Ritratti africani: Agar, arbitra di calcio

Padre Oliviero Ferro

 L’ho conosciuta il giorno che l’allenatore belga (soprannominato “petit sorcier”, piccolo stregone) mi aveva invitato a arbitrare una partita di allenamento della sua squadra. Quando arrivo allo stadio della città, trovo lei e un altro che mi fanno da guardialinee. La partita procede tranquilla e loro due mi aiutano, come dovrebbero. Alla fine ci complimentiamo a vicenda e riceviamo anche gli apprezzamenti dei giocatori. Piano piano,cominciamo a fare amicizia, sia con lei che con gli altri arbitri della città. Così vengo a scoprire che lei è diventata arbitra nazionale, anzi è pure nella lista degli arbitri africani. Infatti in Camerun, da diverso tempo, c’è l’abitudine che le partite di calcio della serie A, siano arbitrate indifferentemente da uomini o da donne. Idem per i segnalinee (o arbitri assistenti).Mi spiega che gli arbitri hanno un rimborso spese ridicolo. Quelli della serie B, dovrebbero ricevere sui 2-3mila franchi cfa a partita (cioè sui 5 euro). Naturalmente viaggi e cibo a loro carico. Quelli della serie A, sui 50mila  franchi(circa 90 euro). Allora viene da pensare come sia difficile trovare persone che facciano questa attività. C’è anche il rischio di ricevere colpi,oltre a insulti e cose varie. Non c’è nessuna tutela delle Forze dell’ordine (sarebbe meglio dire “del disordine”). Se un arbitro viene picchiato, nessuno piange. Tanto i tifosi pensano che se lo merita,perché ha fatto loro torto. Insomma, tutto il mondo è paese. Poi se è donna, vi risparmio gli apprezzamenti di ogni tipo che farebbero arrossire anche un pomodoro…Ma, a parte questo, visto che poi si è trasferita nella nostra parrocchia di Nefa, le abbiamo chiesto di venire ad arbitrare le partite del torneo parrocchiale. Lo ha sempre fatto volentieri e in spirito di amicizia. Era una persona semplice, anche se, come tutti i giovani,aveva dei suoi progetti per il futuro, compreso quello di farsi una famiglia. Per la donna, in Africa, è molto più difficile avere spazio, perché viene sempre messa in disparte. Lo sport può far fare un salto di qualità e dare visibilità. E’ difficile fare capire agli uomini che anche loro hanno i medesimi diritti e doveri. Anche questa è una “buona battaglia” per cui vale la pena di combattere.