberale annunciata da Silvio Berlusconi fin dalla sua discesa in campo, nell’ormai lontano 1994. Meno Stato, meno tasse per tutti ed un robusto ridimensionamento della burocrazia, che con i suoi lacci e lacciuoli ostacola, di fatto, la libertà dei cittadini : questo, in sintesi, fu il programma elettorale che il nostro premier propose agli italiani per sconfiggere la gioiosa macchina da guerra di Achille Occhetto. Da allora, Berlusconi ha vinto le elezioni per ben tre volte ( nel 1994, nel 2001 e nel 2008, nel secondo caso ha completato l’intera legislatura, caso unico nella storia repubblicana). Una parte di quel programma elettorale, Berlusconi, a più riprese, è riuscito a realizzarlo. E’ innegabile, infatti, che alcune riforme modernizzatrici, in tema di mercato del lavoro, di scuola ed università, e di federalismo, il centro destra le abbia sapute portare a compimento. E che il bilancio complessivo, rispetto agli avversari di centro sinistra, sia di gran lunga migliore. Tuttavia, al di là degli interventi citati e di poca altra roba, non si può dire che la rivoluzione annunciata dal Cavaliere, e così enfatizzata dai suoi media, abbia visto per davvero la luce. Di chi è stata la colpa? Sull’argomento si è detto e scritto di tutto, ed ognuno di noi può sbizzarrirsi ad esprimere la propria opinione. I fattori sono molteplici. Esterni ( l’11 settembre, la crisi internazionale del 2008) ed interni ( ostruzionismo e veti incrociati da parte degli alleati di governo : centristi e aennini su tutti). Ma c’è un altro dato che Panebianco pone sul tavolo della sua analisi. Gli italiani, scrive l’esimio editorialista, anche quelli che votano per il centro destra, sono in larga maggioranza “Stato-fili”; si professano, cioè, liberali, ma solo quando si legifera sugli affari altrui. In realtà, essi vorrebbero che lo Stato li accompagnasse dalla culla alla tomba, come scrisse, sempre sul Corsera, Piero Ostellino. Ma le rivoluzioni liberali le possono attuare fino in fondo solo degli accaniti “Stato-fobi”. Berlusconi probabilmente lo è, e per questo viene tacciato dai suoi detrattori di essere irriguardoso verso le istituzioni ( Di Pietro lo definì addirittura : “Stupratore della democrazia”). Ma quanti italiani se la sentirebbero di rinunciare ad uno Stato che li assiste e che li coccola anche quando non ce ne sarebbe bisogno?  

 

Un pensiero su “Gli italiani? Statalisti

  1. Bravo il nostro Cennamo . Ha centrato il problema . E’ per questo che larga parte del Nord Italia dove si lavora in proprio , dal piccolo falegname alla stalla per il latte , dall’opificio familiare all’albergo , ne ha piene le scatole della tassazione senza garanzie sociali come quelle che da decenni ha lo statale . E’ per questo che nasce la CGIA Mestre . Non si può avere uno Stato che difende soprattutto i suoi dipendenti , che ciocca o tira il vento a fine mese da lo stipendio comunque e sempre, crisi o non crisi, servi o non servi fa nulla. Non si può chiedere ad una parte della nazione di correre ed essere competitiva e l’altra metà invece è tranquilla. E’ per questo che l’Italiano si presenta i migliaia ad un posto di vigile urbano o di dipendente comunale . Non vuole il rischio , non vuole la guerra , se ne frega della chance : non vuole eessere ricco, vuole stare sicuro fino alla vecchiaia , fino alla pensione . Sa che lo Stato non lo abbandonerà mai . La crisi colpisca gli altri .

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