Pace della libertà al Dalai Lama

  di Rita Occidente Lupo

  Quella buddista, filosofia religiosa che basa l’esistenza su punti chiave dell’esser in pace con se stessi e con gli altri. Di qui l’assegnazione al Dalai Lama, massima autorità religiosa, di un premio, a Cincinnati, nell’ Ohio, per la difesa della pace della libertà. La massima autorità religiosa, ancora in rotta col governo cinese: il suo vademecum, scandito in 18 punti, spicciola saggezza per il nostro tempo. Quella che circonda la religiosità orientale, aura mistico-ascetica, che tiene a distanza il coinvolgimento nella terrenità. Lì, nella culla himalayana, dove le donne tenute a bada, ostracizzate nell’accesso, sovrano il silenzio, per concentrare la mente sull’essenza dell’esistenza. E per vivere la rincarnazione, che il credo religioso abilita già da primi anni di vita a sperimentare. Purificare il proprio spirito, attraverso altre vite, imperativo categorico.  Il Dalai Lama, punta di diamante della cultura orientale, in chiave con i suoi insegnamenti, ha donato a un museo i 25.000 dollari attribuitigli dal riconoscimento del Premio. Per una nobile causa, che ancora una volta denuda sensibilità sociale: la lotta contro lo sfruttamento umano. Tale encomio, già in passato assegnato al leader religioso sudafricano Desmond Tutu. Di tale premio, il Dalai ne fa tesoro morale per continuare la sua parabola riflessiva, arroccato sulle visioni religiose, che l’interpretano, emanazione di Budda. La spina nel fianco, per il governo cinese, non cessa. Ancora una volta, dai monasteri tibetani, il pungolo ad una lotta politica, da condurre assecondando la non violenza.