Giordano Bruno ovvero il “Santo” patrono degli anticattolici

  don Marcello Stanzione

 Giordano Bruno fu condannato al rogo il 17 febbraio del 1600 dall’inquisizione romana.  Da allora da tutte le lobbies laiciste, di estrema sinistra e anticattoliche viene presentato come un martire della scienza, precursore dell’Illuminismo, vittima dell’oscurantismo della Chiesa e patrono dell’anticlericalismo. A lui si richiamano i campioni dell’umanesimo laico e quelli dell’esoterismo e del New Age, i razionalisti seguaci della scienza e i neognostici. In Italia durante il Festival di filosofia e scienza, tenutosi a Città di Castello nell’ottobre del 2008 Corrado Augias è salito sul palcoscenico per declamare alcuni passi di Giordano Bruno, presentato come campione della libertà di coscienza e vittima dell’intolleranza cristiana. Gabriele La Porta in suo libro presenta Bruno come uno dei massimi filosofi dell’epoca moderna e il maggiore rappresentante della magia rinascimentale, ma soprattutto come l’eroe che combattè l’ignoranza, il bigottismo, l’ipocrisia degli accademici, i dogmi e che per questo fu condannato e arso vivo sul rogo. In Germania, l’Unione centrale degli ateisti e degli agnostici (o, come amano definirsi, “propugnatori dell’Umanesimo evoluzionista”) si chiama Fondazione Giordano Bruno. Il suo scopo è sostituire la fede nell’Onnipotente Iddio con la fede nell’onnipotenza della scienza e scacciare per sempre dalla politica e dalla società le convinzioni religiose. In Italia una campagna simile cioè sistematicamente anticattolica e anche contro ogni religione è portata avanti dall’UAAR e da personaggi come Margherita Hack e Odifreddi. Una citazione famosa del Nolano lo qualifica per il ruolo di portabandiera del nichilismo scientista: “Pregate, pregate Dio, o carissimi, se non siete ancora asini, che vi faccia divenir asini!… Stolti del mondo son stati quelli ch’han formata la religione, gli ceremoni, la legge, la fede, la regola di vita; gli maggiori asini del mondo (…) son quei che, privi d’ogni altro senso e dottrina, e voti d’ogni vita e costume civile, marciti sono nella perpetua pedanteria…” . Naturalmente il defunto Giordano Bruno non può più difendersi da queste appropriazioni più o meno  indebite e dal momento che nel corso della sua vita ha scritto molto e ancor più insegnato e cambiato idea continuamente anche a seconda di ciò che più gli conveniva, infatti le sue opere sono piene zeppe di contraddizioni,  è quindi il personaggio più adatto a essere rappresentato come martire di ogni tendenza di pensiero alternativo e non ortodosso rispetto a quello cattolico. Filippo Bruno nacque a Nola ( è ricordato come il “Nolano”) nel 1548 e dopo essere entrato diciassettenne nell’ordine dei frati predicatori divenne sacerdote domenicano col nome di Giordano. Ben presto abbandonò la dottrina cattolica per passare ad una concezione panteistica (identificazione di Dio con la natura creata). Fu così che subì a Napoli alcuni processi per eresia e per questo decise di fuggire a Roma, dove arrivò a gettare nel fiume Tevere un suo accusatore e ad abbandonare l’abito domenicano che però all’occorrenza quando gli era utile rivestiva per entrare in alcune cerchie ecclesiastiche come i monasteri dei luoghi dove cercare ospitalità gratuita. Allontanatosi da Roma, viaggiò moltissimo, e, viaggiando, decise di rivestire più volte illegittimamente il saio, forse per avere anche più possibilità di entrare in palazzi importanti come le università. Dopo l’Italia, andò a Ginevra per farsi calvinista. Qui, però, fu subito accusato e scomunicato per le sue convinzioni panteistiche perché le sue convinzioni panteistiche che cioè Dio e il creato fossero identici non andavano d’accordo con il “credo” calvinista. Decise allora di abiurare le proprie convinzioni per aver salva la vita e di abbandonare la città svizzera. Si recò prima a Tolosa e dopo aver