Società in crisi

Giuseppe Lembo

Nella mente della gente del nostro Paese, c’è una grande confusione; si confonde volutamente l’irreale con il reale; la realtà con i sogni. Ad accompagnare in questo viaggio la società italiana è, soprattutto, la televisione, regno incontrastato dell’irreale, della fantasia, dei sogni; rappresenta con forza i soli sogni e sempre meno la vita così com’è. In questo modo la società del nostro Paese non sta per niente con i piedi per terra; pensa che tutto sia dovuto e che niente possa fermare o essere di ostacolo alle attese, anche se proibite, di ciascuno. A questo ha contribuito una corsa sempre più folle di pensare alla vita terrena come una Bengodi, un paradiso dove c’è solo da godersela. Nel corso degli anni, il cittadino del nostro paese, si è compiaciuto di essere sempre meno parte attiva ed integrante di un insieme sociale coeso e solidale, capace di pensare non solo egoisticamente al proprio bene, non solo a se stesso, ma anche al bene comune, al bene sociale, per il quale è un danno l’egoismo, il familismo, la crisi dei valori, la mancanza di un’etica condivisa. Siamo, in queste condizioni alla frutta; nel nostro Paese è difficile pensare al futuro, come ad un futuro possibile. Tutto gira intorno ad un presente sempre più fine a se stesso; ciascuno è interessato a vivere come presente, l’attimo fuggente del pantareo cosmico; si è assolutamente indifferenti a costruire e costruirsi il futuro, il frutto dell’impegno dell’intero insieme sociale. La società del nostro Paese, contagiata da altre società del mondo globale, basate sui consumi e sul vivere sognando, non ha saputo guardare avanti e pensare positivo, per il proprio futuro. Ha trovato più conveniente manifestare la propria disponibilità per una prospettiva di futuro impossibile, basata unicamente sull’irreale, sul mondo dei sogni, poco significativo per costruire la società d’insieme. Stando così le cose, non si può essere indifferenti al proprio futuro; a nessuno è dato compiacersi di vivere in una società in crisi che, per altro, fa vivere male il presente e non permette di pensare positivamente al proprio futuro, partendo dall’etica condivisa e dal reciproco rispetto umano. Il protagonismo attivo dell’insieme sociale può ridare a ciascuno fiducia non solo per il proprio presente, ma anche per il futuro, che tutti devono contribuire a costruire. L’humus più fertile per pensare al futuro, non viene dalla società in crisi; non viene soprattutto dalla crisi identitaria di ciascuno. La scommessa del futuro dell’uomo e del suo insieme sociale è basata sui valori identitari dell’appartenenza e sull’etica condivisa; rende ciascuno forte dentro e fa da collante per far crescere l’ insieme sociale, il lievito dell’umanità per l’uomo e per pensare insieme ad un mondo nuovo. Questo dobbiamo tener presente come società in crisi del nostro Paese. È urgente rimuovere le tante negatività a base del profondo e diffuso malessere; è urgente ricomporne i cocci dello sfascio e liberarla dal male oscuro che ne fa una società da “malasocietà”. È necessario pensare positivo per l’uomo e per la società nel suo insieme; è importante promuovere l’etica condivisa, i valori veri della vita ed uno stare insieme allargato, dove le diversità rappresentano una ricchezza e favoriscono la crescita della solidarietà antropica, un patrimonio comune dell’uomo globale del Terzo Millennio. La nostra società in crisi, non può creare assuefazione e compiacimento diffuso; ciascuno deve sapersi impegnare agendo e reagendo; ciascuno deve saper dare il meglio di se stesso per cambiare e per costruire insieme albe nuove, per una società italiana rinnovata, in prospettiva di una altrettanto rinnovata società globale, con al centro da protagonista l’uomo globale del Terzo Millennio. Siamo al capolinea. Purtroppo c’è in atto, il venir meno dei valori fondanti di una società vera che non vive di solo presente, ma che è capace anche di guardare al futuro. Siamo al venir meno del ruolo importante della politica, della religione, dell’umanità d’insieme, del pensare positivo, dell’etica e del saper costruire a più mani il proprio futuro, in prospettiva di quelli che verranno. Per tale obiettivo, che fare? Andar via o rimanere con la propria umanità ed il proprio coraggio a pensare, riempiendo il vuoto anche di quelli che non pensano e di quelli che non agiscono per il bene comune, essendo indifferenti a tutto, tranne che al proprio stomaco. Andar via non è giusto; andar via non conviene. Bisogna rimanere e con forza parlare alla gente ed agire responsabilmente pensando al bene comune; pensando positivo anche per quelli a cui rompi le scatole e vorrebbero evitare con tutto se stessi, che tu esista solo perché gridi ed invochi i valori della vita, di una vita vera, degna di essere vissuta, capace in tutto di amare, di creare la pace ed il bene comune e di non isolarsi familisticamente nel proprio vuoto cosmico, in compagnia solo di un se stesso silenzioso e vuoto. Pur andando un giorno via, resto qui con il mio pensiero, con i miei valori, con il mio sentimento ed il mio ruolo di uomo difensore dei deboli, degli ultimi, degli esclusi, per ricordare alla gente che la vita non è solo quella comunemente intesa, fatta di sole cose terrene, di soli beni, di solo potere e/o di cibo con cui si dilata il proprio stomaco. La vita, quella vera, è soprattutto umanità, capacità di dialogo e di confronto, volontà di camminare insieme agli altri per un mondo di pace e per ricercare, senza fermarsi mai, quel frutto buono che è un mondo nuovo, un mondo dove a tutti sia dato vivere nel rispetto di una vita umana dignitosa e libera, prima di tutto dal bisogno che, per tanti della Terra, è un vero e proprio inferno dove si nasce e si vive in miseria per poi morire nell’indifferenza di tutti, di fame e di sete.

  Lembo