Lioni: “Le Macerie Invisibili”

 Riannodare il filo della memoria è uno dei compiti istitutivi dell’Osservatorio permanente sul dopo sisma. Ma il bisogno di memoria, l’impellenza del ricordo anche come misura comparativa della qualità del nostro agire quotidiano è tema che coinvolge questo tempo e impone tutti all’impegno della rendicontazione. In questo lavoro, che segna il primo degli obiettivi dell’Osservatorio – produrre documenti e analisi che sollecitino la riflessione e il dibattito sulla qualità della capacità pubblica di affrontare grandi emergenze nazionali – sono accuratamente elencate le cifre come esse sono state nel tempo certificate dalle fonti ufficiali  che narrano alcuni dei più grandi interventi di Protezione civile degli ultimi trent’anni. «Il lavoro compara sullo sfondo i medesimi segmenti che hanno segnato l’attività di soccorso e di prima assistenza delle popolazioni colpite da quattro distinti e gravi disastri naturali», spiega il Direttore dell’Osservatorio e firma di Repubblica Antonello Caporale. «Sono stati enucleati – per quanto è stato possibile – dati riferiti a situazioni simili in contesti naturalmente diversi e in periodi differenti della nostra storia contemporanea. Punto di partenza il terremoto del 23 novembre 1980 nei territori della Campania e della Basilicata. Punto d’arrivo: il sisma che ha sconvolto L’Aquila. Circa trent’anni lo spazio temporale tra inizio e fine dello studio – prosegue – Tutto questo tempo a cosa è servito? Anzitutto a costruire una vasta e solida rete di Protezione civile. E questo è un primo fatto certo, incontrovertibile. Non esisteva allora e oggi invece sì». L’interesse della ricerca – a cura di Stefano Ventura – è stato però devoluto alla qualità – se crescente o meno – dell’aiuto statale, alla sua celerità, all’efficienza e quantità delle azioni messe in campo. Preso un periodo di tempo omogeneo, si è voluto capire cosa è stato fatto in Irpinia, quanto è stato realizzato e cosa invece (e quanto) in Umbria e nelle Marche, nel Molise e infine in Abruzzo. Sterilizzato ogni giudizio sul come, ci si è domandati quanto sia costata la macchina dei soccorsi in ciascuno dei disastri presi in esame, cosa abbia infine prodotto. Le tabelle illustrative offrono al lettore spunti di originale riflessione  che, si spera, diano inizio a un dibattito spogliato da ogni suggestione particolare.«Il racconto di Giuseppe Napoli che apre il rapporto narra, invece, questo nuovo mondo ricostruito – sottolinea Caporale – e le sue parole seguono un viaggio immortalato dalle telecamere di Luca Cococcetta ed Emanuele Pantano e che in questo volume ritroverete in dvd. Una settimana attraverso i punti cardinali del terremoto. I luoghi della distruzione e della ricostruzione. Il racconto di Napoli misura ciò che il tempo ha tolto al futuro della nostra terra, segnala i principi a cui abbiamo abdicato, il deficit di civiltà e di progresso». Alla responsabilità delle Istituzioni ritorna l’intervento di Michele Oricchio, il procuratore regionale della Corte dei Conti della Basilicata, che a suo modo descrive l’onore (e il disonore) delle classi dirigenti, di una democrazia senza popolo, gracile, affaticata. Oricchio, con la sua testimonianza, induce anche a ritenere che esistono menti e mani pulite e coraggiose, che esiste – malgrado tutto – un futuro aperto alla speranza, a chi ha voglia di fare, di impegnarsi e di dire. Un futuro si apre se c’è memoria del nostro passato. Per questo Manuela Cavalieri, a New York, ha voluto riordinare il filo e, come dicevamo all’inizio, riallinearlo. Ha bussato e trovato volti e pensieri di chi è sempre stato vicino alla sua terra, vicino al dolore, dentro al dolore. «La credibilità di una struttura di ricerca è tutta affidata alla veridicità dei dati esposti, all’attendibilità dei riscontri, alla compiutezza del lavoro svolto. Anche qui, anche sul tema del miglior modo possibile, deve aprirsi – specialmente al sud – un ulteriore spazio di discussione. L’Osservatorio è una articolazione della Fondazione Mida – conclude il giornalista di Repubblica – e trae vita da essa. Non un euro di finanziamento pubblico ma la capacità della Fondazione di generare, attraverso l’ottimale gestione di beni, sostegno ad attività eminentemente di studio come questa». «Il lavoro prodotto in pochi mesi dimostra come il Sud e il talento di chi lo ama possono prodursi in ricerche e proposte continue, sviluppate in uno spazio istituzionale come la Fondazione, che diventa work in progress e spazio di tutti», conclude il Presidente della Fondazione MIdA Francescantonio Dorilia.