litigato con un collega che prima era stato un suo grande amico decise di cambiare aria e poi a Parigi, dove pubblicò opere di mnemotecnica (l’arte dello sviluppo della memoria) e commediole oscene. Entrò anche in contrasto con i professori della Sorbona, che non di rado dovevano subire i suoi insulti feroci e volgari. L’ambasciatore francese in Inghilterra se lo portò a Londra, dove visse dal 1583 al 1585. Alloggiato all’ambasciata di Francia, si guadagnava da vivere facendo la spia per il suo ospite e – come dice la storica inglese Frances Yeats – anche per Elisabetta I, alla quale denunciava i cattolici, i quali, se non rinnegavano la fede “ papista”, venivano condannati a morte. A questo riguardo ricordando la tragica fine del Nolano  sarebbe opportuno ricordare il vecchio adagio : “ Chi di spada ferisce, di spada perisce”… Intanto grazie al suo carattere insopportabile e squilibrato si era costruito una fama di personaggio inaffidabile ed infatti divenne persona non grata all’università di Oxford e dovette cambiare aria al più presto… . Infatti, lasciata l’Inghilterra, non trovò accoglienza nemmeno in Germania, pur assicurando ai luterani di poter attaccare violentemente e costantemente la Chiesa Cattolica come aveva già fatto precedentemente nel suo libro “Spaccio della bestia trionfante” dove mise in ridicolo il papato e il culto cattolico dei santi. In Germania si era fatto la nomea di persona inaffidabile, cattiva, megalomane ed egocentrica ed in qualsiasi posto andasse offendeva prima o poi gratuitamente chi gli stava intorno chiamando tutti con l’appellativo di “ asini”..  A Praga l’imperatore Rodolfo II lo pagò perché se ne andasse dalla città e così togliesse il fastidio. In un trattato su Copernico ( guarda caso un grande scienziato polacco che era pure un ecclesiastico cattolico) commise l’errore di affermare che la luna non girava intorno alla Terra ma aveva una sua orbita intorno al sole: aveva tradotto male il latino del testo originale…Il grande scienziato Tycho Brahe quando incontrò Giordano Bruno a Praga gli rimproverò di essere una nullità anche in astronomia. E’ divertente sapere che a proposito di “ Bruno Nolano” le parole sfottò di Brahe furono: “ Nullano nullo e nulla. Spesso i nomi ben si adattano a chi li porta”. Non gli rimase che accettare l’invito del nobile veneziano Giovanni Mocenigo a trasferirsi nella città lagunare di Venezia. Mocenigo lo invitò per apprendere da lui “l’arte della memoria”, ma con il passar del tempo ebbe modo di accorgersi che Bruno non sapeva insegnare un bel nulla e sfruttava la sua ospitalità. Scoprì inoltre che era diventato l’amante della propria moglie e lo denunciò all’Inquisizione veneta. Ma anche l’Inquisizione veneta decise di liberarsi di quell’uomo tanto turbolento e rissoso, consegnando quell’attaccabrighe direttamente al Sant’Uffizio, cui aspettava per giurisdizione, in quanto prete e frate domenicano mai cacciato ufficialmente dal suo ordine. Il processo si aprì nel 1593, ben sette anni prima dell’esecuzione della condanna.  Va detto che purtroppo gli atti andarono in gran parte perduti al tempo dell’invasione napoleonica. Bruno dapprima si pentì, poi ritornò sulle sue posizioni addirittura egli dettò molto presuntuosamente le sue condizioni al papa. Se Clemente VIII avesse condannato come eretici una serie di principi dottrinali cattolici quali ad esempio la transustanziazione cioè la presenza reale di Cristo nell’Ostia era pronto a sottomettersi alla sua autorità. Per sette anni lo si scongiurò di rientrare nell’ortodossia. Gli fu concesso ogni confort e gli furono inviati i migliori predicatori per convincerlo tra cui il cardinale san Roberto Bellarmino che restrinse le accuse mosse a Giordano Bruno a otto tesi, decisione che trovò d’accordo per una volta anche il Nolano. Si tenga presente che oggi un processo che duri sette anni è normale. Un tempo no. Questo vuol dire che vi era la reale intenzione da parte dei giudici di salvare la vita a Bruno. Non ottenendo nulla, il Tribunale dell’Inquisizione lo consegnò al braccio secolare e l’esecuzione fu eseguita il 17 febbraio del 1600. Gli storici dicono che a questo punto la vicenda si fa oscura. Pare che la tendenza dei giudici fosse quella di relegare il Bruno in qualche convento sperduto fra le montagne, anche perché per il comportamento del Nolano molto probabilmente lo ritenevano un malato mentale, quando un certo fra Celestino da Verona, un domenicano ch’era stato compagno di cella di Bruno a Venezia, si presentò spontaneamente a deporre contro di lui. Di questo episodio non si ha traccia, forse perché posto sotto segreto dal papa Clemente VIII in persona, ma sembra che fu proprio questo fatto a segnare la tragica sorte finale del “Nolano”. Lo storico Luigi Firpo, nato nel 1915 e morto nel 1989, noto laicista esponente della cultura torinese post-gobettiana, dirigente Rai, onorevole del partito repubblicano dedicò quarant’anni allo studio di quel processo, il suo primo libro è del 1949 ed è edito dalle edizioni scientifiche italiane di Napoli, ma poi fu costretto ad ammettere con molta onestà intellettuale che “la condanna di Bruno è stata oggettiva. Dal punto di vista giuridico del tempo, non esisteva alternativa. Dal punto di vista del procedimento, è stato un procedimento esemplare”  E’ chiaro all’epoca di Bruno non si andava per il sottile e la pena capitale sia da parte delle autorità civili che da quelle religiose in ogni confessione e regime veniva comminata con molta facilità. Il pensiero di Bruno era davvero pericoloso per la Chiesa in quell’epoca di lotte religiose e civili con i protestanti? Tralasciando i punti più specificamente eretici (negazione della Transustanziazione, della Verginità di Maria Santissima, del Primato di Pietro), i più caratterizzanti furono quelli magici (panteismo, esaltazione della magia, reincarnazione, dissoluzione dionisiaca della morale tradizionale cristiana) e quelli di esplicito odio anti-cristiano (il Cristianesimo può essere utile solo agli ignoranti che non potranno mai capire la vera sapienza, cioè la magia; la Sacra Scrittura è piena di menzogne; Cristo non era Dio, ma un mago impostore giustamente condannato a morte; anche gli Apostoli furono degli impostori). In quell’epoca c’era il concetto che come il falsario batteva moneta falsa e per questo doveva essere messo a morte tanto più lo doveva essere chi falsificava la verità.  Oggi con la nostra sensibilità è facile criticare quei tempi ma è necessario entrare in quel tipo di mentalità dell’epoca. Come si vede un ateo contemporaneo come Odifreddi scopiazza molto dal Nolano…e oggi certamente la Chiesa non lo metterebbe in galera mentre Odifreddi è dovuto fuggire prima della caduta del muro di Berlino dall’Unione Sovietica e dai suoi compagni di ideologia di sinistra russi per non fare una brutta fine…!!! Il “mito Bruno” è stato nel passato costruito soprattutto dalla Massoneria poi è stato utilizzato dalla sinistra marxista nella sua lotta ideologica alla Chiesa ed oggi è utilizzata da vari gruppi ateisti ed occultistici che la utilizzano per colpire “ l’infame” come Voltaire chiamava la Chiesa Cattolica. La statua di Giordano Bruno fu eseguita da Ettore Ferrari, Gran Maestro della Massoneria. Inizialmente venne posta, per dispetto, di fronte alla Cancelleria Apostolica, poi fu trasferita in Campo de’ Fiori, luogo storico dell’esecuzione affinché divenisse un ricordo propagandistico di odio anticattolico. E’ certo che se i cattolici odierni dovessero fare le statue per tutti i loro martiri uccisi nei secoli  per testimoniare la loro fede cattolica e così eccitare l’odio contro i nemici del Cristianesimo, bisognerebbe costruire diverse centinaia di milioni di statue e per far ciò non basterebbe tutto il marmo di Massa Carrara!!!

9 pensieri su “Giordano Bruno ovvero il “Santo” patrono degli anticattolici

  1. Ho appena scritto un commento e mi trovo a leggere il sequel su Giordano Bruno. Io sono cattolico, a scanso d’equivoci, ma non trovo giusto specialmente a Natale pubblicare scritti così polemici. A chi servono? Dentrosalerno non aveva bisogno di fare polemiche per farsi leggere, perché? Perché a Natale, quando ben altro tono di discorsi bisserebbe fare. Mi dispiace direttrice, mi dispiace don Marcello, ma stavolta l’amarezza è tanta.

  2. Lei Don Stanzione non mi piace. Scrive di cose brutte, di diavoli, di morti. Quando scrive di angel, allora si Che ci siamo. Questo scritto è brut to e pesante. Sia più buono al nuovo anno.
    Auguri

  3. Quest’articolo è la prova dell’attenzione di don Marcello verso i suoi lettori, cattolici ovviamente. Peccato che dentrosalerno si proponga come giornale libero. Come si spiega la contraddizione e lo sgarboroprio a NAtale?
    Peccato, un’occasione persa.

  4. Don Stanzione, lei non conosce la parola PIETAS neppure nel giorno di Natale. Il suo tono sprezzante nei confronti di chi, fosse anche il più delinquente del mondo, ha saputo e voluto affrontare una morte tanto atroce pur di salvare la sua libertà di pensiero,è davvero orripilante! Che Idddio abbia pietà di Lei!

  5. Ribadisco il concetto: un cattolico praticante non può condividere queste posizioni. Il giorno di Natale un sacerdote deve avere più rispetto.

  6. quello che traspare da questo scritto è perfettamente in linea con quanto tra le righe si legge in diversi scritti ad opera di cattolici nei confronti di Giordano Bruno: odio, disprezzo, disprezzo e odio per una persona che non si è voluta piegare al potere clericale.
    Bruno era un credente, il suo Dio non era quello della Chiesa: un eretico dunque, ma un eretico radicale, nelle opere come nella vita. E questo ha sempre aizzato l’odio della paura di certi cattolici nei suoi confronti. Ed è in un certo senso divertente constatare che ancor oggi, a secoli di distanza, Bruno sortisca certi effetti.

  7. Don Stanzione, mi era sfuggito il fuoco d’artificio con cui ha voluto festeggiare il nuovo rogo su cui ha posto il povero Bruno. Veramente il botto finale (spero, ma forse purtroppo ne farà seguire altri). Non replico perché non si può replicare al livore. Le segnalo soltanto che oggi nessuno (a parte Lei e qualche professore in pensione)dà ancora credito alle conclusioni della Yates che da molti studi e argomentazioni serie giunse a conclusioni insensate. Meno ancora alla favola sul Bruno spia. Si chieda anche Le: cosa mai avrebbe guadagnato il Bruno se veramente avesse fatto la spia per Elisabetta: un castello nel Kent? Denaro? L’inserimento a corte? Niente di tutto ciò: un ritorno a casa con l’ambasciatore, povero come era arrivato!
    Col rischio che lo scoprissero e gli tagliassero la testa! Le pare poi che uno che avesse fatto la spia si sarebbe accanito a sostenere le sue tesi filosofiche ben sapendo che gli sarebbero costate la vita? Suvvia, sia buono, e invece di dar retta al Mocenigo (quello sì una spia, un delatore) se non vuol dar retta al Bruno, che dovrebbe comunque leggere, dia retta almeno ai Vangeli, come Le hanno richiesto i suoi lettori.
    Gianmario Ricchezza

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